È passato un po' di tempo. A Prào c'è stato il tanto agognato cambiamento, ben preparato, ottimamente strombazzato e realizzato sia pure per un pugno di voti. Prào è diventata l'avanguardia in territorio nemico, il fortino, la testa di ponte; e così, anche in Toscana, finalmente sappiamo che cosa sono i legaioli, che cosa sono le retate a Chinatown e tutto il resto. Hanno cominciato con le insegne in italiano (ovvero: basta che non siano in cinese, poi possono essere in tutte le altre lingue del mondo). Niente più manifestazioni. La crisi? Puff, scomparsa da un giorno all'altro. "Prato riparte", è diventato lo slogan; e come sia ripartita lo si percepisce bene nelle parole di non mi ricordo nemmeno quale parlamentare del PDL che oggi, dalle righe della Nazi(st)one, esulta per l'ennesima "retata contro l'illegalità": "A Prato è tornata la legge", dice. Già, la legge dei padroni. La legge dei bifolchi arricchiti. La legge della sopraffazione. La legge dell'idiozia.
Il sistema è collaudato. Si parte sempre col degrado, con la sihurezza e con la legalità. Paladini di queste cose, oltre naturalmente ai soliti servi mediatici, sono generalmente coloro che sono stati e sono in prima fila nel degradare la società per i loro interessi, nel fomentare la paura criminale e nel dispregio della legge: gli imprenditori pratesi ne sanno qualcosa, e molto bene. Dopo il battage, si parte con le geremiadi. Arriva la crisi, e l'occasione non può andare perduta. Una crisi che, a Prato, ha come cause principali la miopia, la stupidità, l'ingordigia e l'assenza di qualsiasi autentica programmazione economica, (secondo il principio del basta fa' quattrini, compràssi i' Suvve, fa le vahanze alle Seicèlle, i' viaggiodinozze alle Mardive e avècci la ganza), viene trasformata nel metodo per "regolare i conti" con quei musi gialli; i quali, nel frattempo, lavorano, mandano avanti la baracca e, soprattutto, ci hanno alle spalle quella che ormai è la prima potenza economica mondiale. Ma a Prào che gliene importa; che non se ne sbarazzeranno affatto lo sanno benissimo, e anche che non gli fa punto comodo. Solo che c'è da dare fumo negli occhi a' cittadini, previamente istupiditi a forza di giornaletti, di trasmissioni, di degradi, di sihurezze, di paure, di efferati crimini, di cronaca di merda.
Arrivano loro, e tutto è risolto. Il bandierone tricolore viene riposto, avendo assolto al suo compito: quello di essere il ridicolo simbolo di una massa di stronzi. Vengono cancellate le insegne in cinese. La cosiddetta "opposizione" viene ridotta a quel che è, ovvero una congrega di balbettanti poveracci che fanno sempre di più a gara per somigliare a coloro cui si dovrebbero "opporre". Ogni settimana una retata, espulsioni, galere; i fascisti scorrazzano liberi e impuniti, i leghisti cominciano ad ammorbare anche l'aria toscana con il loro puzzo di democristiani nazisti verdognoli, e le opposizioni autentiche, quelle poche, vengono fatte tacere.
È, se ci si pensa bene, lo stesso che è accaduto con la famosa spazzatura a Napoli. Viene prima creata l'emergenza che, per un certo periodo, è la notizia principale. Diventa un'emergenza nazionale. Telegiornali, giornali, dibattiti, tutto è occupato da questa emergenza; la cui colpa è sempre, ovviamente, della parte "avversa" al Signor Padrone, al Dvce di Villa Certosa (metto "avversa" tra virgolette, perché in questo sistema oramai nulla è avverso a nulla). Arriva la farsa delle elezioni, i pecoroni con la matita copiativa obbediscono come automi, e la spazzatura scompare due giorni dopo. Silenzio. Spazzata via tutta. Così come il terremoto in Abruzzo, così come qualsiasi emergenza che viene sfruttata soltanto a fini di potere. E così è stato per la crisi pratese, quella per cui la bidonville delle coscienze che è diventata quella città doveva "chiudere", oh tragedia, oh catastrofe! Si è visto bene cosa nascondevano quelle parole, "Prato non deve chiudere". Significavano in realtà: "Datecela, ché ora vi si danno un po' di retate, un po' di razzismo e un po' di crasse imbecillate che vi garbano tanto, e noi si fa meglio quel che cazzo ci pare".
E allora non resta che rispondere in un linguaggio chiaro. E in cinese:
Ovvero: