martedì 24 marzo 2009

Prào deve chiudere (Atto secondo)


Atto secondo: sì, perché, a Prào, evidentemente, un solo atto non basta. Non sono bastati i (quasi) giornalieri piagnistèi dalle colonne polipartisan di mezza stampa regionale e nazionale: dal “Tirreno” (che passa per essere di “sinistra”) alla “Nazi/One”, dal “Giornale della Toscana” fino a tutti i quotidianelli del gruppo “Poligrafici Editoriale”, quello che pubblica anche il “Piccolo” che persino i non propriamente sinistrorsi triestini chiamano affettuosamente “il Bugiardello”.

Stavolta, il praèse d'ordinanza è riuscito a esportare i piagnistèi persino da Michele Santoro. Sapete, il Santoro, quello che un tempo voleva “servire il popolo”, quello che cantava “Bella Ciao” con la sua voce che -decisamente- non ricorda quella di Lauri Volpi o di Di Stefano. Insomma, alla sua trasmissione “Annozero” è magicamente comparso nientepopodimeno che l'imprenditore praèse, non sappiamo se invitato o autoinvitatosi. E qui, prima di procedere, è necessario fare una doverosa precisazione.

Di questo 'mprendihòre, che per la crònaha si chiama Renato Cecchi ed è il padrone (anche se lì lo chiamano, chissà perché, patròn, della Santo Stefano), è stata riportata un'affermazione, precisamente dalla “Nazi/One”. Ora, chiunque conosca il blob giornalaro rappresentato dal “Quotidiano Nazionale” (QN) di cui la suddetta testata, assieme al “Giorno” e al “Resto del calzino Carlino”, è una componente, sa bene che qualsiasi cosa ivi riportata ha la stessa concretezza e credibilità dell'arsenale nucleare di Saddam Hussein e delle sue arcinote armididistruZZionedimassa. Comunque, l'articolajo della Nazi/One menziona la frase che segue, la quale sarebbe stata pronunziata dall'imprenditore in questione, che ci pregiamo di tradurre nel praèse in cui senz'altro è stata eventualmente concepita:

'E s'è alla 'hanna d'i' gàsse, 'e s'è disperahi. E la 'horpa 'e gliè de' governanti che c'hanno venduto alle Logihe d'i' Commercio.

Ripetiamo: non avendo visto la trasmissione, poiché la televisione è MERDA, si deve prendere la cosa con le molle; certo è che se il Cecchi Renato entrepreneur si fosse fatto scappare di bocca una mostruosità del genere, Prào non solo dovrebbe chiudere nonostante le bandierone itagliane da record, ma dovrebbe essere fatta chiudere a colpi di bomba al neutrone. Ve lo immaginate, voi che eventualmente leggete questa cosa, un “imprenditore” che accusa dei non meglio precisati “governanti” di aver la colpa di “vendere alle logiche del commercio”? E di che cosa dovrebbe essere fatta, una qualsiasi attività imprenditoriale, se non di “logiche del commercio”? Di beneficienza? Di fede, speranza e carità?

Peraltro, le “logiche del commercio” in salsa praèse sono notissime e ben utilizzate; e, nonostante la disistima che nutro verso governi e governanti in genere, qui non mi sentirei proprio di attribuire a costoro i fondamentali demeriti della distruzione in corso del distr(u)etto tessile pratese. Distruzione che dev'essere attribuita in toto alle politiche demenziali, egoistiche, antisindacali, meschine e fratricide che ho sempre visto porre in opera da quelle parti; e pur non essendo granché quanto a preveggenza, sono anni ed anni che m'aspettavo un botto del genere. Non solo: mi aspettavo il botto e mi aspettavo anche i relativi piagnistèi contro governanti, cinesi, sindacati e chi più ne ha, più ne metta.

