In questi giorni, il famoso discorso del dipartito Steve Jobs agli studenti della Stanford University (lo potete leggere qui, ovviamente da una pagina Facebook) è definitivamente assurto a Sacra Scrittura (a tale riguardo, si leggano i commenti presenti sulla pagina). Le voci però di una sua prima redazione originaria, che Steve Jobs avrebbe dovuto pronunciare in livornese, si erano fatte talmente insistenti che mi sono dato da fare per ricercarla; e i miei sforzi sono stati finalmente premiati. Eccovi qui, adunque, il testo di quella prima stesura, che l'Ekbloggethi Seauton Asocial Network si onora di presentare per primo all'attenzione dell'Umanità Orfana, e che ci presenta uno Steve Jobs senz'altro inedito.
Proprio pe' dìlla tutta, oggi ciavevo l'agenda piena zipilla d'artre 'ose da fa, e di siùro più interessanti 'e venì a parlà qui vestito 'e sembro un cràun der circo Medrano davanti a una gabbionata di lobotomizzati dell'università di Stanlàurel...ah no, di Stànforde. Come sapete, io la làura 'un l'ho mai presa, anche perché ir mi' tempo lo passavo a straatafàmmi d'ogni 'osa, e bastava 'e fosse in porverina 'e annusavo ammodino anco la cipria della mi' zia Uòllis bonanima e ir tabacco da fiuto der mi' nonno siriano 'e ar posto der naso ciaveva una torre di crècking dell'Itarzìde di Piombino. Però oggi mi tocca, e allora vi voglio raccontà tre episodi della mi' vita. Tutto vì, tre caàte che due me l'ha pure scritte ir mi' ufficio stampa e la terza l'ho presa da Qui Paperino Quack; però, se tanto mi dà tanto, quando sarò stiantato me le ripiglieranno anco li studenti 'e protestano 'ontro la Germini Minor.
La prima storia dice d'unì i puntini.
Ho abbandonato gli studi alle Benci dopo tre mesi di seònda media, però ci so' rimasto pe' artri diciotto mesi prima che ir mi' babbo adottivo mi sdraiasse da' picchi dicendomi, Dé brutto sfatiàto e vagabondo di merda, ma ci vai a lavorà 'invece di tirà caccole di du' etti l'una alla professoressa di matemàtia? E se lo sapevo, un par di 'oglioni 'e t'adottavo e ti lasciavo a quer popo' di delinquente der tu' babbo siriano! Alla fine ho smesso anche d'andà a fa l'agguati davanti a scuola; perché, vi chiederete voi forse?
Tutto è cominciato prima 'e venissi ar mondo. Quer tegamone di mi' mà, che iddio l'abbia 'n gròria, aveva pensato bene di restà pregna anco se si doveva laureà; ma budello d'eva, 'un lo sapeva che a zebà senza ir cappuccino si possono verificare degli sgradevoli effetti 'ollaterali? Poi mìa voleva sbolognàmmi a' pesciaioli di via della 'Ampana o a una 'oppia d'operai della Stanic; no, dé, lei voleva i laureati anco perché ir su' babbo l'aveva gentirmente pregata di sbarazzarsi der qui presente, vale a dire ir frutto der peccato 'ò un popo' di troiajo arabo 'e magari era sbarcato da un cargo battente bandiera liberiana e ciaveva digià otto figlioli sparsi pe' ir grobo terracqueo. Inzomma, mi regalarono a una 'oppia d'avvoàti di Navacchio 'e però volevano una femmina -probabirmente pe' fa le faccende di 'asa e pe' smerdà la nonna inferma a letto e fanni le punturine quando sarebbe stato ir momento. Ner ber mezzo della notte, i mi' genitori adottivi furono svegliati mentre la tivvù era rimasta accesa su Colpo Grosso e una voce tutta 'oncitata ni disse: “Dé, ci s'ha un maschio, però se volete 'ni si po' taglià subito ir pisellino 'osì vi si 'ontenta!” “Ma giammai!”, risposero i miei santi genitori; “Vorrà dì che ci si tiene 'vesto dono d'Iddìo cor creapòpoli!” Dopo un po', però, vennero a sapé che quella emerita zòtta di mi' mà la làura 'un l'aveva mai presa e che mi pà, come previsto, era tornato a Homs per guidare un eroico focolajo d'una rivolta contro ir tiranno Assàdde (in realtà gestiva un chiosco di fichi secchi nei pressi della locale stazione ferroviaria). S'incazzucchiarono parecchio, e decisero allora di ridàmmi a mi' mà o, in alternativa, d'andàmmi a buttà alla discària di Legoli; fu solo per le sùpprie der pàrroo, don Firmino, che in me vedeva un possibile e appetitoso culetto vergine, che li fece desistere da quegli insani scopi; però stabilirono che sare' dovuto per forza andà all'univerzità, e che 'un facessi tante storie e guardassi di studià perbenino sennò m'avrebbero prima marzagrato a pattonate ner muso e poi abbadonato in una notte buja e tempestosa sullo scoglio della Meloria.
