L'ha scritta il Sassicaia Molotov sul suo blog, e naturalmente invito tutt* a leggerla con l'attenzione che merita. Invito a farlo anche perché detesto fare riassunti, fin da quando ero alle elementari. Non mi piace riassumere e condensare, perché ritengo che le cose scritte da altri debbano essere lette nella loro integralità, parola per parola, senza nessun filtro sia pur (relativamente) fedele.
Quello che ha scritto Sassicaia Molotov è del tutto vero. Lo dico subito, cosí da sgombrare il campo da ogni equivoco. Quella che segue non è in alcun modo una confutazione, ma l'espressione di differenti conclusioni; ci sarebbe, del resto, ben poco da "confutare" su un'analisi spietatamente esatta della realtà attuale.
Contrariamente al Sassicaia, penso di essere molto carente sul lato "cinismo". Non mi è mai riuscito essere cinico, nemmeno quando (forse) sarebbe stato opportuno e mi avrebbe cavato da un bel po' di guai. Va da sé che la cosiddetta "pace interiore", non tenendo conto delle mie capacità introspettive vere o presunte, ha smesso da un bel po' di attenermi; non ce l'ho mai fatta a rinchiudermi dentro alcuna "pace", anche nei momenti in cui dicevo di ricercarla ardentemente. Chiaro che ognuno di noi, in certi momenti, ha bisogno almeno di una tregua; non foss'altro che per rimettere un po' in ordine le idee e trarre delle conclusioni sia pur parziali. Quella delle conclusioni, lo ammetto, è una mia fissazione: avendo avuto a che fare, nella mia vita, con incartamenti, intrichi, grovigli e viluppi, ho conosciuto da vicino le rovine che essi provocano. Le rovine degli impasse autoprovocati, delle stasi ricercate e anelate, dei blocchi, delle strade senza uscita. E' andata a finire che ho individuato il colpevole principale di tutto ciò proprio nel "cinismo", che ho di conseguenza preso a evitare come la peste, a rifiutare, a odiare in quanto comodo pretesto per dichiararsi, ad un certo punto, fuori dalla mischia.
Con questo non voglio dire che chi si dichiara "cinico" sia una persona per me detestabile. Tutt'altro. O meglio: il cinico reale, ostentato, convinto e conclamato può pure girarmi alla larga, poiché la sua azione di convincimento, con il sottoscritto, risulterebbe vana. Sono del tutto impermeabile. Quando invece, di fronte ad una professione di cinismo, intuisco che dietro c'è tutt'altro (come nel caso del Sassicaia Molotov, tanto per essere chiaro), non cesso affatto di considerare questa persona come un compagno di strada. Nonostante lo sbandieramento di una "pace interiore" che somiglia da vicino al famoso smettere di fumare con l'agopuntura. Mio fratello, anni fa, diceva di avere smesso di fumare con l'agopuntura e poi mi chiedeva le sigarette di nascosto. Chi dice di aver raggiunto la "pace interiore" a vari gradi scrive poi delle cose in cui non soltanto parla di guerra, ma la chiede. La invoca come necessaria, precisando casomai delle critiche metodologiche.
Ripeto: l'analisi della realtà attuale fatta dal Sassicaia Molotov è assolutamente esatta. Un testo che dovrebbe essere stampato e distribuito come volantino. Lanciato dagli aeroplanini sulle folle assiepate. Diffuso in modo capillare. Non nascondo affatto che questo mio post vorrebbe essere anche una specie di mattoncino nella sua diffusione, e mi auguro che contribuisca a creare un giro perlomeno ampio. Ciò con cui non posso e non voglio essere d'accordo, sono le sue conclusioni. Accettarle sarebbe per me come una dichiarazione di resa. Rifiutare di arrendersi non significa però non avere piena coscienza della realtà.
