giovedì 5 luglio 2007

Libri


Ogni post, o repost, contenuto in questo blog contiene la data di redazione, o quantomeno il periodo. Per questo post è particolarmente importante: il 3 giugno 2002. Da due giorni avevo eseguito il trasloco, o forse meglio sarebbe dire la smassatura, dei miei libri da Livorno. Un furgone noleggiato, un grosso "Daily" dove alla fine non sarebbe entrato più nemmeno un capello. Erano appena iniziati cinque anni che mi avrebbero portato molto lontano. Tra quei libri, molti hanno preso altre strade; altrettanti sono ancora qui con me, a seguirmi, a condividere. Il post era stato scritto per il newsgroup di Guccini. Sullo stesso thread, Franco Senia scrisse un'altra cosa che ritengo del tutto inscindibile. E' riportata in un commento.

Portati via a forza di braccia giù per le scale di quella che, per anni, è stata casa mia. Ammassati alla rinfusa dentro a un furgone preso a noleggio. Portati in giro per strade ed autostrade, e ad ogni curva un crollo. Copertine che son saltate, pagine strappate, strane commistioni venutesi a creare (le poesie di Mario Luzi incastrate dentro una grammatica birmana, le Sette principesse di Nezamî avvinte in un appassionato amplesso con un dizionario bulgaro e una copia di PK New Adventures). Infine, scaricati in un sottoscala condominiale davanti agli inquilini esterrefatti. Son venuti fin dall'ultimo piano a vederli, ci fanno le gite in ascensore. E, piano piano, me li sto portando tutti in casa. Disponendoli su scaffali veri e improvvisati. Sono più di seimila.

Libri. Sono libri. E ognuno di essi, via via che li tolgo dal mucchio immane, dalla babele borgesiana in cui il caso e l'ordine sono inestricabilmente avviluppati, mi racconta una storia. Pagina dopo pagina, tutta la mia vita, tutti i miei disordini, tutte le solitudini che hanno viaggiato insieme a me. Perché io non mi sposto senza i miei libri. Mi seguono e mi seguiranno ovunque, e alla fine andranno da qualche parte dove siano a disposizione di tutti. Eccoli là, sempre più polverosi, sempre piu' squinternati, scalcinati, scarabocchiati, laceri, macchiati; io odio chi dice che il libro va "rispettato". Va rispettato quel che c'è scritto dentro. Piglierei a calci i bibliofili, Franco Maria Ricci, e tutti coloro che considerano il libro un bel soprammobile. Le strenne natalizie delle banche. I libri cosiddetti "d'arte" che nessuno apre, ma che fanno tanto figo nel salotto buono. Vade retro. Ce ne ho pure, di questi bei volumi, ma sono scarabocchiati, spaginati e usati come tutti gli altri.

Eppure li sistemo con un ordine maniacale; e diversi si sono addannati a farci psicologia addosso. Togliete pure un opuscolo di poche pagine, e me ne accorgo. Una volta disposti, non permetto a nessuno di toccarli, e so bene che è una delle mie cose piu' antipatiche. Ok, ok, sono un ultras del libro. Li presto solo a poche persone fidate, che so che li tratteranno malissimo ma li leggeranno. Quando torneranno da me, so che ci sarà dentro anche un po' di vita altrui. Se qualcuno ci ha infilato un foglio dentro, un fiore secco, qualsiasi cosa, non la tolgo; in una vecchia grammatica araba trovai dei tovagliolini di un caffè del Cairo con alcuni appunti incomprensibili, che sono ancora lì e vi resteranno. Chi li avrà scritti? Perché li avrà messi lì dentro? Ma c'è tutto il mondo, perché i miei libri hanno davvero fatto il giro del mondo prima di arrivar da me; ed io l'ho fatto assieme a loro.

Ma che vi starò a raccontare, sudato come una merda, che ci avrei bisogno di una doccia più d'un lingotto d'oro e invece sto qui a scrivere su questo newsgroup già in vacanza? Non lo so. Stavo nel sottoscala a smassare, dividere e portar su libri, libri e libri. Poi a ordinarli stanza per stanza, scaffale per scaffale, uno per uno. Mi pigliavano strane rabbie, bizzarri slanci, e un pozzo di ricordi senza fondo. "Ti amo, Riccardo, 4 gennaio 1980. G." Sta sul frontespizio della Grammatica della lingua serbocroata di Giovanni Androvic', edizioni Cisalpino-Goliardica, reprint degli antichi Manuali Hoepli. E mi ricordo come fosse ieri di quando quel libro mi fu messo in mano, di quando lo scartai dal pacchettino, degli occhi che mi brillavano.

