Mi chiedono alcuni, a
volte, come si possa esultare per la morte di qualcuno. Esultare, o
quantomeno essere contenti che qualcuno si sia levato definitivamente
fuori dai coglioni.
Ad esempio quel fascista
di merda dell'altro giorno. Mi chiedo che cosa abbia fatto, negli
ottantasei anni in cui è vissuto, a parte fare il fascista; e la
risposta è piuttosto facile. Niente. Mai un cazzo dalla mattina alla
sera. Fascista sì, e repubblichino, e "difesa della razza", e “ordinovista”, e "trame nere" e chissà
quant'altre stronzate che, come tutte le stronzate più ignobili,
vengono poi riclassificate come “onore” (e non soltanto dai suoi
amichetti, ma anche da una più che discreta schiera di cordogliatori
professionali); però, intanto, nei suoi ottantasei anni, di problemi
per campare non ce ne ha avuti di certo. Ci abbiamo pensato noi, a
camparlo; anche tu che mi leggi, cara mia, caro mio. Col suo
stipendio di “parlamentare” pagato da noialtri, perché in questo
paese dalla grande “Costituzione” che vieta la “ricostituzione
del dissiòlto (accento romagnolo d'obbligo)
Partito Fascista in ogni sua forma”, s'è perso il conto dei
repubblichini che son finiti in Parlamento, deputati e senatori.
Tutti col loro bravo magna magna, che si sente ancora il rumore delle
mascelle. Avranno mai lavorato, costoro, in vita loro? Certo, al pari
di quegli altri, senza dubbio; abbiamo foraggiato, e continuiamo a
foraggiare, tutti quanti. Compresi i fascisti schifosi che crepano in
tarda età, nel loro letto; del resto, di loro si era affrettato a
preoccuparsi il gran compagno Togliatti Palmiro, con una certa
amnistia.
Prende un grumo dentro,
con queste cose. Un grumo di rabbia e merda, nel vedere la chiesa
affollata da una mànica di merdosi con teste rasate e saluti romani,
mentre il genero del defunto fa il “sindaco di Roma” e
distribuisce posti in comune ai camerati e elargisce miliardi a
Casapound; e risuona sempre quella parola, “onore”. Un grumo di
schifo e orrore che va oltre ogni cosa. Un grumo nevano.
Carmine Cerbera, 48 anni,
insegnante precario di educazione artistica in un paese in cui ogni
forma di cultura è stata distrutta. La “Costituzione” dovrebbe
finalmente prenderne atto e, nelle sue “disposizioni transitorie”,
sancire che in Italia è vietata la ricostituzione sotto ogni sua
forma della cultura; non del fascismo, che invece è proliferato come
un'erba infestante. Carmine Cerbera si è ammazzato, non è morto nel
suo letto. Non ne poteva più di non riuscire a campare; avanti un
altro. Aveva constatato che seguire le proprie inclinazioni e le
proprie passioni conduce alla fame e al vivere una specie di
semivita. Costretto a arrangiarsi tra rifiuti e disillusioni; ma
“disillusione”, qui, non è un termine opportuno. Ritengo che
Carmine Cerbera, di “illusioni”, non ne avesse più da tempo; che
avesse oltrepassato anche la soglia della disillusione. Quando una
persona decide di interrompersi, senza ritorno, tutte le soglie sono
state oramai già varcate e non ne resta che una, quella finale.
Ho avuto voglia, io
sottoscritto, e per tutta la vita, a rifiutare a priori questa
soluzione; e continuo a rifiutarla categoricamente per me stesso,
preferendo continuare a battagliare come posso. Anche mettendo in
fila delle parole su una pagina vuota; anche esultando per la morte
di qualche pezzo di merda, senza ritegno e senza nessun ripensamento
“morale”. La “morale” ve la potete fottere tutti quanti su
per il culo. Alla vostra “morale” rispondono i Carmine Cerbera.
Per questo, oggi, non farò nessuna tirata sul suicidio, perché
capisco bene che cosa possa portare una persona a ammazzarsi quando
non vede più nessuna via d'uscita. Forse faremmo meglio a non usar
di troppa ironia scacciapensieri, e di certi umorismi del tipo
“invece d'ammazzarti, vai ad ammazzare qualcuno”.
