La Rete Asociale di Riccardo Venturi. Il blog sotterraneo di uno che sta in un sottosuolo con un gatto. "Da cose a caso sparse la struttura bellissima del cosmo." (Eraclito)
Riceviamo e volentieri pubblichiamo. Dall' "Antologia di Rio Cucchiaio" di Edgardo Leo Maestri, grande e mysconosciuto poëta del XXI secolo, una poesia dedicata alla parabola di vita di un Ministro italiano. Sarebbe stata sicuramente messa in musica dal Genovese (non Vito Genovese, ndr).
UN MINISTRO (Angelino P. Alphano)
Dovevamo vederci di nascosto, senza
dare mai nell'occhio. Quanti rapiti
caffè alla buvette, quante stanzette
segrete a Palazzo Chigi! Eppure, mai,
mai per un momento venimmo meno.
Un amore puro come un cielo
di novembre all'ILVA di Taranto,
un sentimento nobile, armonioso,
disynteressato, ergonomico,
conforme ai parametri di Maastricht,
per il quale nel mio cuore sempre
ringraziai le forze dell'ordine.
Conducemmo le nostre carriere,
tu, Matteo, fino alle più elevate
cariche dello Stato, io costantemente
tuo fedele servitore nonostante
quel piccolo inciampo nel 2031,
quando mi toccò fare due anni di galera
per associazione di stampo petaloso;
e tu ti dichiarasti, per senso dello Stato,
a favore del luogo a procedere!
Ma non te ne volli; dopo quattro anni
mi rifacesti ministro di non so cosa,
a me bastava poter continuare a ringra-
ziare le forze dell'ordine.
In punto di morte, Matteo, sublimasti
il nostro amore che ci univa da decenni,
e nonostante l'articolo stralciato nel lontano
duemilasedici, mi facesti portare
in Nuova Zelanda e mi adottasti!
Dormo adesso sulla collina,
tuo amante, tuo figlio, tuo fedele
servitore al quattro per cento;
ne valse la pena.
Per il diciotto di marzo, dice, era già tutto pronto: l'aula magna al polo universitario di Firenze-Novoli, gli ospiti, i manifesti, gli organizzatori. Che, poi, sarebbero stati quelli di Azione Universitaria, ché quando leggi "Azione" sai già che c'è di mezzo qualcosa di destra. "Case chiuse: l'Italia verso l'Europa": insomma, la destra fiorentina vuole tornare a andare al casino, e vabbè, marchetta più, marchetta meno. Ospite d'onore: Rocco Siffredi. Che, devo dire, è una persona che ha sempre goduto (ehm) della mia massima considerazione, intelligente e ironico, professionista serio nel suo campo, e da quando gli hanno censurato la pubblicità delle patatine mi sono fatto un punto d'onore di comprare sempre quelle (le patatine Amica, che fra l'altro costano poco e sono buone).
Ora, però, sembra che il convegno sia saltato. I dirigenti universitari hanno ritenuto che la presenza di Rocco Siffredi, celebre pornoattore e pornoimprenditore, non fosse cònsona a quel luogo, tempio del sapere e della canoscenza. Insomma: bando al pornografo. Come si può vedere, al dibattito dovevano prendere parte Giovanni Donzelli (capogruppo Fratelli d'Italia-AN Regione Toscana), Claudio Borghi (Consigliere Lega Nord Regione Toscana), Andrea Quartini (la foto qui si interrompe) eccetera. Ci dovevano comunque essere anche un rappresentante del PD e uno del Movimento 5 stelle: insomma, una casa chiusa in piena regola. Quasi m'immaginavo il tariffario: 1/4 d'ora di Cinquestelle 10 euro, mezz'ora di PD e Donzelli 20 euro, 1 ora dibattito generale 40 euro, roba del genere, asciugamano e lavabo, massaggio incluso. Non se ne farà di nulla. Colpa di Rocco Siffredi.
Il quale, a pensarci parecchio bene, tra tutta quanta la congrega è certamente il meno pornografico di tutti. Lui, almeno, la pornografia la ha fatta con grande coscienziosità ed ottima qualità, a quanto mi dicono. La vera pornografia, quella di bassa lega, quella quotidiana, stava tutta in quegli altri; Rocco Siffredi avrebbe giganteggiato, probabilmente anche per intelligenza e cultura. Giovanni Donzelli? Ma per carità, non lo avrebbero preso nemmeno in uno di quegli orripilanti porno tedeschi degli anni '70. Il leghista? Buono al massimo per un porchereccio con Renzo Montagnani. Il Pentastellato lo si sarebbe potuto mettere in un softcore, magari mentre fa il voyeur per stare in mezzo alla gente e occuparsi dei problemi reali de' cittadini. Quanto al piddino, o piddina che sia, secondo me ormai si sono incamminati a gran passi verso l'asessualità. Cioè, vogliono far passare Renzi come sex symbol, mioddìo. E la famosa Boschi, poi, eccitante come una gita con la parrocchia alla pieve di Romena.
Quindi, giù, addio Rocco. Niente Fratelli d'Itàglia e niente case chiuse. Magari, chissà, ti saresti potuto confrontare col piddino (o piddina) sulle banche chiuse. O col leghista sulle frontiere chiuse. O col Donzelli sui centri sociali chiusi. O col Pentastellato sul Casaleggio chiuso. Sarà per un'altra volta, purtroppo ha vinto la pornografia.
Brescia. Gazebo leghista leggermente arrovesciato e anche un po' stiacciato.
Sulla piazza di una città la gente guardava con ammirazione un gazebo portato là con un camion o con un furgone. Degli individui vestiti di verde lo cominciarono a montare, non sembravano poi delle merde, però l'aspetto può ingannare. Attenti al leghista!
D'improvviso due di quelli si misero a volantinare, qualcuno aveva dei cartelli o con un megafono stava a berciare. Gridava: "L'Itaglia agli itagliani! Basta coi negri e con l'immigrazione! Sparare ai ladri con le proprie mani! Stop ai finocchi e no all'adozione!" Attenti al leghista!
D'improvviso però il gazebo che con gran cura avevan montato, cadde di schianto, non so perché, forse gli avevan le zampe segato. Tutta la gente che ci stava sotto col megafono e coi volantini, si ritrovò ad annaspare di botto, pensate un poco se c'era Salvini! Attenti al leghista!
Un leghista si mise a urlare: "E' un attentato jihadista! Lo avevo detto di vigilare, e che siamo i primi della lista." In quel momento egli fu centrato da uova marce e prodotti dell'orto, "Beh, meglio che essere mitragliato..." Il seguito prova che aveva torto. Attenti al leghista!
