lunedì 19 luglio 2010

Vivere in piedi


Ora, leggendo il titolo del post (corredato dall'illustrazione dell'imperatore Ottaviano Augusto), penserete magari di accingervi a leggere una cosa importante, una dignitosissima (e assai pallosa) tiratona da blogger, un'affermazione d'immortali princìpi. Invece, la cosa è terribilmente terra-terra e dev'essere presa nel senso letterale del termine. Da tre giorni ho una crisi terrificante di dolori cervicali che mi impedisce di coricarmi e mi crea difficoltà estreme anche nello stare seduto. Senza un minutino di tregua che sia uno. Praticamente non dormo da tre giorni, a parte qualche pausa da sfinimento. L'unico sollievo consiste nel restare in piedi.

La scorsa notte, spinto dal dovere e anche dal fatto che, tanto, non avrei dormito, mi sono recato al turno notturno. Il problema è che, generalmente, non si può guidare da ritti; e allora, come il protagonista del Corvo di Edgar Allan Poe, ho assaporato il dolore quasi fosse un vino buono (mettiamo una botte di Amontillado, tanto per restare su Poe e anche su un vecchio fumetto dello Zio Tibia). Poco dopo l'arrivo in centrale, ci hanno chiamati per un classico dell'estate: la vecchietta che non respira. Le vecchiette non respirano mai di notte, e ci credo: anche con quaranta gradi tengono tutto tangato perché hanno freddo, e si entra in certe case le cui finestre non sono state più aperte dai tempi della guerra franco-prussiana. Ovviamente la vecchietta è arzillissima, respira assai meglio dei disgraziati soccorritori asfissiati, satura a 99 e ha soltanto voglia di rompere i coglioni; ma ha novant'anni e bisogna, visto che lo desidera fortemente, portarla all'ospedale. Ché di morire non ce ne ha la benché mimima voglia.

All'ospedale di Ponte a Niccheri, ieri notte, hanno visto una scena che si ricorderanno a lungo. La vecchietta in barella, quella che non respirava, che berciava non si sa cosa con una riserva di fiato quasi inesauribile; ed un soccorritore inteccherito, sofferente, sul punto di dare forfait. Risultato: la soccorsa dimessa all'istante dopo una visitina, e il soccorritore in sala triage a codice verde. Ero io. Mi hanno dato una prognosi di sette giorni, ordinandomi di tornare e casa e di non provare a guidare nemmeno un monopattino. Una brutta infiammazione non muscolare, ma nervosa: si chiama radicolopatia cervicale, ma con un elementare cambio di lettera l'ho subito ribattezzata ridicolopatia. E, in effetti, mi sta costringendo a vivere in modo piuttosto ridicolo.

Innanzitutto, una barcata di soldi spesi in medicinali, dal Lixidol al Sirdalud Tizanidina (31 euro!) passando per un fantasmagorico Olio di Foucaud, detto anche Olio del Legionario. Qua e là anche il classico nimesulide e la pomata Muscoril per traumi, che è più forte. Ma sarebbe nulla, questo; il fatto è che stare a sedere mi fa male, stare sdraiato mi fa peggio, e oramai sono arrivato alla decisione (questa sì, mehercle, da antico romano!) di andare avanti fin quando non cascherò per terra vinto dalla stanchezza. Altro non c'è da fare. Bisogna che campi in piedi, perché in piedi è l'unica posizione in cui sto meglio; e mi sono dovuto attrezzare.

In fondo, ogni cosa -anche la più sgradevole- può essere resa interessante e nuova. Oh, in fin dei conti per giornate intere in piedi non ci ero mai campato e, credetemi, cambiano le prospettive se si vuole andare avanti in mezzo al dolore che non passa. C'è pur sempre una vita quotidiana. Questo post, ad esempio. Per scriverlo, bisogna che batta sulla tastiera del computer. Ho preso quindi il portatile e lo ho sistemato in cima ad una pila di dizionari formati dai ponderosi quattro volumi dello Olasz-Magyar és Magyar-Olasz Szótár (Vocabolario italiano-ungherese e ungherese-italiano) di Eugenio Koltay-Kastner e Gyula Herczeg. In questo modo posso scrivere in piedi, proprio come Fernando Pessoa nella sua giornata trionfale in cui scrisse tutto il canzoniere di Alberto Caeiro. Giro di continuo per la casa facendoci quasi il solco e fumando come una ciminiera; bevo acqua minerale perché, con la robina che mi tocca prendere, non potrei permettermi nemmeno un rosolio. Intanto quella maledetta cervicale si espande, è in corso una specie di battaglia della Marna all'altezza dell'avambraccio sinistro e non è escluso di vederci prima o poi pure qualche tassì (e se non cogliete il riferimento, studiate la storia, cialtroni). Vivo in piedi, in questo 19 luglio in cui si commemorano bombardamenti e attentati; speriamo che 'sto Lixidol funzioni, e nel frattempo ho assunto una quantità tale di Olio del Legionario da farmi considerare l'idea di arruolarmi.

Ma poi, in fondo, la cosa che funzionerà di più sarà del tutto a gratis. Non ha bisogno di nessuna farmacia. Si chiama non pigliare il dolore sul serio, e anzi prenderlo discretamente per i fondelli. Oltretutto, 'sta ridicolopatia potrà servire da utile allenamento se e quando avrò da affrontare cose ben più gravi. Ci sarà, magari, da vivere in piedi per davvero, un giorno; e mi preparo a modo mio.