venerdì 4 marzo 2011

Questione di mele.


Non ho nessuna passione per le mele. Mi allappano la bocca e sono banali. Toglieranno anche il medico di torno, ma del resto si diceva pure che si campava cent'anni bevendo birra. Le mele di ora, poi, sono praticamente prodotti industriali passibili di pubblicità televisiva; tutte belle lucide, rosse e false. Però, stavolta, è opportuno spezzare una lancia in favore delle mele; non hanno nulla, ma proprio nulla, a che vedere con le mele marce invocate per giustificare e coprire malefatte e violenze delle "istituzioni". Le mele marce sono quelle che si vedono nella foto: frutti che subiscono un processo naturale di decadimento e decomposizione organica. Quelle e basta. Hanno una buccia, non una divisa. Hanno dei semi, non una pistola. Hanno un torsolo, non manette.

I solerti carabinieri arrestano una donna per aver rubato dei vestiti, e la violentano in caserma per soddisfare le loro voglie di maschi di merda? Mele marce. La banda di poliziotti fascisti semina il terrore per mesi e mesi in Emilia Romagna? Mele marce. Il ragazzo magro viene pestato a morte in galera? Mele marce. Le ex fidanzate, le mogli, le figlie adolescenti che vanno troppo su Facebook sono stalkate, minacciate e infine ammazzate con l'immancabile arma di ordinanza? Mele marce. I vigili urbani tartassano di multe e controlli l'ambulante marocchino fino a portarlo al punto di darsi fuoco? Mele marce. Per non parlare di quando un esercito di mele marce marciava compatto dentro la scuola Diaz e nelle strade di Genova, massacrando persino i medici in servizio: in quel caso, davvero, le mele toglievano il medico di torno. A manganellate, coi calci dei fucili, sparando. A Bolzaneto ci dev'essere stato, nel luglio 2001, il congresso mondiale delle mele; che saranno state anche marce, però erano armate fino ai denti.


Genova, luglio 2001. Il signore nella foto è un medico.
Due mele lo hanno appena tolto di torno.

Di marcio, invece, c'è soltanto una cosa; e non è una mela. Di marcio c'è il servitorame in armi di cui si serve lo stato. Anche quando non picchia. Anche quando non reprime. Anche quando non ammazza. Anche quando fa finta di "aiutarti". Anche quando fa il buono, il paterno, il sorridente, il personaggio televisivo, il salvabambini e quant'altro. Basta un ordine e il maresciallo Rocca ti spara, sai. Basta il famoso raptus e sfodera la pistola in dotazione e ti secca mentre clicchi su "request friendship". Basta che ci sei stata fidanzata per un mese, e sei sua per sempre; ma talmente per sempre da finire a marcire in un fosso di pianura, e tu non sei una mela. L'ometto con la divisa, con l'arma, con l'investitura di forza pubblica, di mantenitore dell'ordine; l'ometto che obbedisce, e non si chiede mai in che cosa consista per davvero quell'ordine che gli dicono di mantenere.

Il controllo, e arma spianata sul naso. La parola di protesta o di spiegazione, e ti portano via. La lite familiare e i commenti su quella puttana che osa non stare al suo posto in casa (e questa l'ho sentita coi miei orecchi, non molto tempo fa, durante un intervento). L'improcrastinabile bisogno di passare col rosso senza sirena per portare ad accertare le generalità di una pericolosissima prostituta ucraina, e la ragazzina diciottenne è spiaccicata sul motorino. Poi, al programmone lagrimoso con il Budino (o Leccalecca) Sampdoriano, il Giullaron de' Giullaroni e l'Eroe Scavatopelato, ti propinano le cose di cui tutti siamo fatti, perché non siamo tutti fatti di scarpe volate dal quarto piano, di spari tra la folla che manifesta, di ragazzi inchiodati a una saracinesca o tirati giù a fucilate dal tetto di una galera. Marcello Lonzi è morto per un'indigestione di mele, come ben si sa. Franca Rame fu stuprata da un gruppo di Golden Delicious. Carlo Giuliani incappò in una Renetta dotata di fucile d'assalto. Al Gran Capo delle Mele ordinarono di schiacciare una generazione intera, e lui eseguì il compito alla perfezione finché una sera, in via Carini, non dovette imparare a sue spese che una mela serva non può andare a toccare le mele ai padroni.