Cianciano di "futuri", ma il loro "futuro" non va oltre qualche cosiddetta "soluzione sociale" che si astenga rigorosamente dal benché minimo scontro, neutralizzando qualsiasi opzione che contempli riprendersi il presente. Del resto, è forse possibile osservare qualche differenza tra quel che fanno e dicono, e ciò che si legge su "Repubblica" o le dichiarazioni dei vari politicanti che cercano di cavalcare la tigre? Tutti che invitano a "comprendere le ragioni", a condizione di stare buonini e di "isolare" chi buonino non è più disposto a starci; e a chi non ci sta, ci pensano direttamente gli "indignati" coi loro telefonini e con le riprese che portano solerti alla polizia. Si scrive "indignati" e si legge infami. Altro che "allegria" e "colore": le solite tristissime sfilate di zombies da Roma a New York, da Amsterdam a Madrid. Bovini che vanno al macello credendo di evitarlo coi megafoni, con gli striscioni e con le loro "nonviolenze" mentre la violenza autentica, quella dei potentati finanziari, delle speculazioni, del mercato e degli stati, passa loro addosso e li travolge con la loro gentile collaborazione.
Di fronte a tutto questo, è necessario considerare il fallimento completo di questa strategia, un fallimento che appare tanto più chiaro, quanto aumenta lo starnazzare monocorde e unisono di una "sinistra" che fa a gara di forcaiolismo con "Repubblica" e con le "istituzioni": davvero un ottimo esempio di "indignazione"! E' fallito il disegno di stemperare tutto in inutili passeggiate oceaniche che non smuovono e non smuoveranno mai niente, obbedienti alle direttive legalitarie; gruppi, sindacati, partiti ed ogni altra struttura che cercava di ingabbiare tutto quanto in una "protesta" senza nerbo e senza costrutto sono stati totalmente scavalcati. I loro diktat, le loro raccomandazioni, i loro appelli e le loro minacce sono state del tutto ignorate. Ad una finta "rabbia" a base di vuoti slogan e di passività all'interno di un sistema che si ha paura a mettere seppur minimamente in discussione, si è sostituita la rabbia vera, spontanea, non fraintendibile e incontrollabile, e che è stata praticata nell'unica maniera realmente possibile e efficace. Tra Piazza san Giovanni e piazza Tahrir c'è un legame molto più profondo di quanto tanti "sinceri democratici" di casa nostra, tutti "contro la violenza" e muniti dei loro videofonini di merda (che oramai usano pienamente come telecamere collegate alla Questura), siano disposti a immaginare; solo che piazza Tahrir è lontana, mentre piazza San Giovanni è nel cuore di Roma. La loro più sincera "indignazione", quella che espletano più volentieri, è per un cassonetto bruciato o per un bancomat scardinato, e persino per un blindato bruciato che solo un minuto prima faceva caroselli indiscriminati. Verrebbe da chiedersi seriamente quanti di questi "indignati" si siano strappati le vesti per Carlo Giuliani, e poi siano andati tranquillamente a denunciare una folla di carligiuliani che stava davvero prendendosela, la piazza; ma è una domanda che resterà, forse, senza risposta.
A costoro, e alle loro violente e infami "nonviolenze" e ai loro "pacifismi" complici, siano lasciati tranquillamente i giornali, le televisioni, i dipietri e i napolitani; e, soprattutto, sia lasciata loro la "ricerca delle cause" e dei "responsabili"; non a caso i loro idoli perfetti sono dei magistrati. Sia lasciata loro un' "indignazione" fine a se stessa, telecomandata e più falsa dell'oro di Bologna. Non sappiamo che farcene. E' partito il fuoco, e non importa tanto chi lo abbia acceso, bensì il fatto che si sia propagato immediatamente: ed è questa la cosa su cui è necessario ragionare seriamente. Così come in tutto il mondo, esiste (o è tornata ad esistere) una parte che è disponibile al conflitto, alla lotta, allo scontro. Non una vuota "indignazione", ma rabbia che agisce realmente come tale.
Nella foto: Vivere a Milano, via Mancini, 17 aprile 1975.