Bisognerebbe, come sempre, fare delle considerazioni. Francamente, però, non ne vedo più l'utilità di fronte all'ennesima strage che verrà sicuramente definita familiare. Ma non è una strage familiare, è la solita strage di una mentalità che sembra non trovare più nessun ostacolo. La fine di una relazione, dal flirt adolescenziale al matrimonio con figli, è oramai da considerare un pericolo di morte, di mattatoio a cura del maschile non-rassegnato eccetera. Come nei macelli comunali (si veda ad esempio quel che è accaduto di recente a Trapani). Una cosa normale, del tutto accettabile; se il maschile si ammazza non c'è più niente da fare, e se non si ammazza (o non ce la fa a ammazzarsi) intervengono tutti i palliativi che porteranno prima o poi al rovesciamento di tutta la questione, dalle cause al perdono, dalla situazione economica difficile alla solitudine. Il maschile, nella sua saccoccia di chili, ha già tutti gli antidoti assieme all'arma. Assassino è chi urla in faccia a uno sbirro quel che è senza nemmeno toccarlo di striscio, non chi macella quattro persone scegliendole peraltro accuratamente. E chi si trova, una domenica mattina, a leggere l'ennesima notizia agghiacciante, non è preso più nemmeno dallo sconforto o dalla rabbia: è preso dalla coscienza di una sconfitta definitiva.
Qualsiasi donna che si ritrovi a vivere la fine di una relazione (anche non conflittuale, perché potrebbe sempre e comunque insorgere il famoso raptus) dovrebbe ormai considerare l'idea di doversi difendere da sola; lei stessa, i suoi figli, i suoi amici. Le cifre annuali stanno là a dirlo. Tutte sono esposte al chilomaschile. Tutti siamo esposti. Nulla viene fatto e, anzi, se ci sono interventi sono costantemente in senso opposto. Si creano campagne mediatiche con tanto di fiction propagandistiche, si creano finte "sindromi di alienazione", si creano giustificazioni, si crea un humus "culturale" che promuove e santifica il possesso e la prigionia travestiti da "amore", fin dalla più tenera età; poi, naturalmente, si ciancia a profusione di "valori". "Valori" che, prima o poi, giacciono invariabilmente in mezzo a una strada, o in una casa, riempiti di piombo. Piombo a chili, a chili maschili.
Non vorrei che queste mie parole celassero però troppo ciò che ho dentro ogni volta che vengo a conoscenza di un fatto come quello di Brescia, e come quelli che accadono ogni giorno in tutto questo paese. Se la strage fascista di Brescia del 1974 fece otto morti, questa ne ha fatti pochi di meno; solo che queste quattro persone, queste due donne e questi due uomini, non avranno mai nessuna lapide, nessuna commemorazione, nessun anniversario da ricordare. Scordati tutti dopo due giorni, e per sempre. Ancora, mentre scrivo, non se ne conosce neppure il nome; se ne può immaginare soltanto il peso. Chili di carne morta, grazie all'ennesimo maschile che ha usato il suo bel "metro". Non intendo esprimere "pietà" per quelle persone, perché alla pietà bisognerebbe una volta per tutte dare un ostracismo senza appello. Intendo esprimere un appello all'autodifesa preventiva come unica contromisura, perché non si vede più altra strada praticabile. Leggere un giorno, finalmente, che il "maschietto abbandonato" è stato messo fuori causa con un bel tiro di precisione dalla vittima designata, prima che abbia avuto il tempo di estrarre la sua arma. Ecco, questo forse servirebbe parecchio a limitare gli effetti di metri, chili e litri maschili.