E su per le scale inveivo dentro di me contro quell'imbecille snob d'investigatore barcellonese che brucia i libri, che ci accende il fuoco. Ma datti fuoco tu, cretino d'un Carvalho. Uccidevo con la mente chi si sciacqua la bocca con la "vita vera", quella che "non si impara sui libri"; strangolavo Ubertino da Casale che urla a Adso da Melk: "Butta via tutti i libri!", e con lui tutti i predicatori di falsa esperienza, chi vuole "tornare alla semplicita' ", chi vorrebbe far disprezzare la cultura perche' "isola dal mondo reale" e compagnia bella. Garrotavo con il pensiero chi ha fatto le battutine sul "peso della cultura" mentre mi ha visto sudare sette camicie per scale di mille case diverse, a portar su e giù libri, libri, libri. Ricordavo con affetto Fiorenzo, un mio vecchio padrone di casa, che uno scaffale intero di libri, che adorava, me lo buttò giù dalla finestra del primo piano; e ancora ne portano i segni, i segni di un periodo della mia vita, i segni di una follia, di notti in bianco, di lacrime e di risate che non finivano mai.

E io porto i segni di quei libri. Di tutti quanti. Come loro portano il mio. Di quel che ho fatto di bene e di quel che ho fatto di male. Di tutte le persone che ho incontrato, di quelle che mi hanno amato, di quelle che mi hanno odiato. Di sogni, speranze e ipocrisie. Ci ho volato e ci volerò assieme, nei mondi della fantasia, della scienza, della pazzia e del sangue.



3 commenti:

Riccardo Venturi ha detto...

Questa, riccardo, è una "vecchia cosa" che avevo scritto tempo fa. Ma anche i libri sono una "vecchia cosa", e il tuo post me l'ha ricordata. E mi sono detto che, forse, è possibile scrivere una
risposta assai ben prima delle "domande". Anche se non sono proprio seimila. :-)))

*

Che brutti scherzi gioca la memoria!
Che brutto scherzo è la memoria!

Somiglia sempre più agli scaffali della mia libreria, ingombra di volumi, dove i vecchi tomi ormai detengono un posto inamovibile, e i nuovi fanno sempre più fatica a conquistarsene uno, anche precario. Si accampano, più timidamente, su un tavolino, su un comodino, e lì
vivacchiano, aspettano educatamente una sistemazione migliore.

Somiglia a quella libreria, soprattutto quando cerchi un libro,
un ricordo di cui hai disperatamente bisogno, in un dato momento; e non riesci a trovarlo, a metterlo a fuoco.
Ti manca, nella mente, la posizione a cui poterlo riferire, il nome cui collegarlo, l'immagine; uno, qualcuno o tutti questi dati.

Poi, a volte, come un lampo, ecco davanti agli occhi quello che cerchi. Parole, facce, nomi, profumi, musica.
Si intrecciano, in maniera ineludibile. Si richiamano
l'un l'altro. Ciascun ricordo ha senso solo all'interno della sequenza. Ciascun libro ha senso solo all'interno del suo scaffale. Ciascuno scaffale all'interno della
libreria.

Le immagini sono inscindibili dalla colonna sonora.
Un pò come Giù la testa e il motivetto "scion scion"!

A quale rinunciare? Quale ricordo estirpare? Quale libro rimuovere dallo scaffale? Quale faccia cancellare?
Quale nome dimenticare? Quale sequenza sovrascrivere?
Quale canzone smettere di cantare? A quale sogno rinunciare?

E perchè?

Forse perchè la memoria ha una dimensione data, finita.
Che oltrepassata, comincia a traboccare, a scorrere via.
Oppure perchè è un fardello troppo pesante da portare.
Sempre più pesante, via via che si fissa nella distanza.
Un interlocutrice che ti soppesa con occhio impietoso, talora arrossato da tracce di rimprovero.
Timorosa di essere diventata uno specchio in cui potresti non riconoscerti più.

Gelosa. Possessiva. Mal si sopporta, col passar del tempo,
una così! Pretende di conoscere e vagliare le tue nuove amicizie. Mette bocca in ogni cosa.
Invadente. Giovane. Di quella gioventù un pò arrogante.
Consapevole della propria bellezza. Troppo consapevole!

Una così è capace di farti fare qualsiasi cosa!
Lasciandoti poco tempo a disposizione per pensare se
ne valesse la pena.

Ma quando sei stanco, deluso, a pezzi, chi altri ti può consolare? Chi meglio di lei conosce quel che sei, quel che sei stato, quel che senti, quel che vuoi?

Ti sa sussurrare le parole che ti servivano, ti guarda con gli occhi del colore giusto, ti chiama con il tuo nome, sa anche cullarti con le strofe di quella vecchia canzone che temevi di aver dimenticato.

E allora ti soffermi a contemplarla, mentre le tue rughe
si distendono, senza scomparire; ti suggerisci che sì, ne è valsa la pena, metti quel vecchio disco di vinile sul piatto, accendi una sigaretta, ti versi da bere e ti godi il tuo proprio sorriso.

Franco Senia
3.6.02

BlackBlog francosenia ha detto...

Grazie.
Solo questo. :-)

Riccardo Venturi ha detto...

Grazie a te, Franco, per aver scritto quella cosa, su quel thread.
Solo questo! :-)