Nonostante a scuola, come dirvi, ci capissi la metà di uno che 'un capiva una sega e che alle Benci mi davano delle pagelle 'e sembravano ir cimitero dell'Armeni, diciassett'anni dopo mi riuscì di 'scrivemmi alla prestigïosa univerzità di Rosignan By The Sea, che era 'ara anco più di 'vesta dove i vostri vecchi, pieni di vaìni da 'un sapèssene 'osa fà, v'hanno mandato a gioà a fùtbol e a 'un fa una sega dall'aurora infino al crepuscolo. Inzomma, avevo deliberato di sporpà i mi' genitori adottivi visto che la retta mensile, fra nìnnoli e nànnoli, costava quanto ir noleggio d'uno iòtte di cinquantotto metri con Guartiero Marchesi come scèffe di bordo; e già me li vedevo a annaspà nella più cupa povertà e a mangià pane e topi morti pe' ir resto della su' vita. Dopo sei mesi, non riuscivo a comprenderne il valore ma, in compenzo, mi fumavo anco ir thè Lipton che ci davano a colazzione, passavo con la massima indifferenza dalla coaìna ar borotarco Ròberz (tanto bastava sniffà quarcosa) e condivo ir Chentàchi Fraid Cicken co' una sarzina di burro d'aràidi e elleessedì. 'Un zapevo più cosa fa nella mi' vita e dell'univerzità m'importava un beato cazzo; però stavo dilapidando i vaìni che i mi' genitori avevano guadagnato copiosamente facendo dà l'ergastolo anco a quelli 'e avevano rubbato du' ceste di 'àvolo nero ar mercatino di piazza 'Avallotti. Decisi di lascià pèrde, e nonostante le minacce di fammi andà subito a fa ir sordato sull'arture del Golan o di fammi attraverzà la striscia di Gazza vestito da rabbino maggiore, tenni düro. Smisi d'andà alle lezzioni obbligatorie, preferendo invece 'velle libere e interessanti e soprattutto andà dietro alle bimbe, che all'epoca la davano via con la più leggiadra indifferenza.
Certo 'e 'unn'era tutto popo' 'osì romàntio. Mi toccava dormì ne 'orridoi se andava bene, e ir più delle vorte ner pollajo der custode; portavo indietro i vòti delle bottiglie di Spumelba o di Karamalz per raccogliere 'velle cinquanta lire di deposito 'e poi ci potevò 'omprà un Cinqueccinque ma senza ir pepe perché quella ghigna a tagliola der tortajo di Piazza 'Olonnella voleva fassi pagà anco 'vello; ogni domènia mi facevo cinque miglia a fettoni pe anda' a mangià a Sarviano da' Mormoni, 'e seondo me l'anziano Gionz era pure parecchio manfruito e se 'ni facevo toccà ir baugigi mi dava du' cipolle lesse in più e a vorte una cucchiaiata di peperonata 'olle patate collegandomi poi un cannello ar culo pe fa' ir pieno alla sua Pontiac a metano. Ma mi piaceva. Dimorte delle 'ose di 'ver periodo so' state importanti pe' dopo, e se ho inventato l'aiFòn lo devo anc'a loro.
Ir poeròmo der mi' babbo adottivo era disperato; “Figlio mio, t'avrei trovato un posticino ammodo ar Monte di Pietà come coërcitore di vecchie bavose, si tratterebbe solo di pigliàlle a puntate sur plesso solare se si vògliano fa' da' troppo pe' impegnà i denti d'oro der defunto marito...”; ci andai di malavoglia, ma non mi interessava; dieci anni dopo, però, tutto ciò mi sarebbe rimasto utile quando progettavo ir primo Mekintosc', martorizzando i dipendenti e riducendo a de' conci i bambini cinesi e pachistani 'e facevo lavorà a quarantacinque ipocentesimi di rupia all'ora. Se non avessi imparato a convincere amabilmente quelle vecchie merdose a contentàssi di 'vello 'e ni si dava ar Monte di Pietà di via Borra, i compiùter oggi non sarebbero alla portata di tutti; e poco importava, come dicevo prima, se si mandavano ar pronto soccorso sbraciolate 'e ni ci volevano da' dieci a 'trenta puntini di sutura. Per questo vi dicevo d'unì i puntini: ché anco se ora so' doventato un guru e vi fo ir discorzino 'ommovente, i Mac bisogna pure 'e quarcuno li fàbbrii a un costo ragionevole sennò cor cazzo 'e facevo i miliardi.
