lunedì 18 febbraio 2013

Se manca l'infinito


C'è qualcosa che ci divide irrimediabilmente dai greci: l'infinito. Provate a immaginare di rinunciare a essere o non essere questo è il problema, a ...e il naufragar m'è dolce in questo mare o anche a un semplice non ci voglio andare; il nostro caro infinito, la libera scelta tra la personalità e l'impersonalità, la generalità concettuale dell'azione. I greci non hanno questa possibilità, perché la lingua greca moderna, semplicemente, non ha l'infinito. Non esiste il verbo "andare", ma il verbo "io vado" (πηγαίνω o πάω). Chi ha studiato un po' di greco classico al liceo si potrà forse stupire, pensando alla pletora di infiniti che esisteva allora: presente, futuro, aoristo e perfetto, il tutto per l'attivo, il medio e il passivo. Eppure, probabilmente fin dalla tarda antichità, l'infinito comincia a scomparire dal greco parlato; non se ne sa esattamente la causa, anche se si sospetta l'influenza di una qualche antica lingua parlata in loco che, pur scomparsa, avrebbe "segnato" l'idioma che la aveva del tutto sostituita (è quello che si chiama sostrato, o substrato). Piano piano, i testi nei quali si avverte la riproduzione del linguaggio popolare mostrano questa strana caratteristica: l'infinito non c'è più. Lascia soltanto una flebile traccia in una forma verbale del tutto priva di significato proprio che si usa, adesso, soltanto per formare i tempi composti (έχω γράψει "ho scritto", έχει δεθεί "è stato legato"; ma le forme non sono nemmeno participi e non hanno vita autonoma, sono complementi verbali). Con l'alto medioevo, il greco parlato non ha più traccia dell'infinito e niente, nemmeno l'introduzione della "lingua pura" ai tempi della guerra d'indipendenza del 1821 (che sarà lingua dello stato fino al termine della dittatura dei Colonnelli, nel 1974), servirà a riportarlo in vita. Anzi, neppure l'inventore e codificatore della καθαρεύουσα, il dottissimo Adamandios Koraìs, insiste più di tanto. Lascia la possibilità di usare gli antichi infiniti classici, ma lui stesso non li usa in quel che scrive. E così, nella Grecia dei Colonnelli, accanto al normale avviso Απαγορεύεται το κάπνισμα "è vietato il fumo", era possibile trovare dei "mostri" come Απαγορεύεται το καπνίζειν "è vietato fumare", con un infinito classico che doveva fare la stessa impressione che, da noi, avrebbe fatto  un avviso del genere scritto in latino su un treno o in ospedale.

Una cosa del genere, lo si capisce, è uno stacco. Ha precise e decisive influenze sul modo in cui viene strutturato il pensiero e, in generale, su come viene affrontata l'intera vita personale e collettiva (si dovrebbe un po' più spesso riflettere sul modo in cui la lingua che parliamo dalla nascita impronta e plasma la nostra vita). I greci parlano greco, e il greco è una lingua in cui l'impersonalità totale (assicurata dall'infinito verbale) è impossibile; tutto deve essere riportato ad una forma personale. Amleto non può dire "essere o non essere", ma ha tutta una scelta tra: "che io sia o che non sia", "che tu sia o non sia", "che egli sia o non sia", "che non siamo o non siamo", "che voi siate o non siate", "che essi siano o non siano". Inoltre, quel semplice "essere" è contrario a tutta questa concreta personalità; e così, la traduzione generale greca del dubbio amletico è: Να ζει κανείς, ή να μη ζει; vale a dire, "che viva qualcuno, o che non viva?"

Si resti negli empirei dell'arte, e andiamo a vedere l'Infinito di Leopardi ("leopardare", come disse Benigni una volta). Non ho sottomano una traduzione d'arte, che pure dovrà esistere; ma dovessi rendere in greco io l'ultimo verso, sia pure alla lettera, direi qualcosa come και μου 'ναι γλυκό να ναυαγώ σ' αυτήν την θάλασσα, cioè: "e mi è dolce che io naufraghi in questo mare". Devo specificare chi cavolo vuole naufragare, non c'è versi; oppure ricorrere al sostantivo concretaccio, και μου 'ναι γλυκό το ναυάγιο σ'αυτήν την θάλασσα, "e mi è dolce il naufragio in questo mare". Altre strade non ce ne sono.