Si noti bene fra le altre cose: gli attuali piagnistei contro i governanti sono fatti rigorosamente e scrupolosamente senza nomi né cognomi; naturalmente, se al governo ci fosse stato ancora il Mortadella, i nomi e i cognomi si sarebbero sprecati (visto che il Mortadella aveva colpa anche dell'11 settembre, delle fosse di Katyn, dell'attacco a Pearl Harbor e del proditorio passaggio in armi del 38° parallelo). Poi ci sono gli ovvi cinesi; a tale riguardo, si deve notare come la cosa sia stata immediatamente “adottata” dall'etrusca destrònzia che vede qui un'ottima occasione per il tanto agognato ribaltone (e che invece, oso ipotizzare, lo prenderà nuovamente nel kiùlo -com'è giusto che sia).

Mi è capitato, una mattina in cui per indisponibilità della mia scassata autovettura ho dovuto svenarmi per affrontare un viaggio in taxi, di beccare giustappunto un tassista de derecha che era sintonizzato con l'autoradio di bordo su “Radio Studio 54”. Ospite era il sen.(zavergogna) Achille Totaro, un tizio fatto rimanere per centocinquant'anni “studente universitario” per fare il dvcetto dei destr'giovinott' e da lì “promosso” parlamentare. Ad un certo punto della trasmissione interviene un “ascoltatore” -singolarmente d'accordo con il Tota(n)ro e ancor più singolarmente lasciato in onda per mezz'ora quando -usualmente- a chi interviene in trasmissioni consimilari con il politicante di turno viene a malapena lasciato il tempo di una domandina. L' “ascoltatore”, che si qualifica come praèse, inizia immediatamente con la geremiade sui cinesi; al che, il sen.(zapudore) fascista prorompe in un'accorata esclamazione con tono da fare invidia al fu Mario Merola: Madonna mia! Certo che v'hanno davvero schiantato, rovinato questi cinesi! Risparmio il seguito, anche perché è facilmente immaginabile. Prào, come qualsiasi cosa in Toscana, è un boccone troppo ghiotto per questi cialtroni; un boccone che gli 'mprendihori alla Cecchi, quelli che accusano i governanti, stanno cercando di servire su un piatto d'argento alla fascisteria locale, cavalcando la crisi e cercando soprattutto di attribuirla a tutti quanti fuorché ai veri colpevoli: loro stessi.

Ce l'hanno coi sindacati: ma quali sindacati, quale spauracchio della sindacalizzazione che avrebbe contribuito, a loro dire, allo sfacelo attuale? Sembra di risentire il famosissimo luogo comune che fa il paio coi “negri col ballo nel sangue” o col “non esistono più le mezze stagioni”: sono i sindacati, la colpa della rovina. I sindacati che, per essere elusi, scansati, messi a tacere, bypassati (per usare un termine “in”), hanno dovuto ingoiare la frammentazione dell'intero tessuto economico, le dittarelle con meno di quindici impiegati al di fuori dello Statuto dei Lavoratori, la riduzione a “concertatori”, anzi, peggio, a aiuto-concertatori. Se c'è una colpa, vera, che i sindacati hanno è proprio questa: essere stati proni alle politiche dissennate di un'intera classe imprenditoriale le cui azioni al limite del criminale sono finalmente venute a galla.

Se Prào vuole davvero vivere, se da questo “Prào” che uso volutamente a dispregio vuole ridiventare Prato, con la “t” e con la qualifica di città (che mi ostino a far corrispondere alla “polis” prima greca e poi toscana), si liberi prima di questi loschi figuri, di questa classe di crassi mascalzoni che prima fanno i loro comodi finché la barca va, e che poi, quando la barca affonda, non trovano niente di meglio che organizzare finte manifestazioni strappalacrime col bandierone e lanciare accuse strampalate. La loro Prào deve chiudere, e non riaprire mai più; nasca invece una Prato diversa, consapevole, davvero autrice del proprio destino e senza più piagnistei razzisti o razzismi piagnoni.