"Saòsa fo? Ora quasi quasi vo ar teatro Gordoni a vedé'. Tanto so' du' passi. Voglio proprio vedé cosa c'è, dé! L'ùrtima vorta 'e ci so' passato, ci crescevano l'ortìe..." E s'avviò, riuscendo a finirsi il pacchetto di sigarette e con il cuore che gli andava a dumìla all'ora. "Ir premio Piero Ciampi. Dé, ma ciànno pròpio voglia di ruzzà', ancora...saòsa mèttano in palio...trecento litri di vino, e un sottomarino!"; fumando e camminando, riuscì di nuovo a sorridere. Imboccò la stradina che portava alla piazzetta del teatro, certo di trovar come sempre delle macerie in una città dove le macerie, edilizie e umane, erano il pane di tutti i giorni. Marciava a testa bassa. "Dé, ora arzo l'occhi e mi ritrovo du' muri sbrecciati, le siringhe e la giungla dentro...."
Alzò la testa, e davanti all'occhi si ritrovò ir teatro tutto bello novo, rifatto com'era, con le lampade for dalla porta, e otto manifesti uguali a quello che aveva visto in piazza Grande. Si dovette appoggiare a una macchina. Non s'accorse nemmeno che dentro c'erano una e uno che si baciavano, i quali, a loro volta, continuarono a slinguarsi senza nemmeno accorgersi di lui. Sudava. Non sapeva se freddo o caldo. "Porca madonna, ho finito le sigarette. Il diciannove novembre. Ho bisogno d'un mezzo litro. Dé, lo daranno un mezzo litro a un punto di riferimento! Budello d'eva, devo trovà una chitarra. Anco scordata, va bene lo stesso. Accidenti a loro e a chi 'un fa i pacchetti da trenta. Quanto m'è rimasto in tasca? Dé, chissà quanto 'osta ir biglietto. Ma che biglietto e biglietto, mi ci devo iscrìve."
"Dé, signore, guardi che sant'Appoggino era ieri!"
Piero Ciampi si riscosse non subito da' su' accavallati pensieri.
"Signore! Dìo a lei! Si vole levà che si deve andà via...?"
Piero, finalmente, riuscì a intuire vagamente che qualcuno ce l'aveva con lui. Si girò, e vide la testa d'una ragazzotta d'una ventina d'anni, pitturata strana su' 'apelli e con una specie di bùccola che invece di stà attaccata all'orecchio, 'ni pendeva dar labbro di sotto. Accanto a lei, al posto di guida d'una vecchia Polo blé targata Ravenna, un tizio molto più vecchio di lei, spettinato, con degli occhialetti tondi e una faccia che sembrava sortita appena da un Girrrrrrmi.
"Signore! Lo 'apisce l'italiano?...Si deve andàààà..!!!"
"Pardonnez-moi...je ne comprends pas, vous devez partir?"
"Uì, uì, si deve partì! Tesoro, guarda un po' di parlacci te co 'sto rincoglionito, che te parli tutte le lingue..."
Il tizio accanto alla ragazza alzò la chiorba e gli disse in modo calmo:
"Monsieur, soyez gentil, nous devons partir...foutez le camp s'il vous plaît...!" E Piero Ciampi, ancora intontito, s'alzò quasi barcollando.
"Oh, finarmente s'è levato...a che ora dovevi èsse' a casa te?"
"Casa?..."
"Aggià, m'ero scordata..."
La macchina si mise in moto sputando semi di zucca e topi morti dal tubo di scappamento, e scomparve. Piero Ciampi si rimise la testa nelle mani, ma dallo squarcio tra l'indice e il medio sinistro riuscì a scorgere un bar tabacchi. Quello che gli ci voleva, sì. Proprio quello che gli ci voleva.
"Vuole qualcosa da bere?"
"Se c'è, anche qualcosa da mangiare..."
"Mi' so' rimasti du' panini di stamani, uno 'or presciutto 'otto e fontina e l'àrtro 'or crudo e maionese." "Dé, vanno bene...e un litro di vino rosso, per piacere."
"Lo vole sfuso?"
"Se ce l'ha..."
"Ciò ir vino di Cenaia, è bono."
"Ma dé...sa che a Cenaia ci so' sfollato durante la guerra?..."
"Durante la guerra? Ma è siùro? Mi sembra troppo giovane..."
"So' der trentavattro."
"Der trentavattro? Complimenti, li porta bene l'anni! Io so' der trentotto e sembro la su' nonna....!"
Era la signora dell'altro tavolo, di cui s'intuiva vagamente la faccia dietro alla nuvola puzzolente del toscano fatto nel canton Ticino. Quello con la pipa, continuava invece a scrivere qualcosa sul suo quaderno. Piero Ciampi lo guardava incuriosito, finché l'altro non se ne accorse e gli rivolse la parola. "Le interessa...?"
"E' tanto che 'un vedo 'varcuno scrìve in un bàrre..."
"Io ci scrivevo sempre, sa. Quand j'étais jeune, surtout." ("Ma dove l'ho visto, questo qui?" -pensò all'improvviso Piero Ciampi con qualcosa che gli s'era accesa dentro).
"Vous êtes français, monsieur?"
"Oui, je suis un vieux garçon du Languedô, comme le conscrit de la chanson", rispose l'altro posando la penna biro sul quaderno dopo averla tappata con calma, e accennando a un sorriso. "Vous parlez français, je vois."
