E che sia mai di svegliarsi la mattina e leggere del rovinoso terremoto di Hannover, del catastrofico sisma di Oslo, dello tsunami di Boston. Solo in Giappone ci sono abituati, ma lì ci hanno i dindini per fare tutto antisismico. In California sono cent'anni che ci rompono i coglioni col Big One, ci hanno fatto pure il film-catastrofe (con relativa esaltazione del prodigioso Chevrolet Blazer che aveva sei marce indietro), e intanto il terremoto dove va? A Haiti. Rade al suolo una bidonville di tre milioni di abitanti nel paese più povero del mondo, o quasi. Uragani, alluvioni, fame, dittature, tonton macoutes, e tutto il resto.
Un pezzo di merda sì, ma stavolta il sor terremoto si è davvero superato. La catastrofe naturale che però va a battere su una delle peggiori catastrofi della disuguaglianza planetaria; perché le condizioni in cui si trova Haiti, e assieme a lei mezzo mondo, non sono per nulla frutto della natura. Cancellato tutto. Spazzati via gli slums di Port-au-Prince e le migliaia di disgraziati che li abitavano. Cancellata la memoria storica, la cattedrale in stile "eclettico", le case gingerbread, la statua di Toussaint Louverture, i resti del Fort Dimanche che aveva visto torturati e massacrati centinaia di oppositori.
E così, con questo colpo di grazia, Haiti si troverà a spostarsi. Via da lì. Lì non c'è più niente. Nemmeno quelle minime condizioni di vita disperata. Via ad accrescere le masse di relitti umani che bussano alle nostre porte chiuse. Arriveranno i soliti aiuti umanitari da parte di un mondo che non ha più niente di "umanitario", e nemmeno di umano; poi Haiti la ritroveremo sparsa da chissà quante parti, a lavare vetri, a frugare nei bidoni, a raccogliere pomodori, a crepare nel freddo dei paesi dove il terremoto non batte mai.
Così, magari, un bel giorno Haiti sarà finalmente libera per farci solo alberghi per i ricchi, davanti a quel mare bellissimo. A che servirà mai una Port-au-Prince; non ci ha nemmeno uno straccio di musica da rimpiangere, come a New Orleans. Haiti è inutile per il mondo d'oggi, uno dei tanti bubboni da cancellare; ci pensa il terremoto a eliminarla. Via quelle persone prive di qualsiasi permesso di stare al mondo, e largo ai milioni di nuovi schiavi a disposizione di tutti.
Ore dodici, s'affaccerà l'omino vestito di bianco dal suo terrazzino, dicendo di pregare. Ore quindici, una schiera di pop star si attiverà per fare il disco di beneficienza. Ore venti, le viscere della terra si sposteranno di un altro millimicron, e mai nella giusta direzione, mai con epicentro dieci chilometri sotto il FMI, mai cinque chilometri sotto un vertice del G8. Se n'è sempre guardato bene, Mr Earthquake. Ci ha da andare a Port-au-Prince a seppellire i poveri; e se Dio c'è, stavolta sarebbe davvero bene che si levasse definitivamente fuori dalle palle. Se n'andasse a terremotare un altro universo, ché qui ci ha bell'e divertiti.