martedì 26 giugno 2012
Istruzioni per mio fratello
Queste sono delle istruzioni per mio fratello. So che, qualche volta, legge questo blog; lo prego quindi di seguire alla lettera quanto sto per scrivere.
Chissà, potrebbe sempre capitarmi, che so io, un controllino di polizia; e magari incoccio in due o tre di quelli belli fascistoni, muscolosi, capelli a spazzola o cranio rapato. Chissà, addirittura, che non possa beccarmi quelli del film "ACAB", ve ne ricordate? Quello presentato come una sconvolgente pietra miliare der grande cìnema itagliano, e che è passato in due giorni senza lasciare traccia alcuna. Chissà che non mi facciano parecchio male o, persino, mi cerchino l'anima a forza di botte, trovandola pure. Come, ad esempio, a Federico Aldrovandi. Oh, sono delle possibilità che si presentano ovunque esistano delle polizie. Ovunque esista lo stato.
Caro fratello, prima di tutto dovrò esporti sia pur brevemente che cosa io pensi della questione. Ai fini delle istruzioni che sto per darti.
Ritengo che una delle più grosse disgrazie post-mortem di queste persone, dei morti per mano poliziotta, siano i loro familiari: padri, madri, sorelle, fratelli, zii, cugini. Non solo è toccato loro morire di legnate, o sparati; non hanno ancora finito di essere ammazzati, che già i familiari dichiarano di credere nella giustizia. E vai. Come dire: mi sono tirato una martellata sui coglioni, e la prima cosa che faccio è esclamare: "Credo nei martelli!". Poi, vediamo, ah sì: prima o poi c'è l'appello al Presidente della Repubblica (lettera aperta ecc.). Prima o poi, una qualche manifestazione di solidarietà (ci sono stato anch'io, una volta a Livorno, per Marcello Lonzi ed altri) intitolata "Per non dimenticare" o qualcosa del genere. In breve i familiari dell'ammazzato/a dalle "forze dell'ordine" si trasformano in indefessi "credenti nella giustizia"; vogliono giustizia, invocano giustizia, vogliono i poliziotti assassini a processo e, guarda un po', qualche rara volta ci vanno anche. Come nel caso, appunto, di Federico Aldrovandi.
Al processo, come è noto, si ammanniscono "anni di galera". Come l'anno luce è l'unità di misura delle distanze intersiderali (anche se mi dicono che ora si usa il "parsec"), l'anno di galera è l'unità di misura della "giustizia". I processi si concludono con sentenze che oserei dire singolari: un ragazzo di diciott'anni che non aveva fatto un cazzo viene ammazzato di botte da quattro servi pezzi di merda, e la "giustizia" per il suo assassinio consiste, anche utilizzando l'unità di misura di cui sopra, in tre anni e sei mesi. Tre anni condonati per indulto, e sei mesi di galera virtuale.
Al che i familiari, all'unisono o quasi, dichiarano: "Giustizia è fatta"!
Nel frattempo, i quattro assassini non soltanto non vengono affatto misurati con l'unità suddetta, ma continuano anzi a prestare servizio, a ricevere uno stipendio, e a incassare solidarietà persino "istituzionali". Oh, i familiari del morto mica crederanno che la solidarietà, ricercata in mille modi e sovente fantasiosi, sia solo per loro; di solidarietà ne hanno, senza manco troppo cercarla, anche gli assassini. Ed è quasi sempre una solidarietà parecchio più potente. Non solo. Una volta "condannati" ma sottoposti a un fantomatico "provvedimento disciplinare" che nessuno può seguire o influenzare, e magari colpiti dalla durissima sanzione del "trasferimento", questi qua continuano a imperversare, magari (e come dubitarlo) dalle loro pagine "Facebook". Coram populo, davanti a tutti. Così, quando finalmente la tanto agognata "giustizia" è fatta, sappiamo che, in realtà, le vere "vittime" sono loro (minchia, signor tenente). E non basta. Le forze dell'ordine sì che hanno il "senso della famiglia" e dell' "educazione", si permettono di dire a una madre con un figlio ammazzato che lo ha "allevato come un maiale", che "quella troia ora si gode il risarcimento" mentre loro "prendono 1300 euro al mese" e roba del genere, spalleggiati da colleghi, simpatizzanti, bravi cittadini qualsiasi, chi più ne ha, più ne metta.