Tutta la gente corre in delirio nella piazza impomodorata, sembrava d'essere alla Cirio, sopra il gazebo qualcuno pisciava. Si senton sirene, qualcuno ha chiamato in gran fretta la Polizia, non era alla Diaz, va specificato e nemmeno in Messico in macelleria. Attenti al leghista!
"Bah", sogghignò felice il leghista, "In fondo, dàài, ce la siamo cavata..." Ma in quel momento, nascosto alla vista qualcuno lo centra con una patata. Sotto il gazebo, frattanto, è poltiglia di piscio, leghisti, cartaccia e babbei, uno ci aveva anche visto la figlia, era davvero un bel fàmili dèi! Attenti al leghista!
Quello di fuori lo han circondato una decina di africani, urla: "Voglio essere adottato! Però state fermi con le mani" La Polizia non sa più che fare in quella zuppa di volantini, il Commissario si mise a gridare: "Ci vuole la ruspa, chiamate Salvini!" Attenti al leghista!
L'altro berciava tutto pesto come fosse un animale : "No!!! Non potete farmi questo!!! Son per la famiglia tra-di-zio-na-le!" Gli rispose un ragazzo africano, molto tranquillo, con tono pacato, persino con accento bresciano : "O non volevi essere adottato..?" Attenti al leghista!
Infatti il tizio fu prelevato lasciando tutti con un palmo di naso, due giorni dopo fu portato dalla Malpensa nel Burkina Faso. Parla in inglese, si è molto calmato, ci ha due papà, dice "I feel so mild..." Vedete come si era sbagliato, Ora dice: "Evviva la step-child!..." Attenti al leghista!
(Ovviamente da cantarsi sull'aria del "Gorilla" di Brassens / De André)
Salve.
Mia madre faceva la lavandaia, ma non dovete pensare certo
all'iconografia delle belle ragazze che lavano i panni al fiume tutte
giulive e con gesti ariosi. Mia madre lavorava in una lavanderia
industriale per parecchie ore al giorno, ed è morta. Accidenti se lo
so, che è morta; innanzitutto perché era mia madre, e poi perché
l'ho seppellita io, di persona, con le mie mani. A dire il vero,
forse, qualcuno se la ricorderà questa storia, perché diversi anni
fa è stata raccontata, con un certo successo, da un mio amico che
allora aveva una trentina d'anni e faceva l'impiegato in ufficio
pubblico, non mi ricordo se le poste o le imposte dirette, insomma
qualcosa con “poste”. Lo dico subito: sono morto pure io e non ho
fatto una gran bella fine, anche se sicuramente un po' insolita.
Nemmeno al mio amico impiegato è andata granché bene; è andato a
finire in galera per un bel pezzo, per una cosa che ha combinato dopo
che sono morto; e siccome non gli bastava, ha pensato bene di
aggiungerci anche una bella partecipazione a una rivolta carceraria,
cose di quegli anni. Insomma, ora non chiedetemi per favore se sia o
meno ancora al gabbio; spero soltanto che almeno gli abbiano pagato i
diritti d'autore, visto che sulla sua storia uno ci ha fatto, pensate
un po', delle canzoni. Ma dico io. Che diavolo ci sarà stato da
cantarci sopra, sulla storia di quel povero bischero; eppure dico la
verità. Il bello è, appunto, che in una di queste canzoni ci sono
finito pure io. Una strofa intera. Lo avesse saputo mia madre, povera
donna, almeno ci si sarebbe fatta un sorriso mezzo inorgoglito; mio
figlio in una canzone, chissà come mi invidieranno la Carla del
terzo piano e la Marisa del quarto.
Ora,
però, 'sta storia, visto che sono morto e non ho proprio null'altro
da fare, ve la vorrei raccontare io com'è andata sul serio. Del
resto, oramai sono passati tanti di quegli anni che se ne può
parlare tranquillamente, non dico con distacco, no, ma ragionando in
modo pacato e pigliandola magari anche un po' sul ridere. L'unico
problema è che non so davvero da dove cominciare; se dalla storia
del mio amico impiegato, o dalla mia. Forse sarà meglio dalla mia,
d'accordo, tanto così per calare subito l'asso della mia strana
fine. Come qualcuno magari ricorderà, io sono morto arrugginito.
Proprio così. Ossidato, se si preferisce un termine un po' più
elegante. Non c'è stato nulla da fare e, già da morto, mi son
dovuto pure beccare le battute dei becchini che mi dicevano che avrei
dovuto portarmi dietro due chili di vernice al minio. Naturalmente,
essendo là stecchito e pronto per essere seppellito, non ho potuto
risponder loro “meglio morto che arancione”; e comunque, tutto
sommato, mi è andata pure bene perché le leggi di allora in materia
di smaltimento erano molto meno severe di ora, e che oggigiorno non
sarei stato seppellito in terra consacrata bensì in una discarica
abilitata allo stoccaggio e allo smaltimento dei rifiuti tossici.
Magari mi avrebbe beccato pure qualche Ecomafia, vattelappesca; e
comunque così è andata, bisogna anche perdonare qualche battutaccia
a quei pover'uomini che fanno quel lavoro di merda. Poi, del resto,
merda è ogni lavoro. Fare il becchino non è peggio che fare
l'impiegato o la lavandaia; mia madre e il mio amico ne sanno
qualcosa. Quanto a me, io facevo il fannullone, senza pretesa di
volere strafare. Dormivo al giorno quattordici ore, saranno stati
anche un po' cazzi miei, ci avevo sempre sonno.
Ora,
secondo la storia raccontata dal mio amico, e anche -ohimè- dalla
canzone, io stavo seppellendo mia madre in un cimitero di lavatrici.
Del tutto vero, ineccepibile; però, come dire, la storia è stata
buttata lì alla brutto dio, senza una minima spiegazione, come fossi
stato un matto da legare che piglia la salma della mamma e va a
buttarla in una discarica di elettrodomestici usati. Ennò perdio.
Sappiate che stavo adempiendo ad una precisa volontà di mia madre,
espressa poco prima che morisse. “Figlio mio”, mi aveva preso un
giorno da una parte, “devo parlarti”. Con il dovuto rispetto, la
avevo ascoltata seppure con una certa inquietudine.