Non è questione che riguarda soltanto la letteratura: riguarda ogni aspetto della vita. Il greco è la lingua del congiuntivo: il modo del pensiero indiretto, vale a dire dell'espressione costante della propria personalità (e responsabilità) è ovunque e lo si può persino "sostantivare" mettendogli davanti l'articolo neutro το. Frasi comunissime, di tutti i giorni, come "sparare una revolverata a un fascista mi piacerebbe molto" si possono rendere nel modo che segue: το να ρίξω μια πιστολιά σ' ένα φασίστα θα μου άρεσε πολύ ("il che io spari" a un fascista eccetera). Col giochino tutto ellenico degli "aspetti verbali" la cosa diventa interessante, perché in greco si deve distinguere tra "che io spari costantemente, di continuo" (να ρίχνω, congiuntivo presente) e "che io spari ora, in questo momento e basta" (να ρίξω, congiuntivo aoristo). Prima, ad esempio, ho presupposto di sparare solo una revolverata al fascista, ma se voglio sparargli tutta una serie di sventagliate di mitra per una ventina di minuti di fila devo cambiare aspetto verbale. La lingua greca distingue bene tra una singola pallottola e una buona disponibilità di munizioni, persino con le desinenze verbali.

"Perché non andare a distruggere la sede di Alba Dorata?"; una domanda che, parecchi, in Grecia sembrano porsi fattivamente. Γιατί να μην πάμε να καταστρέψουμε την έδρα της Χρυσής Αυγής; , cioè: "perché che non andiamo che noi distruggiamo la sede" eccetera? Πρέπει να πάμε! ("bisogna che noi andiamo!"). E così via. Il Mulino Bianco non avrebbe potuto, in Grecia, tirar fuori una linea di prodotti dolciari chiamata "Essere"; si sarebbe chiamata "Vita", "Esistenza", "Essenza" o come accidenti sarebbe loro parso, ma niente infiniti. E il buon Erich Fromm che tutti leggevamo avidamente da pischelli, non capendoci peraltro generalmente una sega? "Avere o essere"? No, Che abbiamo o che siamo. O che abbiate o che siate, dipende da come ci si pone, se pensiamo alla totalità o all'esclusione. "L'arte di amare" diventa "L'arte dell'amore", che in italiano potrebbe essere un po' ambiguo; ma non in greco. Il greco distingue precisamente tra l' "amore sentimentale" (o "spirituale": αγάπη) e l' "amore fisico" (έρωτας). Η τέχνη της αγάπης è l' "Arte di amare" di Fromm, Η τέχνη του έρωτα è l' Ars amandi di Ovidio.

Da qui il carattere particolare della lingua greca, e di chi la parla. Il greco è una lingua costantemente umana, rivolta sempre direttamente a qualcuno, e che non ama le astrattezze immotivate. Una delle cose più difficili, infatti, è vissuta all'interno della sua storia millenaria (sarebbe bene ricordare che la sua prima forma documentata, il miceneo, risale a circa quattromila anni fa): tradurre nella lingua moderna la filosofia e la letteratura classica, cosa che comunque è stata fatta, è un mezzo suicidio. La speculazione filosofica ha dovuto essere riportata al carattere totalmente diverso della lingua moderna; la quale, comunque, in non pochi casi si è arresa, rimettendo in uso -ma solo in questi casi particolari- antichi infiniti usati come sostantivi (tipo το εἰναι "l'essere, das Sein"). Ma questo può spiegare parecchie altre cose della storia della Grecia recente; ad esempio, i baldanzosi e disperati soldati italiani che andarono a pigliare una batosta nel '41 col loro Credere, obbedire, combattere espresso con un infinito perentorio in cui non credevano minimamente. Si scontrarono con chi, invece, strutturava il tutto come: Che crediamo, che obbediamo, che combattiamo (Να πιστεύουμε, να υπακούουμε, να παλεύουμε). E' un "noi" che si vede tuttora nelle piazze greche, e non nelle nostre.



Come un'aquila volava nella strada
lo ammiravano i vicini dalle finestre
con i suoi neri occhi abbassati
un valoroso mitragliava.

Nei suoi occhi una nuvola
nel suo cuore il ferro.
Scorse il sangue, coprì il sole
anche Caronte mitragliava.

Si chiudono gli occhi e i cuori
si chiudono le finestre
poi si avventa Caronte a cavallo
e quello sorrideva.

Chi scende oggi nell'Ade?
Di chi parla il vicinato di chi discute
Perché stanno in silenzio i monti e i campi?
Un valoroso mitragliava. 

Come un'aquila volava nella strada
lo ammiravano i vicini dalle finestre
con i suoi neri occhi abbassati
un valoroso mitragliava.
 
Notis Pergialis
Maria Dimitriadi
Mikis Theodorakis
(per Sotiris Petroulas)