giovedì 4 dicembre 2008

Human Molasses


Gallerani Flaminio, anni 37, professione: autista (driver). Di Stasio Maria, anni 10, professione: bambina (child). Iantosca Pasquale, anni, 10, professione: bambino (child). Può essere che non si conoscessero neppure, quell'adulto e quei due bambini. O forse sì, perché in una comunità di emigranti a Boston, nel 1919, mentre la S.P.L. (Sacra Patria Lontana) si era dissanguata in una guerra che aveva mandato al macello i contadini che ancora non avevano preso il bastimento ed erano emigrati nelle Americhe, coi trenta giorni di nave a vapore che ci volevano, può essere che si conoscessero un po' tutti. Calabresi, siciliani, molisani, lombardi, veneti, pugliesi, toscani. Si faceva assai di più quella nazione costringendola ad allontanarsene per fame e miseria, che tenendola in quella penisola nel Mediterraneo; tenendocela e mandandola a morire per Trento o Gorizia, ché i Gallerani, i Di Stasio e gli Iantosca manco sapevano probabilmente cosa fossero. Molto più lontane dell'America erano, dell'America sorella che li accoglieva con l'isola di Ellis. L'America, il melting pot, la melassa umana che s'era già formata.

Non posso dire altro di quei tre, perché non ne so assolutamente niente. Né delle loro storie, né delle loro vite, né di dove fossero originari in Italia. L'adulto era quasi sicuramente un immigrato, uno che se l'era fatto il viaggio da Napoli o da Genova, là dove il vasto porto s'addorme. I bambini, chissà, erano soltanto dei figli, nati là, degli americani, dei bostoniani. Magari parlavano l'inglese a scuola e il crotonese o il beneventano a casa. Avranno avuto degli amici di Avellino, della bassa Sassonia, di Greve in Chianti o di Maroussis. O forse erano arrivati là in pancia alla madre, ché per montare in quelle terze classi sotto la linea di galleggiamento non si poteva badare certo alle gravidanze. Erano tutti là, il 15 gennaio 1919. Una giornata, dicono le cronache, incredibilmente calda per la stagione. A Boston, in gennaio, fa un freddo cane; c'è neve e gelo. La mattina di quel giorno i negozianti stavano sulla porta delle botteghe in maniche di camicia, commentando ovviamente le stagioni che non sono più quelle di una volta. Sulla zona di Commercial Street, nella parte nordorientale della città, troneggiava un enorme cilindro.

Si trattava di un serbatoio colossale, rotondo, di 27 metri di diametro e di 15 metri di altezza. Conteneva otto milioni e settecentomila litri di un liquido, che non era né petrolio, né altro carburante. Conteneva melassa. A quel tempo, gli Stati Uniti campavano di melassa. Non solo era il dolcificante standard dell'epoca, ma era usata per produrre alcol etilico ed era una componente essenziale, sempre all'epoca, nella produzione di munizioni. Naturalmente non ci poteva essere nessuna bevanda alcoolica senza la melassa; ed è curioso che proprio il giorno dopo, il 16 gennaio 1919, fu votato il famoso 18° emendamento alla Costituzione che introdusse il proibizionismo. Il mostruoso serbatoio di melassa, che il giorno dopo avrebbe cessato di essere usata per il rum e che si sarebbe dedicata solo alle munizioni, apparteneva ad un'azienda di nome Purity. Alle 10,20 del mattino del 15 gennaio 1919 il serbatoio crollò, esplose. I testimoni dicono di aver sentito come delle raffiche di mitragliatrice: erano i rivetti che venivano sparati via dall'enorme pressione. Nell'area, durante il crollo, ci fu una vera e propria scossa sismica.