“Vedi,
figliolo, sai che per tutta la vita ho lavorato in mezzo alle
lavatrici. Ma non come quella di casa; erano dei mostri con dei
cestelli enormi, in qualcuna ci sarebbe stata dentro una famiglia
intera a pranzo. Alla fine, voglio fartela breve, ho imparato a
capirle, le lavatrici. Il loro più minuto linguaggio, le sfumature
degli zììììììììììììììrl e dei guòòòòòòòòòsh,
degli spràààààààm e dei chluchlù-chluchlù. Alla fine ci
parlavo e mi rispondevano, erano le uniche cose con cui sfogarmi, e
anche io avevo imparato a fare zìììììììììììììrl e
chluchlù-chluchlù....mi prenderai per matta, lo so. Ma prova tu,
figliolo, a stare dieci ore al giorno dentro una lavanderia
industriale. (Io pensavo: mamma, ti ringrazio per tutto quel che hai
fatto per me, ma col cavolo). Insomma, figlio mio, ti chiedo di
rispettare le mie ultime volontà: quando morirò, mi devi seppellire
in un cimitero di lavatrici. E voglio tutto in regola: mi pigli, mi
avvolgi in un lenzuolo, cerchi il relitto di una -ségnatelo-
Washmonster Turbomatic 666 e mi ci infili dentro con tutto il
sudario, e non avere paura perché tanto c'entrerebbe dentro pure un
orso bruno. Giurami che lo farai, figlio mio.”
Che
cosa potevo fare? Sinceramente, pensai che a mia madre, sì, fosse
andato di balta il cervello. D'altronde, mi misi a riflettere
rapidamente, con quel poco che guadagnava stando alle sue lavatrici
mostruose aveva campato me, le mie mille favole di gloria e di
vendette, e pure quella sciagurata di mia moglie, che alla prima
occasione buona s'era messa a darla ddiqquà-e-ddillà. Oddio,
poveraccia, aveva anche fatto bene, non lo nego. Un certo qual senso
di autocritica l'ho sempre avuto, non crediate. Insomma, alla fine,
mi decisi: “Sì, mamma, rispetterò il tuo volere. Sarai seppellita
nella tua lavatrice preferita avvolta nel lenzuolo bianco ricamato
dalla zia Giuseppa.” Misi la mano sul cuore; vidi mia madre prima
sorridere commossa, e poi mi abbracciò; fu un momento che definire
toccante sarebbe un eufemismo. Com'è e come non è, la mia povera
mamma un brutto giorno passò a miglior vita; e dovetti agire con un
po' di circospezione, poiché ciò che mi accingevo a fare non era,
forse, pienamente legale. D'accordo che ci sono stati miliardari
texani che si sono fatti seppellire dentro una Lincoln Continental
del '61 o roba del genere, ma una lavatrice non sarebbe stata presa
molto bene dalle autorità.
Il
giorno fissato per l'operazione mi sentivo parecchio strano. Ci
avevo, porca eva, un prurito leggero su tutto il corpo, e non facevo
che grattarmi; eppure mi ero lavato a dovere, diamine, stavo per
infilare la mia povera mamma morta in una lavatrice gigante e mi
sembrava il minimo. Dopo averla infilata nel lenzuolone candido della
zia Giuseppa, con un po' di fatica e maledicendo il prurito, infilati
quel bizzarro bagaglio nel baule della mia Fiat 124 e andai alla
discarica prescelta, dov'ero certo di trovare quel che la mamma
desiderava. La trovai, infatti, facilmente la Washmonster eccetera;
uno spettacolo. Non avevo mai visto nulla del genere; più che una
lavatrice, sembrava un'astronave di quelle dei film tipo Ed Wood.
Mentre mi accingevo a infilare la mamma nel cestello, rispettando
così il suo ultimo desiderio, avvenne l'irreparabile e
l'inspiegabile. Sentii come una specie di zìììììììììììììììrl,
come se il mostro si fosse rimesso a funzionare; poi, dentro di me un
grììììììììììììnd; e, infine, ecco, beh, lo sapete. Mi
ritrovai completamente arrugginito. Non in senso figurato, sapete,
come quando si dice “mi sento un po' arrugginito” se non si
riesce a fare la corsetta per acchiappare l'autobus. E nemmeno come
quando si dice che l'inglese che si è imparato a scuola è
arrugginito. No, no. Proprio arrugginito, trasformato in una cosa
marrone e dall'odore metallico che comincia rapidamente a disfarsi.
Accorgendomene, feci appena in tempo a buttare la mamma dentro il
cestellone, che si richiuse con un bòng. Poi non mi ricordo più
niente. Mi sembrò quasi che la lavatrice partisse per davvero; ma, a
quel punto, ero già bell'e e che morto. Arrugginito, appunto.
Così
andò; e qui la famosa canzone del mio amico impiegato ricomincia
fortunatamente ad essere un pochino esatta. Vero è che parecchie
particelle di ruggine, dissolvendosi, partirono per l'aria, e fu una
sensazione non sgradevole, a dire il vero. L'aldilà? Lo avevo
sentito definire in mille modi, e scoprivo ora che era ossido di
ferro. Eh, vabbè, una cosa come un'altra, sarà mica peggio di Caron
Dimonio o di quell'anodina pallosità chiamata “paradiso”. E'
senz'altro vero che ne parlarono parecchi giornali, di questa cosa;
insomma, è comprensibile. Mica tutti i giorni succede che uno muoia
arrugginito, eh. Pensate un po' se allora ci fosse stata “La vita
in diretta” o roba del genere, anche se vedere la faccia di Alda
d'Eusanio di fronte alla mia salma ossidata sarebbe stato uno spasso.
Secondo me, ci butto, sarebbe prima o poi venuto anche Voyager con
tanto di Templari, Maya e Rennes-les-Châteaux. Però è
assolutamente falso che io sia scappato via prima di arrugginire:
avevo una promessa da mantenere alla mia povera mamma e non accetto
che la mia memoria si arrugginisca fino a tal punto. E poi, scappato
per cosa? Beh, il prurito gratta-gratta ce lo avevo, ma non pensavo
certo di arrugginire a morte. Nemmeno voi ve lo aspettereste mai; a
me è toccato. Assolutamente sacrosanto che mi sia fermato solo un
attimo per dire due paroline al Padreterno e ti pareva che non
volesse scassare la minchia persino a uno che aveva fatto
arrugginire? Però qui la canzone risente della castità del tempo;
altro che “fatti suoi” Gli urlai, al vecchio barbogio, proprio di
farzi i cazzi suoi, altro che “fatti”; però la canzone, credo,
l'avrebbero censurata all'istante. Infine, per concludere la mia vera
storia, è pur vero che dopo poco si mise a piovere, e che una certa
quantità della mia ruggine sia caduta addosso ai becchini insieme
all'acqua; forse anche per questo, poi, mi dicevano le battutacce sul
minio. La “gente che si lascia piovere addosso”, però, non l'ho
mai capita; forse sarà stata qualche immagine poetica, boh. A quanto
mi risulta, ci avevano tutti quanti l'ombrello, casomai ci sarà
stato qualche problema se aveva il puntale di metallo.
