In ultimo, abbiamo imparato che Repubblica s'indigna. Addirittura affida la sua indignazione al grande opinionista, il quale ci dice che i poliziotti americani ammazzano impunemente i ragazzini negri. Bene. Ora ci garberebbe, magari, che Repubblica mettesse in campo la stessa indignazione e gli stessi opinionisti quando, al posto dei lontanissimi ragazzini negri di Ferguson e di New York, ci sono i geometri romani, gli ex calciatori fiorentini, i passanti agitati milanesi, i carcerati livornesi, i diciottenni ferraresi o i pischelli napoletani sul motorino senza assicurazione. Tutto questo non mi risulta; e, come si vede, una discreta dose di ragazzini ce li abbiamo pure noi, senza andare a Ferguson. E pure il ragazzino negro, diciott'anni pure lui, che si butta dalla finestra (a Firenze) perché c'è una festa e i solerti vicini di casa chiamano direttamente la polizia. E muore, in mezzo agli stessi vicini che lo chiamano negro di merda.
martedì 25 novembre 2014
Yes, we can
Da oggi abbiamo imparato alcune cose. Ad esempio, che "per rendere una comunità migliore" bisogna pigliare un ragazzino negro e sparargli a morte. Così, tanto per fare. L'ha detto Baraccone Obama, di mestiere presidente degli Statunìti. Testuali parole. Tanto, poi, a chi lo ha ammazzato non viene torto un capello; licenza di uccidere. Il ragazzino di Ferguson aveva diciott'anni; quello pochi giorni fa a New York, dodici. Armeggiava con una pistola giocattolo, e gli è bastato per morire sparato dalla polizia. Chissà come sarà migliore la comunità; la prossima volta, per renderla ancor più migliore assai, si dovrebbe suggerire a una qualche polizia americana di sparare a un neonato in carrozzina, magari mentre armeggia col biberon. Se la cosa avvenisse su una scalinata, si potrebbe pure fare la riedizione della Corazzata Potëmkin.
Poi abbiamo imparato che la comunità migliore s'incazza, invece. Ed è necessario andare un po' a vedere come s'incazza. Attaccare la polizia, dare fuoco alle sue macchine, prenderla a sassate e quant'altro è, volendo, una cosa più che normale, quasi logica. Quel che, secondo me, merita più attenzione è l'immancabile saccheggio e distruzione dei negozi. Almeno dalle immagini disponibili, sembra che gli stores attaccati, saccheggiati e dati alle fiamme siano quasi tutti di oggetti, oggettini, roba elettronica, telefonini, stronzate limited, stracci vari. La violenza sembra scatenarsi sul superfluo. Su quello che non si può avere, avere, avere, avere, avere, avere.
In ultimo, abbiamo imparato che Repubblica s'indigna. Addirittura affida la sua indignazione al grande opinionista, il quale ci dice che i poliziotti americani ammazzano impunemente i ragazzini negri. Bene. Ora ci garberebbe, magari, che Repubblica mettesse in campo la stessa indignazione e gli stessi opinionisti quando, al posto dei lontanissimi ragazzini negri di Ferguson e di New York, ci sono i geometri romani, gli ex calciatori fiorentini, i passanti agitati milanesi, i carcerati livornesi, i diciottenni ferraresi o i pischelli napoletani sul motorino senza assicurazione. Tutto questo non mi risulta; e, come si vede, una discreta dose di ragazzini ce li abbiamo pure noi, senza andare a Ferguson. E pure il ragazzino negro, diciott'anni pure lui, che si butta dalla finestra (a Firenze) perché c'è una festa e i solerti vicini di casa chiamano direttamente la polizia. E muore, in mezzo agli stessi vicini che lo chiamano negro di merda.