Il titolo di questo post non è in francese né per snobismo, né per qualche altro frivolo motivo. Vuole riecheggiare precisamente il titolo di una raccolta di canzoni, Pour en finir avec le travail, pubblicata nel 1974 da Jacques le Glou. Alla raccolta collaborò Guy Debord con due canzoni; contiene anche La vie s'écoule, la vie s'enfuit, scritta da Raoul Vaneigem.
martedì 27 novembre 2012
Pour en finir avec les syndicats
Il titolo di questo post non è in francese né per snobismo, né per qualche altro frivolo motivo. Vuole riecheggiare precisamente il titolo di una raccolta di canzoni, Pour en finir avec le travail, pubblicata nel 1974 da Jacques le Glou. Alla raccolta collaborò Guy Debord con due canzoni; contiene anche La vie s'écoule, la vie s'enfuit, scritta da Raoul Vaneigem.
Voglio dirlo fin da subito: l'importanza odierna dei sindacati non è in discussione. Oggi, forse, sono importanti ancor più di prima, e per motivi ben precisi e funzionali. Se, diciamo fino agli anni '80, i sindacati sembravano perlomeno sostenere la classe lavoratrice nelle sue lotte (ma frenandone al contempo le spinte rivoluzionarie promuovendo il "dialogo" -antesignano della "concertazione"- e incanalando le battaglie nell'ambito del recupero contrattuale), adesso la funzione primaria dei sindacati (primaria e assolutamente non celata) è quella di sostenere il Capitale, di assicurarne la produttività e di gestire i movimenti dei lavoratori in modo del tutto subalterno alla relazione tra offerta e domanda del lavoro. Qualcuno si è spinto a definire i sindacati odierni come la polizia del Capitale; non la ritengo un'osservazione fuori luogo, un'osservazione che -tra le altre cose- mette perfettamente e brutalmente in luce da che cosa derivi realmente la loro indubbia importanza: quella di una "forza dell'ordine" che garantisca l'obbedienza al padrone con cui il sindacato condivide metodi e finalità.
La parola chiave è "contrattazione". Da qui, la necessità di eliminare una volta per tutte il termine "lotta" (coi suoi sinonimi) da ogni questione che riguardi l'attività sindacale. Si tratta di uno stato di cose accuratamente preparato nei decenni scorsi, in Italia come altrove; in questo, non ha alcun senso scagliarsi esclusivamente contro i "sindacati italiani" dato che si tratta di un'evoluzione a livello globale. In ogni paese, ad un certo punto, l'asservimento dei sindacati generali (di qualsiasi tendenza politica) al Capitale, talmente palese e alla luce del sole da far sorgere una nuova categoria politica di lavoratori (quella degli "operai di destra", che tante finte bocche spalancate ha provocato seppure fosse divenuta assolutamente attendibile e logica, specialmente con il pattume degli "immigrati rubalavoro" che tanto successo ha avuto), ha causato delle reazioni "resistenziali", come ad esempio qui da noi i Cobas. Niente che si spostasse, ovviamente, dalla questione puramente rivendicativa; casomai si insisteva (e si insiste) sui "metodi di lotta" e, già nella stessa denominazione, sulla "struttura di base" da contrapporre alle piramidi storicizzate dei sindacati generali. In pratica, le componenti sindacali "resistenziali" si sono limitate a proporre una "contrattazione avanzata", ma pur sempre la cara, vecchia contrattazione condita, ma non sempre, con "metodi" un po' meno servili nei confronti del padronato. Al corteo dei Cobas in occasione del consueto "sciopero generale" che di solito non è nemmeno caporalmaggiore, si sentono certamente slogan più "duri" che al corteo della ciggielle, ma non cambia molto la sostanza. Mi chiedo seriamente se, durante una riunione dei Cobas, sia mai stata pronunciata la parola "sabotaggio"; sono invece assolutamente certo che la parola "legalità" sia sulle bocche di tutti, a parte qualche blocco stradale o ferroviario che lascia il tempo che trova, fa bestemmiare gli automobilisti e i passeggeri, e comporta qualche denuncia qua e là.
Sarà mai venuta fuori la questione (tranne, forse, da qualche singola voce) di attaccare il Capitale nelle sue strutture e nelle sue realizzazioni per costringerlo coi fatti a cedere? Ne dubito fortemente. Oltre la "contrattazione avanzata" nessuno sembra più saper andare, per incapacità o per paura (o per tutte e due le cose). Ma, probabilmente, un motivo ancor più profondo per tutto questo è che un attacco fattivo al Capitale presupporrebbe, come prima condizione necessaria, di cessare di delegare la lotta a dei rappresentanti. In pratica, farla semplicemente finita coi sindacati come strutture di "rappresentanza", asservita totalmente o parzialmente che sia. Cessare di attenersi alla pura e semplice rivendicazione, e i diritti andarseli a prendere invece di contrattarli. Presupporrebbe, tutto questo, una conflittualità permanente e di classe, e la pratica dello scontro sociale. Ora, va da sé, nessuna organizzazione -neppure "di base"- accetterebbe tutto questo; vivacchia proponendo come "successo" qualche vertenziella risolta, ma il più delle volte venendo messa a tacere con relativa facilità.
E, intanto, noialtri si tira a campare con qualche raro divertimento, tipo il campionato di calcio, le primarie o il suicidio. Facendo ovviamente estrema attenzione a non farsi cacciar fuori dal giro: una volta completata la scuola, dove si rivendica il "diritto allo studio", si finisce dritti in fondo al pozzo. Un giorno pony express, un giorno autotrasportatore, un giorno babbonatale in un centro commerciale, un giorno praticante di studio, e poi addetta alle pulizie, lezioni private, disoccupazione, apprendista, cazzinculo e quant'altro. Sperare in nient'altro che in una paga qualunque e in qualunque modo, sperare di sopravvivere. E addio sogni, definitivamente e con la morte addosso. In quanto morti, siamo perfettamente propensi a delegare ogni cosa, dato che abbiamo sin dall'inizio delegato a qualcuno la nostra vita.