Però,
insomma, la cosa che proprio non mi riesce capire, è come io sia
andato a finire, sia pure arrugginito, dentro la storia del mio amico
impiegato (e dentro la relativa canzone, va da sé). Io, proprio, non
ci avevo nulla a che vedere. Oh, d'accordo, io sarò stato quel che
sarò stato, ma di qui a infilarmi in una storiaccia di bombaroli
solitari e di rivoluzioni francesi, ce ne corre. Io mi chiedo che
cosa gli sia passato per la testa, al mio amico; ci aveva un buon
impiego, contare i denti ai francobolli non sarà granché divertente
però è sempre meglio che spaccarsi la schiena in miniera o fare il
becchino. Diceva “grazie a Dio” e “buon Natale” con squisita
educazione, aveva una bella fidanzata che lavorava in un negozio di
fiori finti e lui, pàff, cosa ti fa? Si mette a ascoltare le
canzoncine del “maggio francese”, tutti quei casinisti che poi,
in gran parte, sono finiti a fare gli impiegati esattamente come lui,
passati i bollori giovanili. Per non dir di peggio, tipo a votare a
loro volta l'ordine, la sicurezza e la disciplina; oppure a servire e
leccare il padrone con lingue ben più grandi della lavatrice della
mia povera mamma. Nulla da fare. Si è messo a sognare, e che sogni!
Prima quello di mettere una bomba a un ballo mascherato, io dico, che
accidenti gli avranno fatto le mascherine? Poi di stare in tribunale
davanti a un giudice che gli dice di essere il “potere” e gli
chiede pure se vuole essere giudicato, assolto o condannato. Bella
fica, lui! E mica funziona così nei tribunali! Poi, infine, sogna di
ammazzare suo padre e di dare fuoco a ogni cosa, persino a un quadro
di Guttuso costato degli spaventomilioni. E ce lo avessi avuto io,
quel quadro! Avrei fatto seppellire la mamma in una lavatrice nuova
di pacca, e magari non sarei arrugginito; e invece no, lui sogna di
dargli fuoco. Lui, sempre nel sogno, “discute l'amore” con sua
moglie, e sai cosa c'è da discutere. E' andata a finire come doveva:
a un certo punto è capitato in casa un tipo parecchio strano, magro,
con dei capellacci arruffati e parecchio più attempato di lei. E lui
lì, a berciare dal Commissario mentre quello lì gli intortava la
moglie con discorsi sulla Wertkritik, che la sua povera moglie deve
aver preso per una collega della Wertmüller. No, vero; farsi fregare
la moglie perché l'altro ha più soldi, perché è parecchio più
bello, perché ci ha la spider mentre tu ci hai la seicento, per
qualche stracatacazzo di motivo; ma farsela fregare a base di Robert
Kurz e Anselm Jappe dev'essere stato parecchio duro e capisco un po'
perché, a un certo punto, al povero mio amico dev'essere saltata
qualche rotella nel capino. Il suo ultimo figlio? Lasciamo perdere,
l'ho conosciuto. Quello, a diciassett'anni, si faceva già delle pere
più grosse d'una conference, altro che “primo hashish”. E ci
credo, poi; col padre in galera e la madre scappata con un altro, che
ti vuoi aspettare. Insomma, si vede che il mio amico impiegato
proprio voleva finirci, in tribunale; ma non deve avere trovato il
giudice che aveva sognato. Ha preparato la sua bella bomba con tanto
di ragionamenti anche profondi e giusti, lo ammetto, però prima di
ragionare forse avrebbe dovuto imparare, che so, un po' di balistica,
o semplicemente avere un po' più di gnegnero. E così, invece del
Parlamento, ha fatto saltare in aria un'edicola, fortunatamente
vuota. Epperò, bel modo di finire in gattabuia, aver fatto esplodere
centoventi copie del Corriere della Sera, un pacco di Settimane
Enigmistiche e un quintale di fumetti porcherecci tipo Lando o Corna
Vissute, sapete, di quelli che i chioschi di giornali tengono sempre
sul retro per non farli vedere ai bambini e alle monache.
Ha
fatto un po' scena al processo, d'accordo. Sebbene fossi già
ampiamente morto e la mia ruggine oramai avesse cessato di fare
notizia (capirai, la storia ha retto due o tre giorni poi se ne sono
dimenticati tutti), mi ricordo dell'aria fiera e dignitosa che il mio
amico aveva al processo. Ciò, naturalmente, non è servito a non
fargli prendere vent'anni di galera. E nemmeno per un sacrosanto
motivo come quello di tale Michele Aiello, detto “Michè”, che
aveva ammazzato uno stronzo che voleva fregargli la fidanzata e che
poi s'era impiccato in cella. E così, mentre la sua fidanzata (o
moglie che sia) se la filava col tipo magro, che ci aveva già i
passaporti pronti, nonché una valigia piena di libri di Giorgio
Agamben, lui, eh, prendeva coscienza e partecipava alla rivolta
carceraria prendendo in ostaggio dei secondini, tra i quali Baffi di
Sego che era il primo e al quale infilarono persino un manico di
scopa nel culo. E vabbè. E che vi devo dire. Magari avranno fatto
pure bene, anche se sospetto che, nei lunghi anni di galera che sono
susseguiti, il mio disgraziato amico si sia prima o poi ritrovato a
contare i denti ai francobolli, dicendo “grazie a Dio” e “Buon
Natale” al direttore del carcere, e sperando in una liberazione per
buona condotta. Beh, non s'è ammazzato come quel Michele Aiello, e è
già qualcosa; nel frattempo le rivoluzioni, mi sembra, sono andate a
farsi fottere, parti des rouges, parti des gris, e mi piacerebbe
poter dire, arrivati quasi alla fine, che io -non so come e non so
perché- sono ancora vivo. Invece no, non lo posso dire. Io sono
morto. Arrugginito, oh yea.
Ripeto:
come io ci sia finito, in questa storia, non lo so proprio. Osservo;
però, evidentemente, le mie capacità sono parecchio limitate.
Faccio parte, lo confesso, di quella schiera di persone terra-terra,
anzi ruggine-ruggine, che non sono mai protagoniste di nulla. Forse,
chissà, il mio amico impiegato avrà voluto, col suo gesto, essere
protagonista di qualcosa almeno per un po'; e forse ha voluto
infilarmici dentro per farmi una specie di regalo. Forse starà per
arrugginire anche lui, e ci ritroveremo a fare un bel cocktail di
ossido, sai carini; o forse ancora, chissà, anche questo è un altro
dei suoi famosi sogni. Dove sono finito? Quando ho finito di
sfaldarmi accanto alla lavatrice dove avevo infilato la mamma,
purtroppo ho inquinato qualche ruscello diluendomi poi in un fiume
più grande. Qualche mia rugginosa particella dev'essere arrivata
pure in mare. Da me non cresceranno alberi né fiori; eppure
qualcosina di me deve ancora vagare, e chi lo sa. Un granello di
ruggine in lontanissime isole. Un altro granello a sbirciare le
bagnanti sulla Plage de la Corniche. Un altro ancora ad assistere al
delirio di Gauguin e Madeleine Bernard. Che sbadato, mi ero
dimenticato di presentarmi. Piacere, mi chiamo Berto, figlio della
lavandaia. E la lavatrice, dicono, gira, gira senza smettere mai.
