martedì 15 marzo 2011

Cacciatevelo nel culo


Percorro la città a due giorni dalla Festa dell'unità, in un pomeriggio da un lato livido e piovoso, e dall'altro tiepido. "Tricolori" ovunque. Finestre imbandierate come durante i mondiali di pallone; e mi sale tristezza, malessere, vomito. Ci sarà una buona quota di tricolorati per l'innato fascismo di questo paese; e ce ne sarà anche una buon'altra per la quale il "tricolore" è diventato una specie di simbolo di una "resistenza" buffa e idiota come ciò contro cui si vorrebbe "resistere"; tipo la Lega. E così si espone questo simbolo, senza nemmeno chiedersi un attimo che cosa ha significato davvero, in questi centocinquant'anni. Come allo stadio, perché lo stadio è la vera misura della coscienza italiana. E che cosa ci avrebbe dato, questa "Italia unita"? Vogliamo andare a vederlo un po'?

Appena nata, ci ha dato la distruzione del Meridione, scatenando una guerra sanguinosa e senza quartiere. Ci ha dato Pontelandolfo e Bronte. Ci ha dato la trasformazione del Sud in un deserto sociale e economico. Ci ha dato le fregole dell'irredentismo e del posto al sole, mentre la macchina dello stato già scatenava la repressione più feroce nei confronti delle lotte di classe; ci ha dato Passannante spezzato perché voleva marciare sulla testa di un re. Ci ha dato il maggio del 1898 a Milano e Bava Beccaris decorato: ci ha dato, negli stessi anni, la nascita di un capitalismo ottuso e assassino, e i voltagabbana che dal socialismo passavano con la massima disinvoltura dal pacifismo all'interventismo nel nome della patria. Ci ha dato un terremoto con centoventimila morti che non si riusciva nemmeno a sapere dove fosse battuto; eppure era all'interno della nazione. Ci ha dato una prima guerra in cui una generazione intera di contadini è stata mandata al macello, perché i padroni ne avevano estremo bisogno; e ancora una volta, ecco la patria e la bandiera. Quella cosa che quando vuole i tuoi soldi si chiama stato, e quando vuole la tua pelle si chiama patria.



E ci ha dato poi vent'anni di galera, tutti a base di tricolori, di sacri destini, di imperi, di treni in orario scordando che la gente non aveva nemmeno di che comprare il biglietto; ci ha dato ragazzini di sei anni vestiti da Balilla, sessismo e machismo eletti a fondamenti del regime, ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri. Ci ha venduto l'illusione di essere una "potenza" quando invece eravamo un paese di servi osannanti che inneggiavano a una farsa. Ci ha dato un ridicolo ometto col cranio pelato. Ci ha dato le aggressioni a popoli che non ci avevano fatto niente, e che sono stati sterminati con la tragica barzelletta della brava gente, delle strade e dei ponti. Ci ha dato i volontari che andavano a dare man forte a un generale traditore. Ci ha dato la razza italica e le sue leggi patibolari. Infine, un'altra guerra. E riecco i tricolori, tattarattà zum zum, e eroiche invasioni di paesi già invasi, e reni spezzate, e armate congelate a morte, e città distrutte, e centinaia di migliaia d'altri morti; e ci ha dato un eroico re che aveva tenuto bordone al regime per vent'anni per poi scappare a gambe levate nel momento in cui della famosa unità tanto strombazzata ci sarebbe stato un barlume di bisogno. Ci avrebbe dato la fine, se non fosse stato per delle persone che dissero no. Solo che queste persone non combattevano affatto per la patria, ma per una classe; avevano sì bandiere, ma molto diverse da quel tricolore che grondava la sua consueta mistura di sangue e merda. Qualcuno, poi, la bandiera non ce la aveva e non voleva avercela. E non voleva avere divisa, come in Spagna. Combattevano per l'umanità e per l'uguaglianza, non per una "nazione"; e furono sconfitti con la peggiore delle disfatte, quella d'essere trasformati in mito fondante d'una repubblica borghese clericale a base del solito tricolore, dei soliti questori, dei soliti preti, della solita maggioranza più o meno silenziosa.


