"Le note mortuarie che sogliono pubblicarsi dalla municipalità di Milano, portano pei gloriosi giorni di marzo tutto il pregio d'un monumento istorico.
Ma la maggior turba degli uccisi doveva ben essere tra li operai; le barricate e li operai vanno insieme ormai come il cavallo e il cavaliere. Il sacro mestiere delli stampatori ebbe cinque morti, e troviamo fra i morti anche un legatore. Vi sono tre macchinisti, un incisore, un cesellatore, un orefice. Dei lavoratori di ferro e di bronzo morirono non meno di quindici; onde pare che questa forte razza fosse tutta sulle barricate. Ed è pur glorioso all'arte dei calzolaj il numero di tredici uccisi. Dei sarti caddero quattro; tre cappellai; e venti tra verniciatori, doratori, sellai, tessitori, filatori, guantai e anche un parrucchiere. V'ha una decina di muratori, scarpellini e altre arti edilizie. L'agricoltura ebbe le sue vittime nel fittuario Molteni, in un giardiniere, un ortolano e sei contadini. Un cadavere diedero le guardie di finanza e due i valorosi pompieri. Abbiamo infine parecchi facchini e giornalieri, e altri ignoti di mestiere e di nome; sine nomine vulgus. L'unica relazione che forse potrebbero avere codesti registi col patriziato è una lista di circa diciotto tra servitori, cocchieri, cuochi e portinai, alcuno dei quali sarà forse morto per procura de' suoi padroni. Gloria e potenza a loro; e requie a lui!
Quei feriti che soggiacquero a morte più lenta, saranno nei registri d'aprile e maggio, che ancora non avemmo.
Grande più che non si crederebbe è il numero delle donne uccise; alcune lo saranno state per caso, ma molte per coraggio e per amore; e alcune per ferocia dei nemici, che non solo imperversarono nelle parti indifese della città, ma nascosti sopra le aguglie del Duomo, si piacevano ad avventare insidiosi colpi ai balconi interni e alle finestre mai chiuse. Vediamo indicata una levatrice, una ricamatrice, una modista e tra quelle che si dicono alla rinfusa cucitrici, alcune giovinette. Quante storie di semplice affetto, e d'inosservato dolore vi stanno riposte! O poeti, interrogate questi sepolcri, e siate poeti della vostra gente.
Noi, raccogliendo solo il sommario significato di questi aridi ruoli, ripetiamo che il sangue dei cinque giorni fu veramente versato dal popolo e al popolo se ne deve gratitudine e gloria. Fu questa la prima vittoria dell'Italia contro l'oppressore, e diciamolo pure, fin qui, è l'unica vittoria vera; li altri sono fatti d'arme, onorevoli quanto si vuole, ma senza valevole acquisto di terreno; anzi con perdita dolorosa, assidua, vasta, di provincie e di città.
Dio la cessi! Dio ne conceda capitani che ci conducano una volta alle promesse Alpi!
Alle Alpi, alle Alpi chi vuol la pace! I patrizi si rammentino che le paci di Campoformio non furono altro mai che fugaci e perfide tregue, e che il tributo dei milioni richiesti dal nemico gli darebbe solo lena e nervo a fare a buon tempo più tremenda vendetta.
Il prezzo della vittoria fu pagato dai poveri.
La vendetta del nemico cadrebbe sui ricchi!"