lunedì 7 novembre 2011
Marina di Campo. Quando la catastrofe ti arriva in casa.
Quante volte, su questo blog, ho raccontato storie dall'Elba, e da Marina di Campo. A Marina di Campo mi è mancato solo di nascerci, ma ci sono stato comunque "fabbricato"; e si tratta di una fabbrica cui devo gran parte di quel che sono, sotto ogni aspetto. Oggi Marina di Campo è come Genova, come la Val di Vara, come non so più neanche quante zone, plaghe, città, valli e pianure di questo paese sconciato. Fossi che per trecentosessantaquattro giorni all'anno sono secchi diventano dei fiumi che escono dagli argini e seminano morte e distruzione; voi non ce lo avete presente il Fosso degli Alzi, ma io si. Basta un nubifragio e un po' di vento di scirocco che tappi le foci di quei fossi. Basta perché una povera donna che conoscevo bene muoia in casa sua, affogata nell'acqua di uno di quei fossi; ed è una cosa terribile quando te lo dicono prima che il nome si sappia sui giornali, in televisione, su Internet. Pezzi di famiglia isolati con un lago attorno dove prima c'erano l'orto e la cuccia del cane; e non sapere nulla di casa tua, che si trova a trecento metri da dove è morta quella donna. Strade interrotte e ponti crollati, e l'acqua che si riprende una piana detta "Lo Stagno" perché, fino a trent'anni fa, c'era davvero uno stagno. Poi ci hanno costruito sopra di tutto, le scuole, l'ufficio postale, la Conad, la Pubblica Assistenza, casette e villette; e quando un giorno di novembre decide di ridiventare quel che era, uno stagno, non c'è niente da fare. E non c'è niente da fare perché in questo paese si muore e si perde tutto ciò che si ha per un'acquazzone durato tre ore e mezzo, come mi ha detto un mio cugino con cui sono riuscito a mettermi fortunosamente in contatto perché a Marina di Campo non c'è luce, non c'è acqua corrente, non c'è niente in queste ore. Sotto a chi tocca. Sotto coi condoni, con l'edilizia incontrollata, con ogni sorta di incuria e di speculazione; e stavolta riguarda qualcosa che mi è vicina forse più di ogni altra. Non so, almeno per ora, cosa dire d'altro. E forse non c'è da dire più nulla. Di quella donna che è morta mi ricordo di quando a volte m'incontrava, da bambino, sulla strada del Formicaio nel sole cocente d'estate. Un'altra vita che non vale niente, che può passare in sottordine rispetto allo schifo per soldi e per cemento in cui è stato trasformato questo paese, dal Vapelo di Marina di Campo fino a via Fereggiano.