Otto milioni e settecentomila litri di melassa si riversarono in tutto il quartiere, ad una velocità di 56 chilometri orari, invadendo le strade per un'altezza compresa tra 2,5 e 4,5 metri. Immaginatevi, che so io, l'alluvione di Firenze con della melassa al posto dell'Arno; o un Polesine invaso dalla melassa, una Longarone spazzata via dalla melassa. L'intero quartiere fu devastato, con una pressione di due tonnellate per piede quadrato; calò una morte dolce e appiccicosa, un ridicolo destino per uomini, donne, bambini e animali intrappolati in quelle sabbie mobili. Più si muovevano per liberarsi, più affondavano. La forza della melassa era tale da far crollare i piloni di una ferrovia sopraelevata, sulla quale stava passando un treno che rimase miracolosamente sospeso in aria, coi passeggeri dentro; sotto di loro, la massa bruna.

Quando si sparse la notizia per la città, molti non ci vollero credere. Qualcuno si mise persino a ridere; un intero quartiere di Boston melassato. I primi soccorritori, 116 marinai di una nave da guerra ormeggiata poco al largo, la Nantucket, si resero invece immediatamente conto della catastrofe. Il comandante della Nantucket, Henry Copeland, fece chiamare la Guardia Nazionale, i pompieri, la Croce Rossa e l'esercito. Alla fine si contarono 21 morti e 150 feriti gravi, oltre a altre centinaia di feriti meno gravi. Il quartiere era stato sommerso. Ci vollero mesi per ripulire la zona; l'area portuale rimase color melassa fino all'estate.

I padroni della Purity Enterprises furono messi a processo. Prima di difesero dicendo che era stato il caldo a far crollare il serbatoio, ma poi esistono sempre gli anarchici. Gli anarchici fanno sempre un gran comodo; e, ovviamente, dissero che erano stati loro a far saltare in aria il serbatoio. Alla fine venne fuori che era stato costruito con materiale scadente, per risparmiare; dichiarati colpevoli, i padroni furono condannati a un risarcimento di 600.000 dollari dell'epoca, circa sei milioni di dollari attuali. Non poterono risarcire la vita di Flaminio Gallerani, di Pasquale Iantosca, di Maria Di Stasio. Quest'ultima era col fratellino, Antonio, nel giardino di una scuola vicina. Il fratellino fu sollevato dall'ondata di melassa e depositato sul balcone di una casa, come vi fosse stato posato da una manona in forma di caramella appiccicosa. La melassa si usava anche per fare le caramelle.

Esseri umani soffocati, annegati, schiacciati dalla melassa. Forme non più riconoscibili, ancorché vive, si aggiravano tra le bolle che si gonfiavano ed esplodevano; impossibile dire se si trattasse di un bambino, di un cavallo, di un cane. Avessero detto a Flaminio Gallerani, autista, sul bastimento con cui era arrivato alla speranza d'una vita migliore che sarebbe morto nella melassa, si sarebbe messo a ridere, a sghignazzare. E chissà se i genitori di Pasquale Iantosca e di Maria Di Stasio avevano i soldi per comprar loro le caramelle; gliele comprò un destino infame.

Lo stesso destino degli irlandesi Patrick Brown, 44 anni, portuale; William Brogan, 61 anni, carrettiere; Bridget Clougherty, 65 anni, casalinga; Stephen Clougherty, 34 anni, disoccupato; William O' Duffy, 58 anni, manovale; James Kinneally, 32 anni, manovale.

Del francese César Nicolau, 32 anni, postino.

Dell'ebreo tedesco John M. Seiberlich, 69 anni, fabbro ferraio.

Tra i morti nella melassa della Purity c'era anche tale John Lennon, 64 anni, carrettiere.

E così, quel giorno, la melassa umana degli Stati Uniti d'America ebbe la sua tremenda, letterale conferma. Dove sorgeva il serbatoio fatto con materiali scadenti, c'è attualmente un campo di baseball. Alcuni bostoniani che non hanno perso la memoria di quel fatto, o che ne hanno sentito parlare, dicono che, nelle giornate più calde d'estate, certi angoli di Commercial Street odorano ancora di melassa, e puzzano della morte di povera gente.