Cioè, dico, no. Noialtri ci si
lamenta di Bagnasco che vuole il voto
segreto; e che ci si dovrebbe aspettare? Insomma, un cardinale di Santa
Romana Chiesa Cattòlica e Apostòlica ci deve avere una certa e tradizionale
propensione ai voti segreti, non
ultimo quello per eleggere il Sommo Pontefice in conclave. A proposito di
conclavi, lo sapevate che esiste pure il Conclavismo? Ora ne parlerò un
pochino, stamani mi è presa così.
Il Conclavismo, secondo autorevoli definizioni, sarebbe una corrente
dei Cattòlici tradizionalisti
derivata dal Sedevacantismo. Come indica tale nome stesso, i seguaci di tale
corrente sostengono che la gerarchia cattòlica sarebbe del tutto crollata in
seguito al Concilio Vaticano II; a partire dal Concilio e dal suo nuovo magistero, essi considerano vacante (cioè “vuoto”, nel senso
etimologico della parola che si è mantenuto nella lingua siciliana) il Soglio
di Pietro. Di conseguenza, i Sedevacantisti,
e con essi naturalmente anche i Conclavisti,
si riservano il diritto ed il dovere di eleggere il proprio Papa.
Il problema è che, di gruppi
Sedevacantisti e Conclavisti, non ce n’è uno solo; indi per cui, è bene sapere
che nell’anno del Signore 2016, anzi MMXVI, la Chiesa Cattolica presa nel suo
insieme ha sì un Sommo Pontefice universalmente riconosciuto (papa Francesco,
il papa più buono del 30% degli altri papi della stessa fascia) e, attualmente,
pure un Papa Emerito (papa Benedetto XVI), ma anche una quindicina di altri papi e/o antipapi. La precisazione è
necessaria. Alcuni si considerano “papi alternativi” (e sono quindi
assimilabili agli antipapi storici) e ritengono vacante la Santa Sede; altri,
invece, non la considerano affatto vacante, ma occupata da loro stessi. In tale
caso, sono papi a tutti gli effetti.
State
quindi per fare la conoscenza di papa
Pietro II, al secolo Chester Olszewski, eletto in conclave nel 1980 in
Pennsylvania; di un altro papa Pietro II,
vale a dire Aimé Baudet, che regna dal 1984 dal Belgio; il Belgio “butta bene”,
dato che nel 1985, a Bruxelles, è stato eletto papa Pierre Henri Bubois che, in
un grande sforzo di originalità, ha assunto il nome di Pietro II. Pure lui. Per cambiare un po’, eccovi papa Adriano VII, vale a dire il signor
Francis Konrad Schuckardt, eletto Sommo Pontefice nel 1984 a Coeur d’Alene,
nello stato dell’Idaho. Nel 1991 fu eletto papa, in Kenya, un signore dall’inquietante
nome di Timothy Blasio Ahitler; però non si sa esattamente quale nome Egli
abbia assunto.
La storia di papa
Lino II, al secolo Victor Von Pentz (nato nel 1953 in Sudafrica) merita di
essere raccontata un po’ più a fondo. Ha studiato negli Stati Uniti, al
seminario della Fraternità Sacerdotale San Pio X a Winona, in Minnesota. Dopo
alcune riunioni preparatorie tenute nello stato di Washington delegati di
svariati gruppi sedevacantisti di dodici paesi si riunirono in conclave ad Assisi il 25 giugno 1994. L'indomani Von Pentz
accettò e assunse il nome di “Lino II” solo all'undicesimo ballottaggio, dopo
che già dieci volte era stato eletto con ampio margine e aveva rifiutato; dopo
il conclave è stato incoronato con una tiara. Il 29 giugno i partecipanti al
conclave si spostarono a Roma per insediare Lino II nella basilica di S. Giovanni
in Laterano, ma trovarono ad aspettarli la Polizia italiana, che impedì loro di
entrare; al che i conclavisti, Sommo Pontefice compreso, si trovarono costretti
a spostarsi in un vicino ristorante. Lo stesso giorno della sua elezione Lino
II abolì il Novus Ordo Missae e gettò le basi per un nuovo collegio
cardinalizio in grado di eleggere il suo successore in caso di morte,
incapacità o abdicazione. Attualmente Papa Lino II vive nel Regno Unito.
Papa Lino II, al secolo Victor Von Pentz.
Nel 1995 è stato eletto papa in Francia il sig. Maurice
Achieri du Perreux; nel 1998 è toccato al sig. Julius Tischler in Germania.
Entrambi hanno assunto il nome di Pietro
II, portando così a cinque il numero dei Pietri Secondi attualmente in
Trono.
Maurice Achieri Du Perreux, uno dei papi Pietro II.
Fino al 2009 ha regnato anche il sig. Lucian Pulvermacher (di cui
esistono celeberrime foto vestito da papa nel giardino di casa), eletto negli
Stati Uniti nel 1998 col nome di Pio
XIII.
Papa Pio XIII, al secolo Lucian Pulvermacher, nel suo giardino di casa nel Montana.
Per ultimo, merita qualche parola il sig. William Kamm, australiano,
detto “Little Pebble” (“Sassolino”, “Ciottolo”). Costui sostiene che solamente
l’attuale Papa Emerito, Benedetto XVI, sarebbe illegittimo. Il vero erede di
Giovanni Paolo II sarebbe infatti lui. Però Little Pebble sostiene anche che
Giovanni Paolo II non è affatto morto (forse vive nel Borneo assieme a Adolf
Hitler e Elvis Presley), e che un giorno tornerà per indicarlo papa con il nome
di Pietro Romano II, ultimo dei Papi
secondo la famosa profezia di Malachia.
William Kamm detto "Little Pebble", papa Pietro Romano II in pectore
Come è possibile vedere, ce n’è per tutti i gusti. Ma non è
finita qui; è il momento, adesso, di parlare di una delle più importanti Chiese
Conclaviste: la Chiesa Cattòlica Apostòlica Palmariana.
La Chiesa Cattòlica Apostòlica Palmariana ha, naturalmente,
un proprio Sommo Pontefice. O meglio: si tratta tout court del Sommo Pontefice in assoluto, dato che i papi a
partire da Paolo VI sono falsi, scismatici, corrotti e illegali assieme a tutti
i Collegi Cardinalizi. Bagnasco, quindi, incassi e taccia; altro che “voto
segreto”, maledetto usurpatore. Legittimo
papa è invece, attualmente, Gregorio
XVIII (al secolo Sergio María Jesus Hernández, nato a Mula nella Regione
Autonoma di Murcia il 1° luglio 1959).
