giovedì 13 maggio 2010

Il sogno di Piero


Per alcuni anni, il newsgroup e la mailing list dedicati a Fabrizio de André sono stati dei luoghi irripetibili: Beautiful things are for few moments. Meglio così, forse. Il 20 marzo 2001, alle ore 21.33, nella mia fumosissima stanza di Livorno dove abitavo allora, mi scattò una specie di molla. Era una cosa frequente, allora, e non soltanto per me. Presi due canzoni di Fabrizio De André, "La guerra di Piero" e "Il sogno di Maria" (da "La buona Novella") e ne mescolai i versi sull'aria della seconda canzone. Ne venne fuori la cosa che vedete qua sotto. Attribuirmene la paternità è dunque cosa assai ardita: nessuna delle parole che compongono questo testo è stata scritta da me. Al tempo stesso, però, ne sono il mestatore, il frullatore, il contaminatore. Non so esattamente perché proprio stasera, più di nove anni dopo, mi sia tornata a mente questa cosa; ma una ragione ci dovrà pur essere. E mi fermo qui perché altro proprio non saprei dire, e altro probabilmente non c'è da dire. Qui sotto c'è il "Sogno di Maria" originale cantato da De André, se qualcuno volesse immaginarsi di cantarvi sopra questo guazzabuglio.




Nel grembo umido del campo di grano
L'ombra era fredda come un tulipano.
Ninetta scese, come ogni sera
Ad insegnarmi una nuova preghiera:
Poi d'improvviso, dall'ombra dei fossi
Braccia come dei papaveri rossi,
Quando mi chiese: Conosci l'estate?
Io, fra i cadaveri di quei soldati
Corsi a vedere i lucci argentati.

Volammo alle sponde del mio torrente,
Portati in braccio dalla corrente,
Poi scivolammo, ed era d'inverno
E come gli altri verso l'inferno.
Scendemmo là, proprio come chi deve
A cercarci da soli, in faccia la neve
E lui parlò, disse: Fermati Piero!
Ed alla fine di ogni sua voce,
Chi diede la vita ebbe in cambio una croce.

Le ombre lunghe, ed il tempo passava
Coi sacerdoti a passo di giava;
Con le ali di prima, d'identico umore,
Con il braccio nudo e d'un altro colore.
Poi vidi un uomo là in fondo alla valle,
Il volto severo, con l'anima in spalle,
Nel gesto immobile, sparagli ora,
E dopo un colpo, sparagli in cuore,
Ninetta, gli occhi di un uomo che muore.

Voci di strada e senza un lamento,
Mi rubarono al sogno in un solo momento,
Sbiadì l'immagine, crepare di maggio,
E l'eco lontana di troppo coraggio.
Ripeteva d'andare diritto all'inferno
Dove forse era un sogno, un sogno d'inverno;
Svegliati Piero, su, stringi il fucile!
E confuse in bocca stringevi parole,
Gelate nel sogno per sciogliersi al sole.