lunedì 18 novembre 2013

Ufficiale e gentiluomo



La foto sopra fu scattata a Roma il 6 luglio 1960, durante le manifestazioni di piazza di quando l'Italia intera insorgeva per un governo democristiano sostenuto dai fascisti del MSI. E dovette sloggiare alla svelta, il merdoso di Tambroni! Erano i giorni dei "ragazzi con le magliette a strisce" e dei morti di Reggio Emilia (e non solo), di Genova che si ribellava. Poco dopo, a Roma, sarebbero cominciate le Olimpiadi che sancivano il "miracolo economico" italiano. A Roma, durante una manifestazione, fu ordinata una violenta carica a cavallo dei Carabinieri contro la folla che manifestava; la ordinò e guidò Raimondo D'Inzeo, che poi alle stesse Olimpiadi avrebbe vinto la medaglia d'oro nel concorso di equitazione. Poiché D'Inzeo è morto due giorni fa a ottantotto anni, con gli onori militari e accompagnato da ogni sorta di "cordoglio", vorrei ricordare quell'episodio. Sui giornali lo si definisce, con squisita originalità, "ufficiale e gentiluomo"; è bene vedere il modo in cui i Carabinieri sono "gentiluomini". Ovvero, sempre al servizio di uno stato fascista, esecutori di ordini contro gli operai e i lavoratori. Augurando al "gentiluomo" di cavalcare all'inferno, riporto qui (riprendendola da Globalist) la testimonianza di Aldo Natoli, allora deputato comunista, che partecipava alla manifestazione e che rimase ferito nella carica guidata dai gran cavalieri D'Inzeo: non solo Raimondo, ma anche il fratello Piero. Quello che in una foto di ieri si vede fare il saluto militare alla bara del fratello. Caricaaaaaaa.....!

"In schiera ordinata, avevamo fatto pochi passi e ci trovavamo proprio in mezzo al guado, non vi era stato ancora alcun contatto con i cordoni polizieschi, quando avvenne la sorpresa; dalla sinistra, dove era stato ben coperto dietro l'angolo di case e muraglie, irruppe dritto su di noi uno squadrone di carabinieri a cavallo, al galoppo, mulinando in aria non sciabole bensì frustini.

Ignoro se sia stato lo stesso mediocre avvocato di provincia (Tambroni, presidente del Consiglio n.d.r.) che allora sedeva come capo supremo al Viminale, a escogitare questo espediente tattico nuovo per gli scontri di strada a Roma. Io mi ero trovato in una circostanza simile parecchi anni prima, nella campagna di Monterotondo, quando appoggiavo i contadini che occupavano le terre di una grande tenuta, e anche allora ero in compagnia di Lizzadri. In campagna è più facile salvarsi da simili attacchi, alberi, solchi profondi, canali, offrono ripari naturali.

A Porta S. Paolo eravamo totalmente allo scoperto e non ho dimenticato lo scroscio di nacchere degli zoccoli dei cavalli rimbalzanti sull'acciottolato di sampietrini.

Ci sbandammo e gli eroici cavalieri guidati dai D'Inzeo finirono in mezzo alla folla che li accolse con un lancio di proiettili provenienti dal vicino mercato. Ma dietro i cavalieri si erano mossi i reparti motorizzati della Celere, che rastrellavano gli sbandati.".

Così ricorda Aldo Natoli, deputato comunista, quello che avvenne a Roma, a Porta San Paolo, quel 6 luglio del 1960.

I D'Inzeo sono i due fratelli cavallerizzi, Piero e il più famoso Raimondo, entrambi ufficiali di cavalleria. L'immagine di Raimondo D'Inzeo che comanda la carica dei carabinieri a cavallo, con un lungo nerbo in mano al posto della sciabola, contro i manifestanti pacifici, mi è ritornata alla mente oggi che è morto e tutti hanno ricordato le sue grandi imprese sportive, senza fare nessun accenno a quell'episodio.

La manifestazione di Roma fu decisa dai partiti antifascisti per protestare contro il governo Tambroni che aveva permesso lo svolgimento a Genova, città Medaglia d'Oro della Resistenza, il congresso del partito neofascista. A Genova c'erano stati proteste e scontri, anche sanguinosi, con la polizia. Sandro Pertini in quella occasione dichiarò: « La polizia sta cercando i sobillatori di queste manifestazioni, non abbiamo nessuna difficoltà ad indicarglieli. Sono i fucilati del Turchino, di Cravasco, della Benedicta, i torturati della casa dello studente".

A Porta San Paolo c'ero anche io. Come scrisse l'Espresso, "Per molte ore, in quelle zone, chiunque non aveva la cravatta veniva fermato interrogato, spesso bastonato". Io non avevo la cravatta ma indossavo la maglietta a strisce verticali, come andava di moda in quegli anni fra noi ragazzi. Fui arrestato e portato in Questura. Ci misero in uno stanzone. Eravamo un centinaio e cantammo per tutto il tempo Fischia il vento e Bella ciao. Ogni tanto entrava un brigadiere che si metteva a urlare smettetela, fatela finita, e poi ci incitava a continuare.

L'anno dopo un gruppo di ragazzi, reduci di Porta San Paolo, si tolsero la maglietta a strisce e, in giacca e cravatta, si recarono a Piazza di Siena dove c'era il concorso ippico. Quando apparve D'Inzeo lo presero a sassate. Io non ci andai perché non ero stato avvertito, altrimenti un sasso glielo avrei tirato volentieri. "