Il CPA è il Centro Popolare Autogestito Firenze Sud. Il link sta nell'elenco qui accanto. Siccome, per definizione, io non faccio parte di nulla, non faccio parte neppure del CPA; ci vado, abbastanza spesso, ci mangio, ogni tanto mi faccio vedere alle assemblee e conosco alcune persone. Compro dei libri alla “biblioteca Majakovskij”, mi faccio timbrare la mano per entrare in sala concerti (con un vecchio timbro delle poste, dicitura tipica: “GOVERNATIVI”) e, in generale, credo di fare ragionevolmente una figura da marziano. Ogni tanto la persona che cura il sito del CPA mi riprende qualcosa che ho scritto, da questo blog o da altri posti; del resto, neppure in quel sito sono ammessi commenti e la cosa mi sta benissimo. Ogni tanto mi dico che dovrei fare più santa militanza, ma con tutta probabilità non ci sono tagliato granché. Sono troppo uno per i cazzi miei. Dimenticavo: sempre ogni tanto vado pure a qualche manifestazione, e ultimamente, purtroppo, mi è toccato anche andare a un funerale. Di una persona che conoscevo poco e da non molto tempo, ma quel poco e quel non molto tempo mi erano bastati per volergli bene; perché era una di quelle persone rare che sanno coniugare l'intelligenza con la dolcezza, ma non una dolcezza arrendevole e innocua. So che aveva conosciuto, nella sua vita, un bel po' di galera; l'unica volta che l'ho visto incazzarsi sul serio è quando, non mi ricordo per quale motivo, uno del CPA aveva chiamato o minacciato di chiamare la polizia o i carabinieri. Bastarono quelle due parole per farlo saltare e fare al malcapitato una parte di quelle da ricordarsene per un pezzo.
Eppure quel posto è anche una parte di me. Lo è diventato, in qualche modo. Non importa far parte di una parte di sé. Se la congrega dei pezzi di merda cittadini, fascistelli istituzionali o “studenteschi” che dello studio non sanno neppure l'ABC del metodo o che cosa significhi mettersi davanti a una qualsiasi disciplina con impegno e passione, osasse toccare quel posto, sarei lì, assieme a tutti, a difenderlo. Non me ne importerebbe più nulla delle critiche che spesso gli muovo, tra me e me; non mi importerebbe nulla degli avvitamenti mentali, delle stronzate blasées di gran lottatori da isola deserta, delle contorte teorie di chi a volte ha bevuto talmente tanto da non reggersi nemmeno in piedi. Sarei semplicemente lì, magari senza servire a nulla; ma ci sarei. Siccome il CPA è sempre sotto tiro, sotto tutto. Di stampe asservite, di buoni a nulla securitari, di bravi cittadini che mandano gli SMS all'E-Paperopolis, di consigli comunali e di quartiere ad hoc, di prodigiose raccolte di firme di gente che, in massima parte, sa scrivere -e male- soltanto la propria firma, di pallonari identitari, di picchiatorelli “antisistema” che alla prima cacata corrono a lagnarsi dai questurini, di accuse di terrorismo, di ronde e pattuglie, di intimidazioni.
Ci sarei per quel posto e per le sue persone, anche per quelle che conosco ancora poco o punto. Ci sarei per D. e per la sua bandana, per i suoi elfi e per la sua vita; per le sue Ceres, per la sua abilità a biliardo e a calciobalilla, per la sua umanità da disperato ancora capace di gesti e parole di una bellezza senza pari. Ci sarei per il surreale tecnico del suono dalle battute quasi alleniane. Ci sarei per chi se ne sta da solo in una stanza a fabbricare telai per tessere a partire da vecchie reti di letto. Ci sarei per il freddo cane d'inverno, ché passare un'invernata al CPA dovrebbe essere un'esperienza formativa per molti coglioncelli da quattro soldi che ciancerebbero di “legalità” anche se messi alla gogna e inculati con un rutabaga bello secco. Ci sarei per le squadriglie di zanzare d'estate, che una volta m'è toccato andare di corsa a comprare due chili di Autan proprio all'ipercentro commerciale fabbricato sulle rovine del vecchio CPA, previo sgombero forzato. Ci sarei per tutta quella meravigliosa serie di manifesti in tutte le lingue del mondo appiccicati nei corridoi. Ci sarei per i discorsi non comodi che comunque sento fare, e che sento fare persino con qualche azione conseguente. Ci sarei per Sugo e per i suoi ottant'anni e rotti passati a non cedere. Ci sarei per le retrospettive cinematografiche e per Ugo Tognazzi capo delle BR. Ci sarei per quei cazzo di cessi intasati, malsani, puzzolenti e vomitevoli. Ci sarei per chi si è beccato sette anni di galera per essere stato, inerme, preso a manganellate dai tutori del disordine. Ci sarei per non so quante altre cose e persone, straordinarie e mediocri, simpatiche e antipatiche, per i ragazzini e le ragazzine del sabato sera, per i writers che, dopo essere stati redarguiti per avere imbrattato mezza via di Villamagna, senza dir niente hanno fatto un bellissimo tag dentro al Centro dicendo poi, semplicemente: scusateci, non siamo delle teste vuote, anche noi vi vogliamo bene e capiamo quello che fate. Ci sarei per i gruppi squinternati che vengono a suonare, dai reggaers di Capalle ai metallari ruttanti di Casalpusterlengo, dai punkettazzi di Badia a Settimo fino ai folkloristi di Sant'Andrea in Percussina.
Ci sarei per tutti, e senza nessun dubbio, nessuna esitazione. Ci sarei persino per i cani che girano liberi per le stanze e per i corridoi. Ci sarei perché è un mondo ancora vivo in mezzo a un oceano di morti; e, a volte, anche di vivi trasformatisi in tromboni e che sono proceduti talmente nelle loro avanzatissime visioni, da essere regrediti a puttanate miste a scontentezze, disillusioni, arroganza, acrobazie, pesci in faccia e buffe distruzioni che non distruggerebbero nemmeno un castello di sabbia. L'antidoto è contenuto nella fotografia che accompagna questo post; e ci sarei, e ci sarò sempre per quell'antidoto, per il suo culo a sedere su un cordolo fuori da un tribunale, e per il cane che accarezza.