Ner capitalismo, cari ragazzi, funziona 'osì; poi m'è venuta l'idea di 'ondì tutto quanto 'olla filosofia, 'olle massime auree, 'olla fiducia ner futuro e con tutta un'artra serie di puttanate 'e a vorte, mentre le penzavo, mi ci sbudellavo dar rìde sur tappetino der bagno figurandomi i dementi che ci sarebbero rimasti a bocca spalancata (quella der karma è davvero meravigliosa). Inzomma, dovete credere in quarcosa, e soprattutto nelle stronzate 'e vi dìo, sennò poi l'aiPadde 'un me lo omprate più e mi ritocca tornà a mangià alla 'Iesa dell'Urtimi Santi der Settimo Giorno.
La seònda storia parla d'amore e di perdita.
Nella mi' vita ciò avuto, 'ome dìvvi, un culo 'e sembra la Valle dell'Orti. Io e Uòzze s'è fondato la Èppol ner garage de mi' genitori in via Bikonashki o come cazzo si' iama, all'Ardenza di Terra, quando s'aveva vent'anni. S'è lavorato düro, e la Èppol in dieciànni è doventata la solita murtinazzionale di merda come impone ir sogno ameriàno. Inzomma, cosa vi credete che ci sto a fa qui? E voi, poi, cosa ci credete di stà a fa, apparte gioà e disaggregarvi di seghe? Qui ci siete perché dovete doventà come me, dovete sognà di fa' i miliardi in culo a tutti. Ma sapete com'è andata? Subito dopo ave' fabbriàto ir Meckintosc', mi buttarono fòra dar cazzo. Dalla società che io stesso maisèrf avevo fondato; e bene mi stiède, come dìono a Vicchio der Mugello con un typico phænomeno di analogia linguistica. Io e Uòzze 'un ci si faceva più, c'era presa la voglia di mandà tutto 'vanto a puttane e d'aprì un negozzio di tisane a Bibbona quando, oramai sfiniti, ci fu presentato tale Romyldo Phulcery, una perzona 'e penzavamo fosse di grande talento e che ciavrebbe coädiuvati a mandà avanti tutta la baracca der Mèintosc' in mezzo a tutte le deregülèscio e le deloalizzazzioni per tramite delle quali si stava sí facendo vaìni a carrettate, ma si stava pure omettendo colpevolmente di vivere la nostra età perché 'un zi penzava artro che a quelle gigaminchie di 'ompiùte 'olla melina nelmentreché anco l'urtimo de' magazzinieri ci phregava le bimbe da sotto ir nasino, e ir Livorno dava un'irresistybile scalata alla serie A senza che ci fosse riescito una vorta 'e fosse una d'andà ar Picchi pe' vedé' un dìo la 'oppitàlia 'or Mìla, ma nemmeno un'amiévole 'or Castagneto 'Arducci. Inzomma, cor Phulcery le 'ose andarono bene ir prim'anno; poi 'ominciarono a circolà voci strane, tipo che ir sopraddetto si pipava la fidanzata di Uòzze. Io, naturalmente, smentivo (anche perché la fidanzata di Uòzze me la pipavo io); poi, però, una sera ebbi a beccare ir Phulcery mentre teneva uno stèig' d'aggiornamento 'olla mia, di fidanzata, e all'improvviso le nostre visioni sur futuro ebbero a divergere drammatiamente scatenando una rissa che fece accorrere due o tre volanti della Pulizzìa, la Pùbbria di via San Giovanni con tre ambulanze, la Protezzione Civile e la redazzione mobile di Tele Granduàto in forze. Una volta présici a meintosciate sur viso, il Conziglio d'Amministrazzione (ner frattempo riunitosi d'urgenza presso ir Bar Futuro di via Garibardi) si schierò cor Phulcery, che previamente aveva promesso a tutti un vitalizzio consistente in cappuccino e brioscia la mattina, poncino 'or sassolino ir dopopranzo e amaro Luàno la sera. Così, a trent'anni, fui a spasso e ir Phulcery si prese anco la mi' fidanzata, in maniera plateale. Ciò che aveva focalizzato la mia intera vita adulta aveva fatto, come suolsi dire, una fine di guano.
