1) Ieri è morto l'ennesimo paio di militari italiani in Afghanistan;
2) Non gliene frega più un cazzo a nessuno.
Il post, a rigore, potrebbe finire qui. Il succo è questo. Ciò che segue sono soltanto considerazioni sparse.
Prima. Oramai nemmeno al tiggì Unto di Scondinzolini si azzardano più a chiamarli eroi e a tirare in ballo la missione di pace. Si devono essere finalmente accorti (magari leggendo qualche blog a notte fonda, di nascosto) che in Afghanistan c'è la guerra, e che i militari -italiani e di qualsiasi altro paese- sono lì a farla. Fanno parte di una forza di occupazione multinazionale, sono lì per combattere, e stop. Del resto, lo disse persino uno dei caduti italiani, qualche tempo fa: "Ma quale missione di pace, io sono qui a fare la guerra!" Più chiaro di così. Non c'è nessun eroismo. Chi va in Afghanistan, oltre che per fare la guerra ci va per una bella paccata di soldi. Ogni giorno di permanenza dell'Italfor in Afghanistan costa al paese milioni, mentre si tagliano le spese sulla sanità, sull'istruzione e su tutto quanto; tutto questo per una guerra persa. La guerra al terrorismo di Bush è peggio del Vietnam. In Vietnam si sapeva che, prima o poi, ci sarebbe stata una fine; qui no. E intanto dissangua paesi interi.
Seconda. L'indifferenza generalizzata oramai si tocca con mano. I caduti? Nessuno ne parla in giro, come se non fosse successo niente. Ci sono le lotte interne nel PDL, c'è il calendario del campionato di calcio, ci sono le ferie imminenti, Belen che sniffa e tutto il resto. Sui giornali la notizia è stata relegata sin dall'inizio in secondo piano. Ci sono i reportages precotti dei telegiornali, che seguono immancabilmente un preciso rituale; prima il fatto, poi l'ultima intervista ai caduti (essere intervistati dalla tv italiana deve portare uno sculo micidiale: ogni volta che intervistano qualche militare dopo venti giorni, pàm, è vittima di un agguato), e poi il clou: i servizi sulle famiglie. A tale riguardo, bisogna notare che i caduti sono:
a) tutti quanti sposati con giovani mogli;
b) hanno già almeno un figlio e la giovane moglie è sempre di nuovo incinta;
c) le famiglie, tramite un portavoce (assai gettonato un cugino), mostrano sempre un dolore composto, come si confà alla maschia italica stirpe;
d) Il cugino-portavoce dichiara invariabilmente che il caduto sognava quella vita fin da ragazzino;
e) Il caduto ha almeno nell'84,52% dei casi un fratello pure militare, e pure impegnato in qualche altra missione di pace.
Terza. Appello alle giovani donne italiane: lasciate perdere questi coglioni la cui vera passione nella vita non siete né voi, né la famiglia e né nient'altro: a questi piace giocare alla guerra, possibilmente guadagnandoci dei bei soldoni. Passano da una missione di pace all'altra saltapicchiando fra Libano, Iraq, Afghanistan e Kosovo. Non li sposate, ché sennò diventate vedove dal dolore composto. Fra una missione e l'altra vi mettono incinte e se ne tornano a giocherellare fra mine, blindati, bazooka, cazzi e rebrechè. La missione umanitaria e di pace la fa Emergency, non loro; e, infatti, quelli di Emergency non sono eroi, ma sporchi comunisti. Quando il vostro maritino militare vi comincia a dire che vuole andare in Afghanistan a portare la pace, e che coi soldi che guadagnerà vi potrete fare una bella casetta, chiedete subito la separazione. I casi sono due: o tengono davvero a voi e alla famiglia, e allora fanno marcia indietro; oppure di voi non gliene frega proprio niente (perché, se gliene fregasse davvero, non andrebbero a farsi ammazzare volontariamente dato che non sono soldatini coscritti), e allora mandateli al gas e cercatevi un bel carpentiere edile, un traduttore e interprete, un professore di biologia, persino un precario made in Biagi & Sacconi, per fare da padre a vostro figlio e per farvi rimettere incinte se lo volete proprio.
Quarta ed ultima. La propaganda non funziona più. Non si sente più nemmeno un "poverini!" dalla vecchietta sull'autobus. I reportages a base di eroismi e giovani vedove incinte sono sempre più brevi e guardati con la massima indifferenza, per non dire fastidio. Le nostre città sono state impestate di targhe stradali dedicate a un gruppo di militari morti a guardia di una preziosa raffineria dell'ENI (i Caduti di Raffineriyah), ma non c'è nemmeno un cortile condominiale dedicato ai militari professionisti morti in Afghanistan, e più che altro nemmeno una piazzetta secondaria di un villaggio fatto coi mattoncini del Lego dedicato alle centinaia di migliaia di civili morti in Iraq e in Afghanistan.
E intanto, però, la missione di pace puppa soldi e risorse a non finire; e quando sei lì a aspettare sei mesi che ti facciano una radiografia, oppure crepi allegramente in attesa dell'operazione, oppure la scuola pubblica dà ai tuoi figli un'istruzione che avrebbe solo bisogno di una "d" iniziale per essere definita per ciò che è, pensi ai gloriosi italici caduti per andar dietro alle malefatte di un petroliere texano; e anche se forse non è giusto, arrivi, in sala d'aspetto con l'aria condizionata che non funziona, a mandare in culo persino le giovani vedove costantemente incinte d'un morto.