Il poeta e guerrigliero nicaraguense Leonel Rugama, ad esempio, aveva una coscienza pienissima della realtà, specialmente mentre resisteva da solo davanti a un intero battaglione della polizia somozista, il 15 gennaio 1970. Era l'ultimo rimasto vivo di un gruppetto di guerriglieri che erano già stati tutti massacrati, in diretta televisiva (il dittatore la aveva ordinata come "monito alla popolazione"). All'ordine di arrendersi dato da un colonnello, Rugama, prima di cadere a sua volta ucciso, rispose semplicemente: Que se rinda tu madre! Che si arrenda tua madre!
Leonel Rugama aveva 21 anni.
Forse qualcuno potrà chiedersi dove io abbia individuato questo "cinismo all'incontrario" del Sassicaia Molotov, che poi è identico a quello di moltissimi che, al pari suo, ad un certo punto sono sembrati aver dichiarato forfait. Un percorso, lo so bene, molto comune. Talmente comune da essere probabilmente maggioritario; quello che chiamo antagonismo latente, messo apparentemente in soffitta, nascosto dietro musichette più o meno gradevoli, dietro film più o meno belli, dietro mille e mille palliativi mentre la guerra, quella descritta perfettamente dal Sassicaia, va comunque avanti.
L'ho individuato in una frase del suo post, giustappunto quella "metodologica". Dice così: Una guerra che mira ad annichilirci. Per ora chi si ribella ha 100 di cuore e praticamente ZERO strategia.
Questa frase è altamente indicativa e può essere utilizzata in senso generale.
E' il cinico "pacificato interiormente" che esprime invece tutta la sua voglia di agire, di opporsi, di vincerla, questa guerra. Il cinico vero, quello che ha raggiunto il punto di non ritorno, se ne frega altamente sia del "cuore" che della "strategia". Ci ha il suo cinismo autoreferenziale, che tutto esclude e tutto ingloba al tempo stesso. Ci ha da condurre il mondo a sbattere in un muro, mettendosi peraltro al servizio di chi mira ad annichilirci. Chi mira ad annichilirci apprezza non poco coloro che, ad un certo punto, dicono che non c'è più nulla da fare. I "cinici" alla Sassicaia Molotov, invece, fanno riferimento al cuore e alla strategia. Non ce la fanno a nascondere ciò che ribolle loro dentro, e a mio parere fanno benissimo.
Va detto che un'affermazione del genere non è, comunque la si veda, del tutto giusta.
In Valsusa hanno sí il cuore ma, perdio, anche un bel po' di strategia. Sono vent'anni che resistono, e non si resiste per vent'anni senza strategia di lotta, senza obiettivi chiari, senza metodi. Insomma, bisognerà pur dire che 'sta Torino-Lione "fondamentale" non è mica ancora stata fatta; come ha fatto opportunamente notare Alberto Perino, "Della TAV si è cominciato a parlare con un governo Berlusconi, che invocava fermezza assoluta; poi è venuto Prodi e diceva le stesse cose; poi è tornato Berlusconi e di nuovo le stesse cose; ora le stesse cose le dice Monti, e siamo sempre qua". In più, la lotta NO TAV ha oramai, grazie probabilmente alla sua stessa caratteristica di lotta territoriale allargatasi idealmente a simbolo e immagine dell'intera lotta anticapitalista, assunto dimensioni che non possono più essere fermate, e che stanno a loro volta generando strategie che fanno paura proprio perché si adattano di volta in volta alle situazioni. La strategia, ma sono convinto che il Sassicaia lo sa benissimo, non ha bisogno di uno "stratega", di un Von Clausewitz che pensa e decide; la strategia può essere collettiva e mostrare la propria efficacia in maniera spesso proteiforme.
E in Grecia? Sbaglierebbe chi etichettasse le proteste greche, in una situazione pur terribile, come "spontaneismo ribelle". In Grecia c'è stato sempre e c'è coordinamento, con obiettivi parecchio chiari da colpire. Certo, ancora c'è moltissimo da fare. La guerra è in corso, ma nessuno se ne sta lì a farla per ghiribizzi squinternati. Quel che stanno cercando di impedire lorsignori, infatti, è esattamente la creazione di una strategia saldante generalizzata; ma quando, nei giorni scorsi, in risposta agli espropri e alle recinzioni valsusine in ogni città d'Italia si sono avuti blocchi, beh, questa è strategia. Si potrà dire: è poca cosa, ancora. Certo. Ma mi risulta che è sempre stato dalle "poche cose" che sono nate le rivoluzioni, e che sono state vinte guerre impossibili. L'importante è non fermarsi. L'importante è non arrendersi, mai.
