martedì 5 novembre 2013

'U Sìnnacu e 'u Ministru





L'uomo che si vede al centro della foto, con un teleoperatore a sinistra e, a destra, il militare impettito con tanto di sciabola (ma icché vorrà sciabolare, qui' bischero?!?) e medaglie e il vigile urbano in alta uniforme, si chiama Renato Accorinti ed è il sindaco di Messina.

Renato Accorinti è stato eletto ed è in carica dal 25 giugno 2013, alla guida di una lista civica dal nome chilometrico: Renato Accorinti sindaco - Cambiare Messina dal basso. Le ultime elezioni municipali messinesi sono state quantomeno curiose: al primo turno, infatti, il candidato del Partito "Democratico", tale Felice Calabrò, non è passato per cinquatanove voti (ha ottenuto il 49,93% in totale). Al ballottaggio, i messinesi hanno ribaltato tutto e eletto Accorinti e il cambio dal basso, con il 52,67% dei voti.

E così i messinesi hanno eletto sindaco questo simpatico personaggio, ferreo nonviolento, attivista contro la costruzione del ponte sullo Stretto, obiettore di coscienza al servizio militare e oppositore alle installazioni NATO in Sicilia. Il 15 gennaio 1991 è  stato imputato di istigazione a delinquere perché, in occasione della prima "guerra del Golfo" aveva invitato i militari italiani a disertare. E' anche un noto attivista antimafia

Il pilone di Torre Faro (Messina)

 Il 25 giugno 2002, casualmente undici anni esatti prima di diventare sindaco, ha effettuato una clamorosa protesta contro la costruzione del ponte sullo Stretto: si è arrampicato con due striscioni sul pilone di Torre Faro, che sovrasta Messina, a 220 metri di altezza, restandoci per un giorno e una notte. Sembra che si sia esibito anche assieme al rapper Caparezza. Insomma, mi fermo qui: non vorrei vedermi trasformato 'u Sìnnacu in un "nuovo santo" da qualche indefesso Cinguettatore a buon mercato.

Ieri, il sindaco Renato Accorinti -come molti sapranno- è salito sul palco dove si celebrava, a Messina, la "festa delle forze armate" del 4 novembre; una cosa dove, a quasi cent'anni di distanza, si "festeggiano" settecentomila morti. E ci è salito nel modo che si vede nella foto: con la "bandiera della pace" sulla quale sta scritto un articolo della "Costituzione".


Apriti cielo: in un giorno solo, un sindaco qualsiasi (sia pure di una grande e importante città) è riuscito a scatenare tutto l'apparato dello Stato italiano. Mentre sul palco pronunciava il suo discorso pacifista (o antimilitarista?) sventolando la "bandiera della pace", i carabinieri che erano presenti hanno girato il culo e se ne sono andati (forse potevano sventolare la bandiera della guerra, visto che fanno parte di un'arma fondata dai Savoia con il preciso compito di fucilare i disertori nella schiena).  Riporta l'edizione siciliana della "Repubblica": "Accorinti ha preso la parola dopo la deposizione di una corona d’alloro al monumento ai Caduti. Il sindaco ha ricordato che la Costituzione recita che l’Italia ripudia la guerra e invece continuiamo a finanziare la corsa agli armamenti. Oltre 20 miliardi in tre anni –ha detto Accorinti – mentre sottraiamo risorse per le spese sociali, beni culturali e sicurezza. Io stesso ogni giorno ho dietro la porta tanta gente che vive sotto la soglia di povertà e non posso dare risposte per mancanza di soldi. Questa amministrazione dice sì al disarmo e dichiara no a tutte le guerre mentre la Sicilia rischia di diventare una portaerei del Mediterraneo. Poi Accorinti ha estratto dalla tasca una bandiera della pace e ha iniziato sbandierarla sotto gli occhi dei presenti. "

Un non meglio precisato "ministro per la Pubblica Amministrazione", tale Gianpiero D'Alia, pure lui messinese, se l'è presa parecchio a male, dichiarando quanto segue: «Accorinti dovrebbe scusarsi pubblicamente con la cittadinanza messinese per una provocazione demenziale e inopportuna, che offende le Forze Armate e la memoria di quanti, anche nostri concittadini, sono morti per la pace in Italia e nelle missioni internazionali». Dunque il sindaco di Messina sarebbe stato, per il suo concittadino ministro, addirittura "demenziale"; ma vediamo meglio chi è questo D'Alia ministro. 

Figlio di un deputato della Democrazia Cristiana, Salvatore D'Alia, Gianpiero D'Alia è stato eletto alla camera per la prima volta nel 2001 grazie a una "lista civetta" chiamata Per l'abolizione dello scorporo (si dice "scòrporo" e non "scorpòro" come l'Orzoro, ndr). E' entrato poi nell'UDC di Pierferdinando Casini, diventando sottosegretario all'interno nel governo "Berlusconi III"; alle elezioni del 2008 viene eletto senatore e presidente del gruppo parlamentare UDC, SVP e Autonomie, del quale fanno parte anche Giulio Andreotti e Francesco Cossiga. Nel 2013, sempre con l'UDC, aderisce a Scelta Civica e diviene ministro nel "governo delle larghe intese". 

Gianpiero D'Alia è noto soprattutto per il suo emendamento (il 50-bis, poi divenuto articolo 60) al disegno di legge n° 733, più noto come "Decreto Sihurezza" (mi spiace, ma oramai riesco a scrivere questa parola solo alla fiorentina). Con tale emendamento si sancisce la "Repressione di attività di apologia o istigazione a delinquere compiuta a mezzo internet". 

L'intervento del sindaco di Messina non ha, naturalmente, scatenato soltanto le ire del signor ministro; su tutte le "reti unificate" Raiset, ivi compresa "Rai News 24" da poco divenuta "Papanews 48" (visto che per 48 ore al giorno è impegnata a darci notizie su papa Francesco: finalmente il ritorno di un papa media-friendly dopo il funereo Ratzinger!), è stata una vera e propria gara di tiro al sindaco, nonché di estensione capillare di solidarietà alle forze armate. Sono queste le occasioni in cui anche un bimbominkia dei peggiori riuscirebbe a capire che cosa significa la parola regime.

Statisti a colloquio: Giorgio N. e Nicolae C.
E' perfettamente ipotizzabile che anche l'intervento del Presidente della Repubblica, Giorgio N., sia neppur tanto indirettamente riferito all'intervento del sindaco di Messina. Si tratta di un'autentica novità: un presidente della Repubblica che si getta a corpo morto, senza più nemmeno il minimo pudore, nella difesa a oltranza e nella giustificazione delle spese militari enormi sostenute da un paese che si dice in crisi. Difesa e giustificazione, oltretutto, espressa con toni offensivi e autenticamente autoritari, nonché delegittimanti di bassa lega. Ma non c'è da stupirsene.

Il tutto perché il sindaco di una città ha compiuto un atto sovversivo: ha esposto una bandiera riportandoci sopra un articolo della loro famosa "Costituzione". Quella che pure il Presidente "migliorista" ha in bocca un giorno sì e un giorno sì. L'idolo e il feticcio che serve per fare le "grandi manifestazioni in difesa" esaltate dal "Manifesto". Oggi si è visto per l'ennesima volta in che cosa consista tale "difesa": nel Ministero della Difesa, appunto. Chissà che prima o poi non ci ritroviamo anche un "Ministero per la Difesa della Costituzione"; magari lo daranno a D'Alia.