Palmar de Troya (Andalusia). La Grande Cattedrale Palmariana.
La Chiesa Cattòlica Apostòlica Palmariana ha origine dalle
apparizioni avvenute a Palmar de Troya (da cui il nome), in Andalusia, nel
marzo del 1968. Quattro giovani studentesse delle scuole medie (si noti che, in questo caso, non
si trattava delle consuete pastorelle o piccole lavandaje) sostennero di aver
visto la Madonna appoggiata ad un albero di pero in un terreno agricolo
chiamato La Alcaparrosa. In breve, molte altre persone si recarono al Sacro
Pero, sostenendo di averci visto la Madonna appoggiata; quasi subito iniziarono
i milagros. In pochi mesi si era già
formato il culto della Madonna di Palmar de Troya; tra gli ardenti fedeli, un
assicuratore di Siviglia, tale Clemente Domínguez, che gradualmente divenne il
vero fondatore della Chiesa Palmariana. L’arcivescovo di Siviglia, però, non
riconobbe le visioni dichiarando ufficialmente che esse erano del tutto
irrilevanti; il sig. Clemente Domínguez, a sua volta, gli ribatté che la Madonna –Ella
in persona- gli aveva dato le istruzioni per liberare la Chiesa Cattòlica, nell’ordine:
1) dall’eresia; 2) dal progressivismo; 3) dal comunismo.
Nel 1975, Domínguez fondò un nuovo ordine religioso, l’Ordine dei Carmelitani del Santo Volto,
che non venne riconosciuto dall’allora papa Paolo VI; nonostante ciò, Paolo VI
viene onorato dai Palmariani come ultimo
legittimo Sommo Pontefice (prima di quelli Palmariani, naturalmente) e come
papa-martire.
Si pose, ovviamente, il problema dei Vescovi. Nel 1976, un
sacerdote Palmariano, lo svizzero Maurice Revaz, persuase l’allora arcivescovo
vietnamita Ngo Dinh Tuc dell’autenticità delle visioni del Sacro Pero, e i due
divennero Vescovi della Chiesa Palmariana senza l’autorizzazione papale. L’arcivescovo
vietnamita nominò personalmente alcuni vescovi; tutti quanti furono
immediatamente scomunicati da Paolo
VI. Alla morte di quest’ultimo, nel 1978, Clemente Domínguez fece il grande
salto: si rifiutò di riconoscere oltre l’autorità della Chiesa Cattòlica
Apostòlica Romana e istituì una propria Santa
Sede a Siviglia, sostenendo di essere stato misticamente incoronato Pontefice
da Gesù Cristo in persona. Fu quindi
convocato un conclave (sempre a Siviglia) durante il quale il Sacro Collegio,
all’unanimità, lo elesse papa con il nome di Gregorio XVII. S.S. Gregorio XVII creò immediatamente il suo
Collegio Cardinalizio, e la vita della Chiesa Cattòlica Apostòlica Palmariana
ebbe ufficialmente inizio.
Papa Gregorio XVII El Muy Grande.
Tra i primi provvedimenti della Chiesa Palmariana, vi fu la
costruzione di una grande Cattedrale a Palmar de Troya, il villaggio dove si
erano avute le prime apparizioni della Madonna del Sacro Pero. Gregorio XVII
regnò fino alla sua morte, avvenuta il 22 marzo 2005; gli succedette papa Pietro II (toh!), al secolo Manuel
Alonso Corral, deceduto santamente il 15 luglio 2011. Dal 23 luglio 2011 regna
papa Gregorio XVIII, di cui abbiamo
già parlato. Un interessantissimo provvedimento di papa Gregorio XVIII è stata
l’abolizione della Pasqua come festa
mobile: per la Chiesa Palmariana, la Pasqua si festeggia alla data fissa del 27 marzo, data della prima apparizione
della Madonna alle quattro studentesse di Pilar de Troya. La Pasqua può quindi
cadere di lunedì, di mercoledì, in qualsiasi giorno della settimana.
La Chiesa Cattòlica Apostòlica Palmariana non riconosce alcun santo della precedente Chiesa
Cattolica. Il loro culto è stato ufficialmente abolito e proibito. Va da sé
che nessuna ulteriore canonizzazione e beatificazione proclamata dalla Chiesa
Cattòlica Apostòlica Romana fino al giorno d’oggi è stata riconosciuta (con una
sola eccezione, come vedremo meglio in seguito). Al posto dei vecchi Santi e
Sante, la Chiesa Palmariana ha proclamato i seguenti santi, autorizzandone e promuovendone il culto:
- San Francisco
Franco (il primo proclamato da papa Gregorio XVII);
- San Luis
Carrero Blanco (il quale, effettivamente, volò in cielo);
- San José
Antonio Primo de Rivera (fondatore della Falange Spagnola);
- San Josep
Maria Escrivà de Balaguer (il fondatore dell’Opus Dei, unico santo in
comune con la vecchia Chiesa);
- San Cristoforo
Colombo;
- Sant’ Adolfo,
al secolo Adolf Hitler, Martire e
Santo.
Cattedrale di Palmar de Troya: Effigie di San Francisco Franco.
Oltre a costoro, sono stati –ovviamente- elevati all’onore
degli Altari anche i due precedenti Papi, Santo
Padre Gregorio XVII El Muy Grande e San
Pietro II.
La Chiesa Cattòlica Apostòlica Palmariana ha proceduto
altresì alla Excommunicatio Perpetua
delle seguenti persone:
- Tutti i papi,
cardinali e vescovi a partire dalla morte di Paolo VI (6 agosto 1978)
[quindi, Bagnasco, stai zitto, scomunicato!];
- Tutti i superiori
degli ordini religiosi e monastici, con l’eccezione di San Josep Maria
Escrivà de Balaguer;
- Re Juan
Carlos I, Re Felipe VI e tutti i
membri della Famiglia Reale;
- Tutti i sacerdoti
operai;
- Tutti i socialisti,
comunisti e anarchici;
- Papa Giovanni
Paolo I, papa Giovanni Paolo II,
papa Benedetto XVI e papa Francesco;
- Tutti gli spettatori che hanno assistito al film
Jesus Christ Superstar.
Dopo questa breve disamina della
storia e dell’evoluzione della Chiesa Cattòlica Apostòlica Palmariana, direi
che tutti quanti, Fratelli e Sorelle in Chrysto, possiamo essere più sereni e
rivalutare persino la figura del cardinal Bagnasco, tornando a casa, dalle
nostre famiglie, intonando il Sacro Inno Step
Child in Time.
Non dimentichiamo, nei nostri
Cuori, una Preghiera a San Cristoforo Colombo e a San Carrero Blanco.
Amen.