Pe' quarche mese 'un zeppi più cosa fa; passavo le giornate a fa' ir demente all'Attias 'ò pischellini di diciottanni, ogni tanto sfasciavo una Pòrsc' nova di pacca, avevo riominciato a fàmmi di roba parecchio pesa 'e mi facevo arrivà direttamente da un amìo di Islamabadd e mi disfacevo di rasponi su pippachat.org e su topeallaria.com; arrivai addirittura a penzà di levàmmi di 'ulo dalla Sìlion Vallei e di ritirammi a fa ir contadino sopra Calignaja. Ma qualcosa cominciò a farsi strada dentro me: prima di tutto la voglia di piglià ir Phulcery e passanni sopra tre o quattro vorte 'ò 'un gasolone càrio di granito der Seccheto, e poi di rimèttemi a creà quarcosa dar nulla.
Nei cinquanni 'e vennero dopo fondai una società per lo sfruttamento del lavoro minorile facendola passà pe' una fàbbria di palline da pimpònghe, poi misi su un ateliè di 'artoni animati in vernàolo pisano (che chiamai appunto “Pisar”) e, infine, m'innamorai d'un ròito più brutto d'una Mùrtipla che però era la figlia der padrone della 'Assa di Risparmio, e che sarebbe doventata la mi' moglie. La Pisar produsse ir primo firme d'animazzione interamente creato ar compiùte, Troy Story (ispirato alle gesta di Veronica Lario), che ora lavora pure 'olla Dìsni e cor Nido der Cuùlo. E lo sapete 'om'è andata a finì? La Èppol ha riomprato 'gniòsa, ivi compresa la società per lo sfruttamento minorile, io ci so' tornato, ho fatto mètte ir Phulcery in ceppi gettandolo poi in pasto a' majali in una recondita tenuta dell'Ogliastra e Èppol, che ner frattempo (sempre grazzie a quer popo' di merdone der Phulcery) s'era messa a fabbrià cose fondamentali come spremilimoni compiuterizzati e grattaschiena elettronici), è rinata e ora fa l'aiPodde, l'aiPadde, l'aiFon, l'aiMamma e l'aiOojo e peperoncino. E io e Lorena ci s'ha 'una famiglia 'nzieme 'e ti raccomando, penzate 'n po' 'e la prima parola di nostro figlio è stata “pista”.
Dé, seondo me (ma anco seondo Uòzze), forze ho fatto male a fa mangià ir Phulcery da' majali; infindeònti, se 'un m'avesse mandato via dalla Èppol ora sare' ancora a fa ir cretino all'Attias o sur Viale Italy. Però non ho perzo mai la phyducia, invero ajutato assai dar fatto che di vaìni n'avevo pür sempre fatti parecchini prima; ché, cari i miei figliuoli, è inutile 'e mi state a ascortà tutti estasiàti credendo di sentì da me chissaccòsa. Co' uno stipendio da fresatore avre' fatto pòo; facendo ir preàrio o ir disoccupato ancora meno, e se poi fossi stato una donna e mi fosse toccato d'andà a fammi crollà un palazzo addosso pe' tre euri e novantacinque centesimi all'ora, artro che phyducia e amore. Ora vi sto pe' dì che dovete cercà quello 'e vi piace, perché sennò quando moio 'un mi fanno più santo, però a me m'è andata tarmente di lusso che ora mi posso permètte' anco di fa' ir guru. Tanto lo sapete benissimo che la maggior parte di voi ha un quozziente d'ìntelligenza pari a quello d'un topinambur, e sono straonvinto 'e se un ciavèssite babbo e mamma pieni zipilli di vaìni andereste ar massimo a fa i netturbini pell'AMS passando però ir vostro tempo libero (pòo) a sfasciàvvi ir cervello 'oll'aggeggini 'e ho inventato (che, fondamentarmente, 'un servano a una sega nulla però so' tanto bellini e vi fanno comunià tutta la massa di stronzate che v'hanno messo in capo). E così, cari i miei pipparoli decerebrati, quando avrò tirato le cuoja vi potranno dire che ho cambiato ir mondo, e la 'osa bella è che ci crederete pure!
La mi' terza e urtima storia parla, manosuöglioni, della morte.