E ci ha dato Scelba. Ci ha dato un concordato firmato da uno che tanto valeva non fosse neppure appeso per i piedi, visto che il suo apparato continuava a dettare legge anche nella cosiddetta democrazia. Ci ha dato amnistie ai fascisti, anche a cura del grande capo e faro del proletariato Palmiro Togliatti, e repressione senza quartiere nei confronti di chi credeva di avere lottato per cambiare ogni cosa. Ci ha dato un finto boom economico che in realtà ha finito di distruggere quel poco di buono che era rimasto; ci ha dato lo scempio del territorio, l'avvelenamento di fiumi e mari, il suicidio automobilistico, l'immigrazione interna verso la schiavitù delle fabbriche. Ci ha dato il rincoglionimento televisivo e un'informazione asservita ai potentati. Ci ha dato il panzone di Spadolini. Ci ha dato presidenti golpisti e ex repubblichini in panciolle a godersela. Ci ha dato il divieto di ricostituzione del partito fascista inserito in una "Costituzione" che ora si vorrebbe difendere quando invece andrebbe buttata nel cesso assieme a tutto il suo stato. Ci ha dato un'alluvione che costrinse un coraggioso giornalista a sporgersi dalla finestra con un microfono per far sentire cinque metri d'acqua sotto di lui, mentre la Repubblica era impegnatissima a celebrare la "vittoria" con tricoloroni, forze armate, ministri, tromboni e bavosi d'eguale risma.

Ci ha dato i suoi fulgidi statisti, mezze calzette, burattini al servizio di Santa Chiesa Romana Kattolika e Apostolika. Ci ha dato una finta democrazia, sempre che la democrazia borghese e "rappresentativa" sia vera (cioè no). Ci ha dato mafie e camorre di ogni tipo. Ci ha dato lo sterminio di una generazione intera che si era, in qualche modo, ribellata. Ci ha dato i suoi servitori, il commissario santificato, il generale sacrificato, l'eroina pubblica messa in circolo. Ci ha dato i suoi tricolorissimi servizi, il Gladio patriottico, bombe sui treni, nelle piazze e nelle stazioni; ci ha dato altri terremoti per costruire autostrade sulle macerie durate decenni e per farsi tanti, ma tanti bei soldoni. Ci ha dato l'istupidimento atavico, i circenses del pallone, i culi e le tette, e giù tricolori su tricolori lamentandosi però che non amavamo la bandiera. Ci ha dato una scuola ora da anni bella tricolorata, e abbattuta, e gelminata, e tutti in fila per tre ché i bravi studenti stanno a studiare e non fanno casino mentre tutti i fondi vanno alle scuoline cattoliche, svizzere, americane, leghiste, Steiner, esclusive. Ci ha dato, la nostra bella bandiera, lo sconcio del patrimonio artistico e paesaggistico, città caotiche e invivibili, e il considerare la parola cultura come una bestemmia.


Ci ha dato il precariato, l'abulia, la rassegnazione qualunquista, il mugugno inconcludente, l'abitudine a prevaricare, il razzismo sempre più terribile e diffuso. Ci ha dato un altro nanerottolo che è semplicemente l'espressione perfetta di un popolo che sa esistere solo nella nanezza. Ci ha dato le sane province delle stragi e degli stupri in famiglia, delle donne massacrate a centinaia ogni anno, dei branchi di periferia, dell'analfabetismo cellulare, delle veline, dei famosi, degli Amici, delle notizie strisciate ad usum del padrone. Ci ha dato "presidenti" ottuagenari che vorrebbero farci essere "fieri" di essere italiani. Ci ha dato la carogneria più assassina e gli spot elettorali su un altro terremoto. Ci vuole dare le centrali nucleari su un territorio tra i più sismici al mondo. Ci ha dato un blob abusivo di un milione di abitanti alle pendici di un vulcano attivo specializzato in nubi ardenti; e ci ha dato la caduta delle rovine di quella città che ne fu sepolta due millenni fa. Ci ha dato la voglia di scappare per sempre. Ci ha dato l'affidamento della "resistenza" a degli schifosi mandaingalera, i Borrelli, i D'Ambrosio, le Boccassini. Ci ha dato galere dove si muore e basta. E lustrini, paillettes, indignazioni per il terrorista scappato quando lo stato ci terrorizza ogni minuto, forte coi deboli e debole coi forti. Ci ha dato Genova. Ci ha dato Stefano Cucchi. Ci ha dato gli Ultras Italia, i loro saluti romani negli stadi, gli slogan fascisti, le croci celtiche sugli immancabili "tricolori". Ci ha dato degli intellettuali tronfi e autoreferenziali. Ci ha dato un nazionalismo sì da operetta, ma che al momento giusto è sempre pronto a manifestarsi nel modo più orrendo. Ci ha dato i barconi e la Katër i Radës.



Ci ha dato Lele Mora. Ci ha dato Giuliano Ferrara. Ci ha dato tutto questo, e migliaia e migliaia di altre cose del genere. E allora, quel "tricolore", cacciatevelo nel culo visto che tutte queste cose che ho detto le conoscete benissimo. O forse no? Ma non avete nessun motivo per essere "fieri". Perché non c'è proprio nulla da "festeggiare", il 17 marzo. Ci sarebbe soltanto da rifiutare che quello straccio, al pari di tutti gli altri stracci del genere, fosse esposto; e che la storia cambiasse. Senza stati, senza "unità", senza nazioni, senza niente. Nostra "patria" non è neppure il mondo intero, perché patria non deve esistere.