AVVERTENZA
Non procedete oltre perché sennò sarete SCOMUNICATI.
Come sarà abbastanza facile intuire, questo post non l'ho scritto io. Lo ha scritto una vecchia amica, Silvia Torelli, sul suo blog di Cosine Preziose. Poiché ritengo appunto che si tratti proprio di una Cosina Preziosa, lo voglio "rimbalzare" un po' qua dentro. Il post originale è dello scorso 22 gennaio. Silvia fa l'ostetrica; attualmente si trova a vivere e lavorare in Sud Sudan.
Come mi hanno rivelato gli ultimi dosaggi ormonali che ho fatto, sono ancora lontana dalla menopausa. CHE PALLE! Ho
avuto il menarca a 10 anni (in quinta elementare) e quindi sono 40 anni
esatti che sono a lottare con coliche, mal di schiena, mal di testa,
abiti e lenzuola inzaccherate e momenti di panico quando non arrivavano. Però
sono nata in quella parte del mondo in cui esiste il Buscopan (l'ho
fatto rincarare), gli assorbenti con le ali, gli OB (quelli verdi,
giganti), ed
appartengo a quella generazione che se un giorno sta davvero male può
permettersi di stare a casa con la borsa dell'acqua calda e riscuote lo
stipendio lo stesso. Lussi incredibili. E soprattutto, sono nata in
quella parte di pianeta Terra ed in quell'epoca in cui le donne le
mestruazioni ce le hanno regolarmente, non sono solo un pallido ricordo
fra una gravidanza e l'altra. Previlegi immensi di cui mi ero resa poco conto, prima di toccarli con mano qui. Ho
preso la pillola (il Diane, una bomba) per quasi trent'anni....ed ora
eccomi qui ad aspettare di mandare tutto al diavolo ed entrare nella
vecchiaia. Che se rimango nella media delle donne italiane durera' una trentina abbondante di anni. E questo e' un privilegio immenso, perché da altre parti (per esempio qui) la vita media e' sui 40 anni. Questo articolo e' molto interessante: parla proprio di mestruazioni. Buona lettura.
Bonanno a tutt*! O come, bonanno il due di Febbraio, per la Candelora che dell'inverno semo fora (ma quandomai ci semo entrati, quest'anno...)? Il fatto è che sono buoni tutti a dare il bonanno il primo di gennaio; quest'anno io lo do a febbraio, e vorrei darvelo con una storia assai edificante. E' la storia, vecchia d'un secolo e passa, di un soldato che non parlava che la sua lingua.
Mellionnec, Bretagna (Dipartimento delle Côtes d'Armor), 5 agosto 1934.
Questa è la storia del soldato semplice Frañsez Laorañs, che
naturalmente non si poteva chiamare così, col suo nome e cognome. Si
doveva chiamare com'era stato registrato all'anagrafe del suo paese:
François-Marie Laurent. Era nato il 30 gennaio 1885 a Mellionnec
(Melioneg), piccolo comune del dipartimento bretone delle Côtes d'Armor
(allora Côtes du Nord), faceva il contadino, era sposato e aveva due
figli.
Il 1° agosto 1914, per decreto del Presidente della Repubblica Francese,
Raymond Poincaré, viene ordinata la mobilitazione generale delle armate
di terra e di mare: inizia la “Grande Guerra”. Il 3 agosto la Germania
dichiara guerra alla Francia; il 5 agosto il soldato François-Marie
Laurent, contadino, si presenta a Saint-Malo, al 247° Reggimento di
Fanteria cui era stato assegnato. L'11 agosto il soldato Laurent viene
trasferito in tradotta al fronte, a Attigny nelle Ardenne. Il soldato
Laurent combatte come suo dovere per la Francia.
Nella notte tra il 1° e il 2 ottobre 1914, mentre si trova in una
trincea in prima linea nel settore di Souain, nella Champagne, il
soldato Laurent viene leggermente ferito ad una mano per lo scoppio di
una granata tedesca. Si rivolge al suo caposettore, il tenente Briand,
che consiglia al soldato Laurent di andare a farsi curare all'ospedale
da campo. In seguito viene inviato all'Ospedale di Evacuazione n° 2 a
Châlons-sur-Marne.
All'Ospedale di Evacuazione n°2 viene preso in cura da un medico
militare, il dottor Buy. I medici militari hanno principalmente un
compito, richiesto dai comandi superiori: scovare i soldati che si
procurano ferite da soli per essere rimandati a casa. Non era certo il
caso del fedele soldato Laurent, che però ha un problema: è cittadino
francese e soldato francese, combatte per la Francia, ma non parla una
parola di francese. Parla solamente il bretone (*). Il dottor Buy non si
lascia sfuggire l'occasione e spedisce alle autorità, il 3 ottobre, un
rapporto in triplice copia nel quale si sospetta che il soldato Laurent
si sia ferito da solo, basando la sua presunzione sull' "orifizio di
entrata". Tanto basta.
Il rapporto medico del dott. Buy datato 3 ottobre 1914.
Il 18 ottobre 1914 si riunisce il Consiglio di Guerra del Quartier
Generale della IV Armata, deciso a dare un esempio. Vengono giudicati
per mutilazioni volontarie e diserzione i soldati Philibert Gaillard,
Adrien Mieulet, Pierre Lasserre, Pierre Clavière, Maurice Nicouleau,
Elie Marie Lescop e François-Marie Laurent.
Non era stata compiuta alcuna inchiesta volta ad accertare i fatti:
erano stati sufficienti i rapporti dei medici militari. Ai soldati viene
comunque data la possibilità di difendersi: cinque su sette lo fanno
con successo, dimostrando in francese l'equivoco sulla base di
testimonianze. I soldati Elie Marie Lescop e François-Marie Laurent sono
però tutti e due bretoni e non parlano che il bretone: vengono
condannati a morte per abbandono della postazione in presenza del
nemico.
Poiché per una sentenza del genere non è previsto appello, i soldati
Lescop e Laurent vengono passati per le armi la mattina dopo, 19 ottobre
1914. A casa in Bretagna, a Mellionnec, la giovane vedova resta a casa
con due figli; per l'infamante sorte del marito non le viene
riconosciuta alcuna pensione di guerra, e deve anche subire il disprezzo
da parte degli abitanti del paese.
Il caso del soldato Laurent, però, non è passato inosservato a qualcuno.
Il primo a farsi vivo, a guerra terminata, è proprio il caposettore di
Laurent, il tenente Briand. Il 4 gennaio 1920 spedisce una lettera nella
quale fa presente di non aver segnalato niente contro il soldato
Laurent, e di non essere nemmeno stato interpellato dal Consiglio di
Guerra. Il tenente Briand è costernato e si chiede: “Pourquoi a-t-il été
condamné?” Il tenente Briand fu informato della fucilazione del suo
soldato solo tre settimane dopo.
