venerdì 24 giugno 2011

Néstor sulla luna


Avevo detto, solo ieri, di essere "arrivato per una volta tanto nel posto giusto al momento giusto". Invece no. Non lo sapevo, ma ero arrivato un po' dopo il momento giusto; magari soltanto due minuti, ma troppo tardi.

Non lo potevo sapere che, quando l'ho prelevato, terrorizzato, da quella maledetta strada, una macchina o un motorino lo aveva già preso; e che, lenta lenta, inesorabile, si era già cominciata a formare l'emorragia interna. Per due giorni io e la mia vicina gli si è dato da mangiare con una siringa carica di mousse, ogni due ore. Dopo i primi momenti in casa, dopo la ciotola di latte, si è come fermato. Non si reggeva in piedi. Altro che vermi, cui si dava la colpa. Altro che virus, come diceva il veterinario in un primo tempo. La verità era molto più semplice: Néstor Lunar aveva la vescica piena di sangue. Stamattina non si muoveva nemmeno; se ne stava sul divano a dormire quieto, miagolando ogni tanto. Alle tre di questo pomeriggio è morto. E' rimasto con me due giorni. Non sono arrivato in tempo. Doveva essere successo da pochissimo, perché il primo veterinario da cui l'avevo portato immediatamente non si era accorto di niente alla palpazione. E così, Néstor Lunar ci ha messo lo spazio di un soffio ad andare sulla Luna.

Sto scrivendo questo post piangendo. Non di quelle lacrime finte da blog, quelle fatte per captare qualcuno o qualcosa. Non me ne importa un cazzo di captare alcunché. Se poi ci sarà qualcuno che, come accade spesso, pensa che sia poco conveniente piangere per un gattino nero quando muoiono così tanti cristiani, rispondo che il mio mestiere è quello di andare a raccattare gente che soffre, o che è stata magari schiacciata da una macchina che ha proseguito per la sua strada. Di questa gente ne ho vista quanta pochi di voi potrebbero seppur lontanamente immaginare, e non l'ho dimenticata. Non si dimentica un pensionato in bicicletta coperto da un lenzuolo su un cavalcavia, con una povera borsa della spesa spiaccicata accanto. E non si dimentica un gattino nero che per due giorni o centomila anni ti è stato sul divano, un pezzettino di pelo di due etti addosso a un energumeno di un metro e novanta. E non ci vedeva nessuno. Io e lui. E basta.

Lo siamo andati a prendere alla clinica dov'era morto mentre stavano cercando di fermargli l'emorragia. Niente da fare. Solo ieri sera miagolava al telefono con due persone che non avevo mai sentito prima; Freude war dort. Due persone che mi preme ringraziare, e loro sanno perché. Lo avevano messo in un sacco nero; ce lo siamo preso, e portato a casa di un altro amico, che abita in un posto incredibilmente bello sulle colline di Vincigliata. Riposa, Néstor Lunar el Mierdita y el Grif, nel filare di una vigna, assieme a un vecchio cane di nome Jago. Sotto c'è prima un uliveto, e poi un piccolo lago. E un grande, infinito cielo.

Tanti anni fa scrivevo poesie, peraltro molto brutte. Abitavo a Livorno e una mattina, sugli Scali della Dogana d'Acqua, vidi un gatto schiacciato da una macchina. Scrissi una cosa, dove dicevo che quando muore un gatto muore un pezzo d'armonia del mondo. Ma non gli ho detto questo al piccolo Néstor Lunar quando gli ho sparso la terra sopra, assieme ai due amici, e mentre gli mettevo sopra dei fiorellini di campo, gialli. Gli ho cantato una canzone, dal primo verso all'ultimo. Dice così:

No, non piangere
Lui vagava tranquillo
senza collare,
era libero di andare
e di tornare per la pappa
non era neanche prigioniero
del tuo amore insensato

E comunque neanche tu
avresti voluto che vivesse
come uno stronzo sul divano
lontano dalle piccionaie,
era un avventuriero,
non avresti voluto vederlo legato,
ti avrebbe miagolato: "Morte agli sbirri!"

Il micio è morto,
è cascato dal tetto
è andata così.
È scivolato su chissà cosa
e patatrac,
lo seppelliamo domani, ti giuro,
in una bella scatola da scarpe

Il micio è morto,
ed io e te si va così cosà,
per quale motivo? Perché
ogni volta va così,
perché son sempre i mici
e mai gli uomini a cascare dai tetti?

Era davvero un sacco di pulci,
ancora più libero d'un cane,
non di quei tipi che per una chicca
ti leccano la mano,
ma la libertà, lo vedi,
non è senza pericoli, ed è per questo
che non corre né per le strade, né sui tetti

Era un vero scugnizzo,
il terrore degli uccellini
la notte si appostava
per papparseli belli caldi,
insomma faceva un po' schifo
ma tu hai mai mangiato un passerotto?
Non fa più schifo di un BigMac...

Il micio è morto,
è cascato dal tetto
è andata così.
È scivolato su chissà cosa
e patatrac,
s'andrà domani in un giardino
a seppellirlo ai piedi d'un albero

Il micio è morto
ed io e te si va
così cosà
E come mai? Perché ci si domanda proprio perché
non ci sta mai un papa sui tetti
può darsi che non gli garbi essere troppo vicino al cielo.



Ciao piccolino, e grazie. Ti verrò a trovare e ti racconterò cose strane. E se ripasso da quella strada maledetta, stai pur sicuro che qualche altra volta riblocco il traffico. Anche così per fare. Anche per dispetto.