È singolare ma indicativo che un personaggino del genere parli di "ambiguità", lui che da un lato occupava il centro sociale d'ordinanza (il "Pedro" di Padova, nel 1987) per poi candidarsi a sindaco nella medesima città; lui che faceva le "dichiarazioni di guerra" ai leader mondiali (ve ne ricordate?) per poi finire ènema (*) e core dalla parte della sbirraglia e dei delatori. Un altro che getta la maschera? Direi di no, visto che -a mio parere- la aveva già gettata ben prima; una presuntuosa nullità, ancorché discretamente abile nel promuovere se stesso e le sue ambizioni. Nulla di nuovo sotto il sole; spiace soltanto per coloro che, tanti o pochi che siano, gli sono andati dietro in buona fede. Alla prova dei fatti, il disobbediente si è rivelato un perfetto Obbediente, un piccolo servetto già pronto (nonostante la piccata smentita espressa nella parte finale dell'intervista) per una bella poltroncina. Non so se gliela offrirà Vèndola, ma certamente lui còmprala.
Il livore con cui l'Obbediente affronta gli avvenimenti del 15 ottobre è, del resto, lo stesso di tutti i suoi compagnucci ai quali il duro benvenuto nella realtà deve aver fatto parecchia bùa. Poiché è tanto obbediente, le argomentazioni che sciorina nell'intervista obbediscono appunto a tutto il manualetto che il "partito di Repubblica" (nel quale rientra a pieno titolo) aveva probabilmente già approntato. Qualcuno si potrebbe chiedere in che cosa le sue affermazioni differiscano non solo da quelle di un Vendola, ma anche da quelle di un Bersani; ma sarebbe un esercizio abbastanza sterile, fine a se stesso. Il trionfo di banalità e di precotture sciorinate dall'Obbediente parla, del resto, da solo. Se ha qualcosa di positivo, è che dà esattamente la misura di tutta l'operazione montata su con la parata "indignata" del 15 ottobre. Il tempo, in questo periodo, corre veloce; i fatti e la realtà si occuperano di spazzare via definitivamente questa razzumaglia di sbirri, di politicanti e di piccoli e ridicoli opportunisti.
(*) non è un refuso.