Allora la madre, o il familiare, che cosa fa? Presenta un esposto. E continua a "credere nella giustizia" che è stata così tanto fatta. Su, dài, che ora magari verrà affrettata la "disciplina"; o anche no. Ho come il sospetto che Federico Aldrovandi, da Ferrara, anni 18 per sempre, nell'indefinito luogo in cui si trova ora si stia facendo, da un lato, delle risate grasse ma amare; e, dall'altro, che intenda far pervenire a sua madre un messaggio (tanto "Facebook" ce lo hanno pure i morti, oramai...) del tipo "Mamma, lascia stare, tanto è inutile. E' andata così e mettiti il cuore in pace. E che nessuno più mi rompa i coglioni."
Ecco, caro fratello, così va. Sempre. Passo quindi a darti le famose istruzioni.
Dopo che, eventualmente, sarò stato inviato fra i più da un paio di questurini, dichiara immediatamente che nella "giustizia" non ci credi proprio un cazzo e che può pure andare a farselo troncare nel culo assieme alle leggi, agli avvocati, ai giudici, alle galere, alle istituzioni, alla solidarietà e a quel porco di dio.
Vedi, fratello mio, io al limite sarei pronto a capire, e alla perfezione, il meccanismo della vendetta; ma non posso pretendere tanto e volerti trasformato in un Rambo che va a far fuori due o tre sudiciumi armati fino ai denti e addestrati militarmente. Potrei insegnarti qualcosa sulle piante velenose, ma non so se funzionerebbe. Ad ogni modo, se ti intervistano in tivvù (ma data la mia importanza, al massimo ti potrebbe intervistare Radio Peretola Internèscional), dichiara solennemente di cacare sopra la giustizia e su tutto il resto. Da qualche parte, su un foglietto, troverai la password di questo blog, sul quale farai un saluto a tutti da parte mia, meno che a uno, e inserirai il testo della canzone "Un blasfemo" di Fabrizio De André (il testo lo trovi su diecimila siti), con relativo video iutùbe.
Eviterai categoricamente di prendere contatto con altri "familiari di vittime", e specialmente con la sorella di Stefano Cucchi. Mi duole dirlo, ma l'unico che abbia mai sentito dire le cose giuste, almeno a caldo, all'inizio, fu il padre del fascista Gabriele Sandri; ma non prendere contatto nemmeno con lui sennò il mio fantasma ti viene a tirare le lenzuola. Guai a te se organizzi una "manifestazione per-non-dimenticare" perché voglio essere dimenticato, e possibilmente alla svelta. Lascia gli eventuali miei assassini in divisa dire quel che vogliono su Facebook, e se anch'io per caso verrò tacciato di essere stato "allevato come un maiale", vorrà dire che con me ci faranno i 'presciutto. Magari, poi, s'imbattono nella "mia" celebre paginona falsa, cominciano a blaterare "ma....ma a te 'un ti s'era ammazzato.....!?!" e gli piglia un coccolone secco (giustizia è fatta!). Nella mia tomba voglio una decina di settimane enigmistiche vuote con penna e bianchetto. Soprattutto, guardati bene dal presentare denunce, esposti, richieste di "giustizia", cazzi e mazzi; evitami, per favore, la presa per il culo dei "processi", e le galere io voglio che siano abbattute. Tutte quante, dalla prima all'ultima. Non scrivere non dico a Napolitano, ma nemmeno al segretario della Polisportiva Sant'Ambrogio. Beviti un paio di bicchieri alla mia salute, occupati del gatto (che glien'importa una sega a lui se m'hanno ammazzato, lui vuole la pappa e i grattini e fa parecchio bene) e ci avrai a disposizione una marea di libri per imparare lo slovacco antico e il laotiano meridionale.
Poi ti chiedere, in ultimo, una cosina un po' difficile; non so se te la senti, ma ci terrei veramente. Datti da fare per distruggere lo Stato, le sue istituzioni, la sua "giustizia", la sua polizia, tutto quanto. Perché tutto passa di lì, sai. Passa di lì, soprattutto, parecchia morte. Ma parecchia.
Ecco, questo e tutto. Poi, chiaramente, magari vai a stringere la mano ai poliziotti che t'hanno finalmente liberato da un fratello del genere e vai a festeggiare la mia dipartita alla trattoria "Da Gualtiero" di Sant'Angelo a Lecore. Ti capirei, caro fratello, credimi; infatti ti ho messo anche lo champagne nella foto. Ma intanto sarebbe meglio meno "solidarietà" del cazzo, meno richieste di "giustizia", e più [ ]. Lo spazio bianco riempilo tu, riempitelo tutti.