Non importa nulla se si è vissuto, tanto per citare un'ultima volta il Sassicaia Molotov, "occupazioni, manifestazioni, lotte belle ed utili, bellissime ed inutili". Si deve essere sempre pronti, in ogni momento, a lottare ancora. Il prezzo è, appunto, l'annichilimento; ma è un annichilimento che, di fronte a una resa, viene già messo in atto. Uno in meno. Uno che, sí, rimane col cuore vicino a chi lotta, ma che smette di lottare. Beh, d'accordo, ora lo farò io un po' il "cinico"; ma dico che di questi famosi "cuori vicini" nessuno sa più che farsene. Se ne potrebbero restare tranquillamente lontani, allora, e godersi la loro "pace interiore" e a farsi annichilire mentre ascoltano la canzoncina tanto bellina o disquisendo di blues e soul mentre il mondo somiglia sempre di più al neomelodico che canta " 'O capoclan".
Sí, certo, è una guerra. E visto che siamo in guerra, ci sono soltanto due alternative. La prima: la si fa, e la si fa per vincerla. Ad armi dispari. Con le mazze contro i droni. Con la piena consapevolezza che saremo annientati, forse. Con tutte le utilità e le inutilità del caso, senza però farsi sopraffare né dalle une né dalle altre. Non a caso, lo slogan dei valsusini è 'a sarà düra; e non a caso non si sono arresi, e non si arrenderanno. La seconda alternativa: defilarsi, ritirarsi, sganciarsi e attendere gli eventi. Però, almeno, senza pretesti. Si accetti lo status quo e tutto ciò che ne consegue, occupandosi realmente di altre cose senza fare periodiche "incursioni" nella guerra quando ne punge vaghezza, accondandosi in temperie favorevoli e tornando a nascondersi quando si riaddensa la tempesta. Il post di Sassicaia Molotov definisce magistralmente la guerra; a ognuno, adesso, decidere se combatterla o di farsi da parte. Osservando con attenzione lo svolgersi degli eventi, è possibile cogliere una strategia ben precisa e il problema non è più individuarla o meno, ma averne o meno paura. Non è niente di nuovo, fra le altre cose. E' sempre stato così. In ogni guerra.
Può darsi che, come afferma il Sassicaia Molotov, le forme di dissenso siano vecchie di 100 anni; però queste vecchie forme di dissenso, se applicate a dovere, mi sembra che funzionino ancora ammodino. Il problema non è crearne di nuove, non è fare "creatività di lotta" (anche se, in alcuni casi, essa si viene comunque a plasmare a seconda delle situazioni); il problema è sempre uno e uno solo. I numeri. La quantità di persone disposte a lottare. Agire in tutti i modi perché tale quantità aumenti sempre di più non è mandare persone inermi al massacro; è cercare di vincere la guerra, dato che questa sarebbe una guerra per non essere annichiliti. Se dobbiamo essere annichiliti tutti, comunque, tanto vale andare al massacro. Se siamo ancora in troppo pochi, dobbiamo essere in molti.
E' senz'altro vero che i sistemi repressivi e di controllo sono sempre più terribilmente perfezionati, ma mi chiedo una cosa e, nel contempo, la chiedo a tutti quanti: se sono già così nel futuro, come mai ancora non sono riusciti a schiacciarci completamente? Come mai ancora esistono così tante resistenze? Come mai alcune migliaia di valligiani scalzi e gnudi (letteralmente) sono riusciti a fermare qualcosa per la quale è stato messo in campo di tutto dal potere? Come mai riusciamo ancora a sfuggire al loro controllo, a volte persino con accorgimenti semplicissimi? Come mai? Forse perché tanti non si sono arresi, e hanno mandato alle ortiche stanchezze, disillusioni, cinismi prefabbricati e quant'altro?