La lettera del ten. Briand del 4 gennaio 1920.
Cominciano a mobilitarsi alcuni giornali e qualche personalità; nel
frattempo, il soldato Laurent è diventato un po' il “simbolo” dei
giovani poilus condannati a morte “per dare l'esempio”: sono
letteralmente migliaia. Naturalmente, prima di diventare “simboli”
bisogna essere passati per le armi, sennò addio simbolicità. Resta però
la questione della pensione di guerra: la vedova di Laurent si decide a
chiedere la riabilitazione del marito solo il 4 novembre 1933. Sono
passati diciannove anni.
Il 9 dicembre 1933 si riunisce l'Alta Corte di Giustizia Militare, la
quale, esaminato il caso con la presenza di tutti i testimoni e di tutti
gli interessati tranne, naturalmente, il soldato fucilato
François-Marie Laurent, si pronuncia nel modo che segue: a) Ordina
l'annullamento del giudizio e la sconfessione del rapporto medico; b)
Dichiara Laurent François-Marie assolto (da morto) dall'accusa
intentatagli; c) Ordina la cancellazione dell'accusa e della condanna
dal suo certificato penale militare; d) Ordina la pubblicazione della
sentenza nella Gazzetta Ufficiale; e) Ordina la trascrizione della
sentenza nei registri del Consiglio di Guerra; f) Condanna lo Stato
Francese a risarcire debitamente la vedova e i figli del soldato
Laurent.
Il risarcimento viene stabilito in franchi 5000 (cinquemila) per la
vedova; in franchi 2500 (duemilacinquecento) per il figlio minore,
Armand Laurent, all'epoca ancora minorenne indi per cui la somma sarà
amministrata dalla madre in quanto legale tutrice esercente la patria
potestà; in franchi 2500 (duemilacinquecento) per la figlia maggiore,
Francine Laurent coniugata Le Gac. In totale, la vita e la morte del
soldato François-Marie Laurent verranno liquidate per franchi 10000
(diecimila).
Lo statino militare del soldato Laurent dopo la riabilitazione. Si notino le diciture: a) "Morto per la Francia" il 19 ottobre 1914; "Tipo di morte": Fucilato.
Nel frattempo, il Comune di Mellionnec, come tutti i comuni francesi, ha
fatto erigere il suo bravo Monumento ai Caduti (che in francese si
chiama, brutalmente, “Monumento ai Morti”). Il soldato François-Marie
Laurent, vergogna del paese, disertore e fucilato, non vi figura dal
1918 al 1934. La signora Laurent, esposta per vent'anni al disprezzo,
esige quindi che il monumento sia corretto con denuncia e sentenza
ufficiale. Il Comune di Mellionnec è quindi costretto a rimuovere
l'intero monumento, in quanto i nomi dei soldati Caduti Per La Patria
non sono apposti su una targa bensì direttamente sulla pietra. Ne viene
installato uno nuovo contenente anche il nome del soldato François-Marie
Laurent, nell'esatto ordine alfabetico ("Laurent F."); al comune costa
un occhio della testa. Si svolge anche una cerimonia, il 5 agosto 1934:
esattamente il ventesimo anniversario dal giorno in cui il soldato
Laurent si era presentato al suo Reggimento a Saint-Malo. Alla cerimonia
presenziano, assai ipocritamente, tutti gli abitanti del paese. Ci sono
anche il Prefetto e una Guardia d'Onore per rendere al soldato gli
onori militari. (**)
Mellionnec: Il Monumento ai Caduti (estate 2012)
In fondo al Monumento è apposta un aggiunta che ricorda Noël Le Gac,
morto in deportazione. Si trattava del padre di Louis Le Gac, il marito
della figlia di François-Marie Laurent.
Curiosamente, tra i giudici della Corte Speciale di Giustizia Militare
che ordinò la riabilitazione del soldato Laurent (presieduta da M.
Magnin, Consigliere in Corte d'Appello), figurava un altro consigliere
che rispondeva al nome di Dreyfus.
Il soldato François-Marie Laurent, fucilato perché parlava solo il
bretone, è sepolto nell'Ossario Monumentale “La Ferme de Navarin” a
Souain-Perthes-Lès Hurlus, a breve distanza da dove era stato passato
per le armi per dare l'esempio. E' sepolto assieme a una quindicina di
commilitoni di cui è noto il nome, e a 429 militi ignoti.
(*)Il bretone, come tutti sapranno, non è un "dialetto" francese; è una lingua vera e propria, lontana dal francese quanto l'italiano lo è dal norvegese. E' di origine celtica (autentica, non quella della vecchia Lega bossiana) ed è strettamente imparentata col gallese e con l'estinto cornico (parlato un tempo in Cornovaglia).
(** ) A tale cerimonia si riferisce la prima foto del post.
"Non ho potuto fare granché, a parte inculcargli qualche sano principio sulla pratica assidua dell'anarchia"." Armand Vandoosler "il Vecchio", per tramite di Fred Vargas.
"Quant'è vero che una discesa vista dal basso somiglia tanto a una salita." Dai "Pensieri di Pippo" .
"L'ottimista è colui che vede nella grandine una buona partenza per un mojito." Da un messaggio SMS del Pratile dell'anno CCXXIII.
"L'unica cosa più triste di un luna park vuoto sotto la pioggia è un luna park sotto la pioggia pieno di sbirri." Sandrone Dazieri.
"La vera pornografia è l'esercizio del potere."
Rocco Siffredi.
"Si resta affezionati alle proprie fantasticherie; diventano una parte di noi, sono nella memoria lunga. Ci son delle volte in cui, senza un motivo ed in un luogo qualsiasi, tornano alla mente. Ed allora si torna per un attimo ad aprire quella porta del faro di Palmaiola, chiusa da anni; si spolverano i mobili e le suppellettili, si verifica se le apparecchiature sono tutte in ordine, si aggiusta quella zampa di tavolino che cigolava e s'innaffiano i vasi di fiori che, chissà come, non appassiscono mai. Si dà un'ultima controllatina, si richiude la porta a tripla mandata e si torna alla legge di gravità. Ma tutto dev'essere pronto all'uso, sempre, in qualsiasi momento."
Risyart Vendtūr, enie syestā dănē săn gozăm mihkar, in tabāi mihkar ya săn brāmonāi mihkar; ya syestā dănē yasyi enhŭltig. Tāmā gozmăn, tāmā tabāin ya tāmā brāmonāin takveis mad, madne ya madsye udnŏmsyi pŏll. Ik rizkăv nyertenien va nyertăton.
Anvīssraz viyustāi mān perfīl pŏlen, kliki ap to perfīl in tŭlyan; emmeret nălebiez rhudăn in to, syestā gegrāb ik.
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