Marina di Campo, Isola d'Elba, fine luglio dell'anno 1983.
Verso le ore 22 di quella caldissima nottata, mentre sul lungomare
prospiciente la spiaggia si sta svolgendo il solito, fittissimo
passeggio serale, compare all'improvviso un gruppo di circa una ventina
tra giovanotti e ragazze, vestiti in mondo decisamente pittoresco.
Chi indossa un rozzo pigiama a strisce; chi si è presentato con al piede
una palla con la catena (fatta con carta di giornale pressata); chi ha
addosso un asciugamano scuro che vorrebbe simboleggiare una toga da
avvocato; chi si è portato dietro un mitra giocattolo; e così via.
Il gruppo è preceduto da uno striscione fatto con un lenzuolo, recante la scritta:
SFIGHEIRA
Incuriositi da quella strana congrega, numerosi astanti si fermano
mentre costoro, tirato fuori da un Apino 50 un rozzo impianto di
amplificazione e alcuni megafoni, si sistemano sulla spiaggia non
lontano dal bar "Capriccio".
Nel 1983, come molti sanno, ancora non si parlava di rimozione delle
carceri di massima sicurezza dalle isole dell'Arcipelago Toscano; e
così, oltre al secolare carcere di Portolongone (o Porto Azzurro che dir
si voglia), a quello della Pianosa e a quello della Gorgona, esisteva
ancora la durissima galera che occupava oltre metà dell'isola di
Capraia. "Andare a Capraia" significava quindi, perlopiù, andare in
gattabuia per un periodo non breve.
Una volta sistemato il rozzo impianto e impugnati i megafoni, da un
qualcosa partirono delle note assai gettonate in quella lontana estate:
quelle di Vamos a la playa dei Righeira. Il motivo dell'estate.
Il tormentone di tutti i giorni. Chiunque, nell'estate del 1983, doveva
sorbirsi quella canzone minimo quindici volte al giorno.
Il bizzarro gruppo di giovani ne cantò, in coro, una versione leggermente modificata.
Tra gli spettatori sul lungomare, che nel frattempo si erano fatti
numerosi, le reazioni furono variopinte: chi si sganasciava dalle
risate, chi si toccava le parti basse per scaramanzia, chi diceva
"bisogna chiamare la polizia", chi approvava invece per l'intelligente provocazione.
La versione modificata è pervenuta ai posteri grazie ad una fortunosa
registrazione con un vecchio "Gelosino" portatile, un supporto
audiomagnetico che già allora era obsoleto. La riproduciamo qui per la
prima volta in rete:
Vamos a Capraya, oh oh oh oh oh.
Vamos a Capraya, oh oh oh oh oh.
Vamos a Capraya, oh oh oh oh oh.
Vamos a Capraya, oh.
Vamos a Capraya
y no tornamo en quà,
trent'agnos de galera
a spese dello Stà'.
Vamos a Capraya, oh oh oh oh oh.
Vamos a Capraya, oh oh oh oh oh.
Vamos a Capraya, oh oh oh oh oh.
Vamos a Capraya, oh.
Vamos a Capraya
a fà' gli ergastolà',
sul fojo ce sta escritto
"Fine pena jamàs"
Vamos a Capraya, oh oh oh oh oh.
Vamos a Capraya, oh oh oh oh oh.
Vamos a Capraya, oh oh oh oh oh.
Vamos a Capraya, oh.
Vamos a Capraya,
quizà se sortirà
de este lugar fetiente,
todos se evaderà.
Vamos a Capraya, oh oh oh oh oh.
Vamos a Capraya, oh oh oh oh oh.
Vamos a Capraya, oh oh oh oh oh.
Vamos a Capraya, oh.
Vamos a Capraya,
Pianosa y el Gorgòn,
y los màs fortunados
vanno a Portolongòn.
Vamos a Capraya, oh oh oh oh oh.
Vamos a Capraya, oh oh oh oh oh.
Vamos a Capraya, oh oh oh oh oh.
Vamos a Capraya, oh.
Alla fine dell'esibizione clandestina, il gruppo si disperse
rapidamente; due furono visti montare anche su una barca a remi che si
allontanò dalla riva.
Ancora, dopo quasi trent'anni, perdura il mistero di quella sera. Non si
è mai saputo chi fossero gli autori di quella beffa, né chi abbia
redatto il testo modificato della canzone. La patina del tempo ha
ricoperto tutto, ma è ora di consegnare ai posteri questo remoto
episodio. Il carcere della Capraia è stato chiuso già molti anni fa.