Farebbe bene a tutti passare un po' di tempo in Valsusa, e vedere che cosa stanno facendo quelle persone. Leverebbe un bel po' di grillini dal capo, considerando anche che sono vent'anni che cercano di prenderli per sfinimento, e che quelli invece trovano sempre nuove energie. Le trovano perché sono minacciati di distruzione, di estinzione. Le trovano per loro stessi e sono riusciti a trasmetterle agli altri, spesso intorpiditi da un funestus veternus di anni e anni di seghe mentali. Ed è da qui che bisogna (ri)partire. Per questo, dall'altra parte, hanno sfoderato tutte le loro armi nel futuro: perché hanno capito che c'è il rischio concreto che le buschino sode dalle armi del passato. Fanculo al futuro, c'è ma bisogno di tornare nel '900!
Non arrendersi, mai.
Anche dai propri blog, certo. O queste qui non sono armi del futuro, poi? Come mai cercano inutilmente di imbavagliare la Rete? E i blogger che fanno? Si defilano?
Ne esistono due categorie, di blogger defilanti. Quelli che, a un certo punto, si mettono a parlare delle loro grandi passioni (musica, cinema, fumetti, sport, libri, francobolli, quel che volete). E quelli, magari militanti fino al giorno prima, che un bel giorno scoprono le gioje della paternità o della maternità. Mi è capitato di recente con un blogger che seguivo, nei cui post faceva sempre più capolino il suo bambino piccolo. Ma che du' paia di coglioni, con questi figli del cazzo (beh, certo, chiaramente lo sono!). Ma vaffanculo a voi e alle vostre famigliuole di merda, all'educazione giorno-per-giorno e alle domandine vitali del marmocchio che cresce. E che fate, da una parte scrivete post apocalitticamente disillusi, vi ritirate nel vostro caldo focolare, parlate prevalentemente d'altro, sostenete che saremo annichiliti e poi ci deliziate con le pippe sulla bella frasetta d'un moccioso dalla quale partite con commoventi e profondi filosofèggi mentre quegli altri ci stanno sparando addosso? O che lo avete messo a fare al mondo il pargoletto, per farlo annichilire senza combattere? Credete di divertirvi tanto, a aspettare la fine standovene là fermi? Credete di godere di tanti piaceri? E quali sarebbero? E' andata così a finire che quel blog l'ho cancellato, fra l'altro prima che si cancellasse da solo. Uno in meno. Uno che si è arreso.
Chiaro, certamente, che ognuno fa quello che vuole. Parla (o non parla) di quello che gli pare. Può scegliere di cedere in ogni momento. Può stancarsi e desiderare altre cose, magari con frequenti retropensieri, con microfiamme che lo trapassano da parte a parte e che gli convogliano a volte l'impulso a sputare addosso alla propria immagine riflessa nello specchio. Può mettere in atto tutti gli autoconvincimenti che più gli aggradano, i "cinismi", i "realismi" e quant'altro. Può declinare tutte le proprie "esperienze", ignorando forse che l'esperienza che veramente vale è quella ancora da farsi. Può tornare indietro ai propri disastri personali e collettivi, e decidere di bloccarsi là. Bene. Però, a questo punto, sappia che è già annichilito. Che hanno vinto loro. E che, purtroppo, la loro vittoria non riguarda soltanto chi si è arreso, ma anche chi non si è arreso affatto. Saggezza popolare voleva che in ballo bisognasse ballare, fino alla fine in un senso o in nell'altro; saggezza che è andata perduta. Ora come ora si balla finché se ne ha voglia, poi si passa ad altro, e magari dopo un po' si torna a ballare perché la voglia è tornata. A fasi alterne. Non va così. Non va un cazzo. Specialmente quando si dimostra di averle comunque ben chiare, le cose.
E allora, basta così. Questa è la guerra. Hic Rhodus, hic salta. Non ci arrenderemo. E c'è chi lo sa bene, accidenti se lo sa. Madonna cane, che cazzo è 'sto ronzio sulla testa...un drone in via dell'Argingrosso...? Schiacc' !