Quando avevo diciassettanni (ma quante me ne saranno successe, a diciassettanni!) ho letto sull'Intrepido una citazzione 'e diceva: Oh, dìo a te! Devi vìve' ogni giorno 'ome se fosse l'ùrtimo, 'apito?!? Mi fece davvero una grande impressione; ma tanto, fondamentarmente, m'importava una bella sega perché tanto ero giovane e penzavo a fumà anco l'origano che la mi' mamma 'omprava per mètte sulla pizza. Poi, andando avanti 'olla Èppol e co' tutte 'vell'artre 'ose, a un certo punto mi so' detto: “Boia dé, Stiv, se nella biografia ufficiale ci fai mètte 'sta 'osa, minimo minimo doventi un metrappanzè!”; e così è stato, perché, tanto, ir problema 'un zi poneva nemmeno. Finché un giorno.
Finché un giorno, appunto, o 'un mi so' venuti a dì che m'ero beccato un cànchero di merda e che dovevo salutà parecchio presto. In quel momento, sappiatelo, ho raccolto tutti i miei pensieri; ho considerato lungamente tütta la mia vita; ho invocato tutta la mia spyritualità, i viaggi in India, l'erbette bòne, le massime filosàfie e tutto 'vanto; mi so' riletto tutti i libri di Tizziano Terzani e, dopo tutto ciò, sono prorotto in una scària di mòccoli, di cristi, di bestemmie, di imprecazzioni e di ingiurie sanguïnose ar Padreterno che l'hanno sentite anco dall'isola di Capraja. Ma come, porcopadrepio, ciavrò sì e no cinquant'anni, affogo ne' vaìni, ciò una moglie stratàupa, una famiglia stüpenda, invento l'aiFon, fo comunià tutti, so' idolatrato anco dall'ùrtimo de' Moicani e mi tocca di tirà ir carzino? Ma 'unn'è giusto! A quer popo'di troiajo di Berlusconi, che seondo me 'un zaprebbe manco accènde un Commodore 64, 'ni va tutto bene e si zeba le bimbette di vindicianni, e a me, Stiv Giobbs, mi tocca fa ciao ciao 'olla manina? Ma vaffanguru!
Una vorta realizzata la 'osa, però, mi so' detto: “Caro Stiv, d'accordo, però intanto penza se eri uno stronzo di homeless o comunque uno 'e un zi po' pagà le 'ure e le medicine. Vada 'ome vada, però te di sordi ce n'hai a vagonate e quarche speranziella in più di sfangàlla ce l'hai anco se i dottori t'hanno detto papale d'un facci troppo la bocca. Ner frattempo, guarda un po' se c'è modo di sfruttà la 'osa ammodino e di fabbriàtti anco un ber po' di mito, ortre 'e l'aggeggini bellini e urtrapiatti, Poi si starà a vedé', magari mi fo pure una giratina a Megiugòrie e invento l'aiMadonna.
Sia ben chiaro: nessuno vole proprio morì, e io meno di tutti. A un certo punto mi toccherà come a tutti, ma vi devo dì, care le mi' testine di 'azzo, che quando succederà so' ragionevolmente certo che faranno meno puzzo pe' la morte d'un papa o d'un re (dé, penzate poi ar papa 'e ci s'ha ora, o se more Arberto di Mònao). Giusto giusto Lèdi Daiana, ma gliel'avevo detto ar su' autista d'un gioerellà coll'aiSonasega mentre guidava. Cionostante, mi garberebbe d'èsse sincero 'on voi anco se 'un ve lo meritate e siete solo una massa d'elettroencefalogrammi piatti: m'ero preparato tutta una serie di belle frasi, di 'velle da fàvvi piànge di più che cor finale di Taitènic, però quello che ciò dentro è costantemente una voglia di bestemmià Diocristo che se mi sente l'Artissimo fa scavà una malabolgia apposta per me in uno scantinato dell'Antenora.
Quello che vi posso dì, inzomma, lo avrete capito anco voi, nonostante siate fondamentalmente dei parameci. Io devo morì, ma voi continuate a compràmmi i Mecche e l'aiPàddi, e 'un v'azzardate a dà vaìni a quer popo' di stronzolo di Bilghèiz o a scariàvvi la mùsia aggratisse invece di dammi novantanove centesimi a canzoncina. Poi portatemi in trionfo, ascortate i servizzi televisivi sur mi' funerale 'olla musiina 'che Eric Clapton scrisse quando la su' donna si fece cascà ir figliolo dar cinquantatreësimo piano, branditemi ir testamento alle manifestazzioni 'ontro la Germini e fate quer che vi pare, che tanto a me 'un me ne fregherà più nulla. Ma sappiate che risorgerò. Tutto è già pronto per il lancio dell'aiResurrection, l'ultima frontiera della comuniazzione; e, statene pur certi, il giorno della presentazzione io ci sarò.
Siate transustanziati! Siate polli!