Ora vi devo presentare
l'educazione artistica; quella cosa che, nella scuola, dovrebbe
preparare alla fruizione attiva e consapevole della bellezza che
altre epoche hanno profuso a piene mani in questo paese. La farò
presentare, l'educazione artistica, direttamente dalla moglie di
Carmine Cerbera, che lo ha trovato morto. Queste le sue parole:
"Mio marito era
figlio di un operaio edile e di una donna che si arrangiava lavando
le scale dei palazzi. Da piccolo passava vicino allo studio di un
pittore di Grumo. Il suo lavoro gli piaceva così tanto che scelse di
andare al liceo artistico Palizzi. I genitori si sono sacrificati ma
l'hanno lasciato libero". Alla parete, una grande tela
informale. I suoceri portano due opere che svelano un attento
disegnatore: una Madonna e un ritratto della moglie. Aveva fatto
diverse mostre, una anche alla Casina Pompeiana. Il diploma nel 1985,
e gli studi in Accademia conclusi nel '91. Ma il concorso a cattedre
non viene bandito fino al 2001.
"In quei
dieci anni fa il tagliatore e il confezionatore di abiti in una
fabbrica tessile prosegue Ernestina Abbiamo tentato anche
un passaggio a Torino. Ho lasciato marito e figlia per lavorare in
una fabbrica di plastica. A un certo punto Carmine mi ha raggiunto.
Con i turni che avevamo, non ci incontravamo mai. Così siamo
tornati, lui ha ripreso a fare l'operaio e io per quattro anni
parttime in un callcenter della Wind". Entrare nella scuola?
Impossibile: "Aveva titoli ma non punteggio. Ha tentato più
volte nelle scuole paritarie, ma non gli hanno aperto le porte.
Abbiamo fatto insieme il concorso nella polizia municipale, sono
entrata solo io, due anni dopo. Un suo amico che ha lasciato un
istituto privato per l'artigianato di Nola, lo ha spinto poi a
presentare la domanda. Lì ha accumulato punteggio e così ha potuto
ottenere qualche supplenza: 78 ore, mai un anno intero".
"Ha insegnato
allo scientifico di Frattamaggiore, a Sant'Antimo, anche all'Ipsia di
Scampia, dove i ragazzi si presentavano senza matite e carta da
disegno: glieli comprava sempre lui". Un allievo a cui dava
ripetizioni diceva: "Ma perché a scuola non abbiamo professori
bravi come lei?". Nel 2011 le ore di supplenza si riducono. "La
riforma degli indirizzi elimina l'educazione artistica da alcuni
istituti. Carmine diceva sempre: "la nostra materia dovrebbe
essere insegnata alle elementari, e la stanno facendo sparire".
Io ho letto queste
parole, stamani, e mi è preso un grumo addosso.
In questo grumo c'era di
tutto. C'era, sì, il fascista schiattato; ma c'erano tante altre
cose. C'era la ministra esperta in dichiarazioni e parolette in quel
suo inglese di merda. C'erano “riprese”, facce di economisti,
mattatori televisivi, giornalisti servi. C'erano gli italiani interi,
che sarebbero pronti a starsene belli acquattati per decenni sotto i
tecnocrati della Repubblica Pontificia. C'erano tutti coloro che non
vedono altra strada che il suicidio, ed ai quali non si può andare a
dire continuamente, e irrealisticamente, di “lottare, lottare e
lottare”. Chi invita alla “lotta”, del resto, non è buono che
a organizzare passeggiate in corteo per le città, con tanti bei
servizi d'ordine, tanta bella “legalità”, tanti begli
“isolamenti dei facinorosi” e, più che altro, tanta bellissima,
smisurata inutilità. In autunno, sempre. L'autunno ci deve avere
ancora quella suggestione del “caldo”, quando in una situazione
che sarebbe degna non di calore ma di esplosione, tutti se ne stanno
a passeggiare o a ammazzarsi; ed entrambe le cose nella massima
indifferenza.
Dev'essere questo, sì,
il grumo nevano. Come il paese in cui era nato e viveva Carmine
Cerbera. Altro non mi viene da dire, proprio. Del resto, quel che
dico è detto con la piena coscienza di non avere la benché minima
importanza. In una mattinata di vento novembrino che si porterà via,
tra breve, ogni cosa e ogni ricordo come si porta via la vita di un
uomo che voleva educare all'arte. Nessuno ne sentirà mai più
parlare, ed al massimo rientrerà in qualche conteggio, in qualche
statistica come quella delle donne ammazzate o dei morti in galera.
Chissà chi vincerà, in questo 2012; i precari suicidi, le donne
massacrate o i morti in cella? E pensare che, un tempo, si diceva:
Galere, disoccupazione e morti sul lavoro / Che cazzo ce ne frega,
a noi, di Aldo Moro?