giovedì 24 dicembre 2009

Nobodymas


Lo sciopero era cominciato in luglio, tra i minatori del rame del Michigan. La protesta era stata scatenata dall'introduzione dell'one-man drill, la perforatrice comandata da un solo uomo con l'aiuto di un supporto; fino ad allora si usava il cosiddetto buddy system ("sistema col compagno", o "con l'amico"), o two-man drill. La macchina veniva comandata in due, con uno che la reggeva, e se succedeva un incidente uno poteva aiutare l'altro a cavarsela. L'one-man drill condannava il minatore alla solitudine e all'isolamento, oltre che alla consueta fatica malpagata; oltretutto, ciò comportava il dimezzamento della forza lavoro con il conseguente rischio della perdita di migliaia di posti di lavoro.


I minatori passarono poi a chiedere la riduzione dell'orario di lavoro a otto ore (se otto ore vi sembran poche, la giornata lavorativa era di dieci), e un aumento del salario giornaliero a tre dollari e cinquanta; i quali, anche considerando il potere d'acquisto, erano una miseria anche allora. Le compagnie minerarie, ovviamente, rifiutarono tutto quanto; alla fine dello sciopero, nove mesi dopo, accordarono però la riduzione a otto ore e l'aumento salariale, mentre non cedettero sul ritorno al two-man drill. Nel frattempo avevano orchestrato tutta una campagna di disinformazione e delegittimazione; i lavoratori in sciopero erano diventati facinorosi (bullies) e comunistacci (commies). Alla campagna di delegittimazione e denigrazione era stata, naturalmente, affiancato l'intervento dell'autorità: la Michigan State Militia, a cavallo, si occupava della repressione più dura in occasione delle manifestazioni e dei raduni degli scioperanti; non molto prima aveva attaccato la folla durante un rally, provocando otto morti. Inoltre, bande di persone al soldo delle compagnie (detti thugs, "tagliagole") intimidivano i lavoratori con minacce e pestaggi "ad hoc", specialmente nelle ore notturne. E poi venne Natale.

Annie Clemenic.

Per il Natale di quell'anno 1913, anche per dare un po' di respiro e una giornata di serenità ai lavoratori in sciopero e alle loro famiglie, una donna, "Big" Annie Clemenic, moglie di un leader operaio (e, a sua volta, presidentessa della "Unione delle Ausiliarie"), aveva organizzato una festa. Una bella festa di Natale tutta per loro, con regali, musica, balli, alberi addobbati. Fatta soprattutto per i figli dei lavoratori, che avrebbero così potuto passare un Natale come si deve in mezzo alla tempesta. Aveva affittato, per la festa, una sala al secondo piano della Società Mutua Beneficenza Italiana (la grafia "Beneficenza" appare così nell'insegna) di Calumet, detta comunemente Italian Hall. Italiani erano, del resto, parecchi minatori in sciopero; ma il motivo principale della scelta era che la "Sala Italiana" era l'unica abbastanza grande per poter ospitare una festa del genere.



Come tutte le feste natalizie, era stata organizzata per il pomeriggio del 24 dicembre. Allegria, il rumore dei regali scartati, l'orchestra, la gente che balla. Ad un certo punto, qualcuno entra nella sala gridando qualcosa: Fire! Vale a dire: Al fuoco!; uno stupido scherzo o, forse, qualcos'altro. Qualcosa di ben peggiore. Gruppetti di noti thugs erano del resto stati notati all'esterno dell'edificio.

Intuendo il pericolo, "Big" Annie Clemenic si affretta a controllare, e si accorge che non c'è assolutamente nessun incendio; torna nella sala e lo urla a gran voce. Troppo tardi. Il panico si è già impadronito di tutti, che si precipitano per le scale, verso l'uscita; nel frattempo, però, casualmente, sempre qualcuno si è occupato di chiudere la porta d'ingresso. Si tratta di una doppia porta: quella esterna si apre verso l'esterno, ma quella interna si apre verso l'interno; altrettanto casualmente quella chiusa è proprio quella interna. La folla in fuga trova la porta sbarrata, e spingendosi rovina addosso a se stessa. È il massacro.



Settantatré persone vengono schiacciate a morte sulla scala d'uscita; oltre la metà di esse sono bambine e bambini tra i 6 e i 12 anni. Alcuni di loro, accatastati come oggetti, si vedono nella foto sotto il titolo. Non si è mai saputo, dal 1913, chi sia stato a entrare nella sala gridando al falso incendio; anche se è abbastanza facile intuire chi potesse avere lo stupido interesse a giocare un atroce tiro del genere. Alcune ipotesi vengono fatte in questa pagina, proveniente da un sito interamente dedicato alla strage di "Natale" di Calumet (e dal quale sono state tratte tutte le foto qui presenti).

Le vittime, sebbene la tragica festa si stesse svolgendo presso un'istituzione della comunità italiana, furono quasi tutte di origine scandinava, e particolarmente finlandese (questo spiega la dicitura in lingua finlandese sulla foto della rampa di scale); di origine italiana furono soltanto poche. Ma c'era mezzo mondo comunque: croati (come la stessa Annie Clemenic, ovvero Klemenić) , svedesi (come Joe Hill), lituani, tedeschi. Alcuni dei ragazzi più grandi morti su quella scala si preparavano, probabilmente, a scendere giù in miniera di lì a non molto tempo. Sul massacro di Calumet, poi, Woody Guthrie scrisse una famosa canzone. È qui sotto, con la sua chitarra ammazzafascisti.



E con questa storia lontana, lontanissima tutto intendo fuorché augurarvi "Buon Natale". Bisogna proprio che ve lo dica. Non è fatta per questo. Calumet, 24 dicembre 1913: uno delle centinaia di migliaia di luoghi, nel mondo e nella storia, dove il signor Yehoshua doveva essere in tutt'altre faccende affaccendato. Non nacque affatto; morirono invece decine di bambini dimenticati. Morirono gli Hakkinen, gli Aaltonen, gli Isola, i Lindström, i Kotsijärvi, i Mihailovic, i Millykangas. Tutti nomi troppo strani, buoni solo per essere trasformati in nessuno. Nobodymas.