lunedì 11 ottobre 2010

Oh, finalmente siamo in guerra!


Alla fine, sacramentiddìo, si sono dovuti arrendere. Lo hanno dovuto dire, che siamo in guerra. Che ci eravamo lo sapevano anche i bambini; la famosa Italia che ripudia la guerra eccetera. Cambiare la Costituzione? Non serve. A volte mi viene da pensare che la Costituzione sia quella cosa che è nata già cambiata; dice che l'Italia è una repubblica fondata sul lavoro, ad esempio. Ma non ci faccia ridere amaro, sora Costituziò', ché già ci girano più che abbondantemente le scatole. L'Italia è una repubblica fondata sulle impalcature, casomai. Poi dice che non si può ricostituire il partito fascista e che promuove la ricerca, le lettere e le arti. Allo stesso preciso modo ripudia la guerra: la ripudia andando a farla. Però bisogna pur metterci una pezza: così sono nate le famose missioni di pace. Cosa sintetizzata del resto perfettamente e facebucchianamente da uno degli ultimi militari morti in Afghanistan: si vis pacem, para bellum. Non per niente, questa classica espressione ha dato nome a un tipo di pistola.

Beh, a questi ultimi quattro soldati andati a morire ripudiando a gogò, almeno un grosso merito deve essere attribuito. Hanno eliminato, finalmente, le missioni di pace. Ce ne sono voluti trentaquattro affinché l'Italia, enfin, fosse dichiarata ufficialmente in guerra. Addirittura con le bombe sugli aerei, dato che i bombardamenti aerei li abbiamo inventati proprio noialtri (1911, guerra di Libia). Siamo fatti così: il nostro genio italico ci fa inventare le cose, ma poi restiamo regolarmente indietro anni luce. È ora di metterci al passo e di farla sul serio, la guerra che "ripudiamo". Dai, su. E che cavolo. Quegli altri sterminano i banchetti di nozze, e noi non sterminiamo nemmeno una spaghettata fra tre amici a Kandahar. Nemmeno un effettuccio collaterale che sia uno. Con le bombe sugli aerei potremo finalmente uniformarci al resto del mondo civile, e potremo anche noi esportare la democrazia.

Guidati dalla mano ferma del nostro indomabile condottiero Ignazio, e infine liberi da ogni maschera, potremo dedicarci alla nostra missione storica: quella di mostrare al mondo che siamo brava gente. Solo leggermente in sottordine, anche ad un'altra missione che ci compete: quella di costruire strade e ponti. Dovremmo, in questo, un po' riprenderci: se un tempo stradavamo e pontavamo tutti i paesi in cui ci installavamo come colonizzatori, ora non ci riesce più nemmeno fare la terza corsia fra Barberino e Incisa. Sono sette anni e mezzo che ci stanno lavorando, per ampliare 69 km di fottutissima autostrada; e sarebbe il caso che La Russa minacciasse pure le ditte appaltatrici con qualche bel bombardamento. Non morirebbero più operai di quelli che muoiono quotidianamente; del resto la chiamano una guerra, quella delle "morti bianche". A nessuno è mai venuto in mente di chiamarla, quella guerra là, una missione di pace.