Una guerra, però, le cui vittime sono sempre le stesse. Donne di tutte le età, dalle anziane alle bambine. Il signor Pietro Fiorentino di Trapani, disoccupato e padre separato, stanotte ha compiuto un terribile riassunto di questa guerra: figlia di 8 anni, moglie di 39 e suocera di 77. Per aggiungere un'altra persona che, presumibilmente, non poteva nemmeno esercitare una pur minima difesa, ha ammazzato anche il cognato disabile. Poi, naturalmente, si è ammazzato pure lui, buttandosi dalla terrazza. Guerra sí, ma guerra di sterminio. La guerra esercitata dagli uomini nelle "famiglie" e al di fuori di esse non prevede combattimento, ma solo annientamento.
Di fronte ad episodi del genere, che sono quotidiani in questo paese e in tutti gli altri, esistono vari tipi di reazione, o "scuole di pensiero".
C'è chi raccomanda di non "reagire a caldo" e di lasciar sedimentare la cosa al fine di evitare "smentite" e "brutte figure".
C'è chi reagisce immediatamente, proponendo le sue considerazioni sull'accaduto e su tutte le questioni generali.
C'è chi non reagisce affatto, per differenti motivi. Ad esempio perché non se la sente o non ha nulla da dire al momento, oppure perché semplicemente la cosa non gli interessa.
C'è infine il "fine ragionatore", colui che "situa nel contesto", l'analista psico-sociologico, con i relativi inviti a "non generalizzare" eccetera.
Ciò che resta, sono quattro persone ammazzate come cani dal pater familias.
E anche gli elementi sono quasi sempre gli stessi.
1) Disoccupazione e crisi. Però le donne sono ammazzate anche da occupati, e a volte anche da occupati discretamente o molto bene. Sono ammazzate nei paesi in crisi come in quelli prosperi, in quelli alla fame come in quelli con la pancia piena. A mia conoscenza diretta, una strage familiare di queste dimensioni me la ricordo soltanto in un lindo paesino svizzero, quando abitavo da quelle parti.
2) Separazione, gelosia, stalking. Dalle testimonianze dei vicini emerge il consueto quadro: separazione in atto, litigi violenti, persecuzione continua da parte del pater familias (disoccupato e in crisi), stalking, denunce ignorate, assenza di una pur minima protezione. Uno dovrebbe ragionevolmente chiedersi: ma tutte 'ste gran forze dell'ordine, che stracataminchia ci stanno a fare? A arrestare i lanciatori di uova? A mettere sotto scorta Nello Rega? A manganellare gli operai (e i disoccupati) e gli studenti? A presidiare le sedi di Casapound?
3) Ruolo maschile. L'uomo, e particolarmente quello che tiene famiglia, deve occuparsi del sostentamento della sua proprietà privata. Quando non può (o non vuole) farlo, scattano i meccanismi distruttivi: Roba mia, vientene con me! Impossibilità di accettare la "sconfitta", in quanto una società borghese e capitalista intera ha trasformato tutto in una competizione, in "vittorie" e "sconfitte", in "vincenti" e "perdenti". Da qui l'estrema diffusione del termine "fallito", usato a dritta e a manca come uno dei peggiori insulti che si possano rivolgere a una persona. Un termine prettamente economico-commerciale. In periodi in cui esisteva una coscienza di classe, con la relativa e giornaliera lotta, si riusciva a far fronte a situazioni anche ben peggiori di quella della famigliuola col papà disoccupato. Scattava la solidarietà proletaria, mi scusassero per questo linguaggio volutamente "vetero". Non che nel proletariato le donne vivessero una situazione tanto migliore, ma almeno gli uomini si sentivano meno "falliti" per non poter offrire alla proprietà familiare l'ultimo iPhone o il televisore al plasma umano. In definitiva, parecchi fallimenti non derivano dalla mancanza di che mangiare tutti i giorni, che ora come ora proprio nel proletariato e nel sottoproletariato si registra la maggiore incidenza di obesità, ma dalla mancanza dei gadgets e degli status.
Di tutto ciò, chi ne fa le maggiori spese sono le donne. Ed è inutile girarci tanto attorno. Inutile fare tanti distinguo. Spese quotidiane. Altro che "SNOQ". Movimenti come quello non diranno mai quante vite umane, e in massima parte di donne, sarebbero potute non essere state interrotte in assenza di quei ruoli, di quella proprietà privata, dell' "istituzione" familiare, degli "amori" finalizzati esclusivamente alla produzione. Senza un cambiamento radicale, la guerra andrà avanti, implacabile, ogni giorno. Senza una coscienza di lotta capillare, non ci sarà nulla da fare a parte contare i morti. Anzi, le morte.
Anche per questo, io mi rifiuto di offrire vuota "pietà" nei confronti delle vittime di questa guerra. Non me ne frega nulla di lacrime e commemorazioni, sia nei confronti degli immigrati ammazzati dal nazirazzista in un mercato, sia delle donne massacrate ogni giorno dal padre di famiglia, più o meno "separato". Non me ne frega nulla di "ricordare" vite che, come ogni vita, avranno avuto sogni, speranze, gioie, delusioni, passioni, storie. Non è questo a cui è necessario tendere, vale a dire al pietismo cattolico che tutto appaga col "perdono" e con qualche applauso a delle bare.
Se questa è una guerra, deve essere combattuta. Non subita e basta. Per combatterla bisogna dotarsi di armi. E saperle usare. Anche una coscienza ben precisa è un'arma, e delle più micidiali. Una di quelle che fanno maggiormente paura. Per questo, tentano incessantemente di delegittimare e eliminare chi ancora ce l'ha, o chi si sforza di assumerla. Altrimenti, su, frignate pure su quattro persone uccise senza pietà dall'ennesimo padrone schiacciato da padroni più grandi di lui. Perché questa libera società non è nient'altro che una matrioška di padronati.