"Oui...je l'ai appris...ça fait vraiment longtemps, à Paris, mais je ne me souviens pas quand, exactement."
"Vous habitiez Paris?"
"Oui...dans le...putain...près de l'avenue d'Aléria?"
"L'avenue d'Aléria? C'est curieux, vraiment, c'est le quatorzième. Moi aussi j'y ai habité, vous savez. Vous connaissez l'impasse Florimont?"
"L'impasse Florimont? Non, je suis désolé...ça doit être une ruelle..."
"Oui, une ruelle...e c'était bien piètre."
"J'ai comme l'impression de vous avoir déjà vu quelque part, monsieur."
"Ça se peut...vous étiez quand, à Paris?..."
"Vers...'59 ou '60, sais pas..."
"Bon, moi aussi j'étais là vers '59 ou '60. Vous m'avez peut-être rencontré par la rue, surtout si vous habitiez dans les environs."
"Ouais...vous savez, moi je chantais dans des locaux..."
"C'est vrai? Vous chantiez quoi exactement?"
"Tout. Mes chansons, aussi."
"Vous écrivez des chansons?"
"J'en ai écrites longtemps....jusqu'à..."
"C'est marrant, vraiment. Moi aussi j'ai écrit des chansons jusqu'à."
"Vous en écrivez encore, je vois. C'est une chanson, n'est-ce-pas?"
"Oui. Vous voulez la lire?"
"Non, merci. Je n'aime pas lire une chanson avant qu'on ne l'ait écrite. "
"Vous me ressemblez beaucoup, monsieur. Moi non plus je n'aime qu'on lise mes chansons avant que je ne les aie chantées, vous savez."
"Vous faites quoi à Livourne? Vous êtes là pour le prix...?"
"Le prix?"
"Oui...vous avez vu le théâtre là-bas? Il paraît qu'il y a un prix musical..."
"Pardonnez-moi, je ne sais pas de quoi vous parlez."
"Ça ne fait rien."
"Vous êtes de Livourne?"
"Oui. Je suis né à Livourne, mais je viens d'y revenir pour la première fois depuis très, très longtemps..."
"Moi aussi, c'est la première fois que j'y viens. Une drôle de ville."
"Oui, vous avez raison. Une drôle de ville."
"Je voyage beaucoup maintenant. On m'a dit que c'est la ville où Modigliani est né, et je voulais la visiter. Je suis juste en train d'écrire une chanson sur Modigliani."
"Sur Modigliani?"
"Oui, sur Modigliani qui renaît 80 ans après sa mort et revient à Livourne."
Piero Ciampi si fermò un attimo per inghiottire un gotto di saliva vinosa.
"Je cherche une guitare."
"Une guitare?"
"Oui. Je n'ai plus d'instruments. Et je n'ai pas assez d'argent pour en acheter une."
"Cherchez des orties, alors."
"Des orties?"
"Oui, ça marche. Moi, une fois, quand j'étais très pauvre, j'ai trouvé une soutaine de curé dans les orties, et tonsuré de frais, ma guitare à la main..." ("Boia dé....ma dove l'ho sentite 'ste parole?" -pensò Piero Ciampi, ma sempre an fransè).
Piero Ciampi si mise a ridere sommessamente, versandosi un bicchiere di vino.
"Santé!"
"Santé à vous, monsieur....monsieur?"
"Litalien."
"Litalien?"
"Oui, je m'appelle Pierre Litalien, mon père venait de Castelnaudary..."
"C'est incroyable. Mon grand-père aussi venait de Castelnaudary. Il faudrait bien se taper un bon cassoulet, oun bon caçolet del Castelnòu d'Arri!"
"Vous vous appelez comment, monsieur?"
"Archibald. Archibald Lignebrisée."
"Santé à vous, monsieur Lignebrisée. Vous avez dit quoi à propos des orties?"
"Cherchez des orties. Vous y trouverez une guitare, peut-être."
"Je vais chercher des orties, alors."
"C'est bien fait."
"Je vous laisse écrire votre chanson sur Modigliani."
"Je vous laisse chercher votre guitare."
"Au revoir, monsieur Litalien."
"Au revoir, monsieur Lignebrisée."
Piero Ciampi finì di bere il suo litro con studiata lentezza. Ogni tanto guardava ancora il signor Lignebrisée che fumava con arte la sua vecchia pipa, e scriveva, scriveva, scriveva. S'alzò, alla fine. La signora del sigaro era andata via. Il gestore sonnecchiava con la testa reclinata sul bancone.
"Mi scusi...quant'è...?"
"Eh...? Oh! Scusi...m'ero addormentato..."
"Non fa nulla...tanto parlavo con quel signore...?"
"Quale signore?"
"Quello lì al tavolo....che scrive...."
Piero Ciampi e il gestore del bar si voltarono; al tavolo vicino alla porta del bagno non c'era più nessuno.
"Le MS e il vino...fanno sette e quaranta."
"Sette e quaranta, eccoli qui."
"Arrivederci".
"Mi scusi...una cosa. Lei sa mica se qui vicino c'è qualche cespuglio d'ortica?"
"Ortica?"
"Sì...mi serve un po' d'ortica per farmi il risotto, stasera."
"Ah, capisco. Mah...prima ce n'era tanta quando il Goldoni era in rovina...ora hanno rifatto tutto. Ma magari, nel giardinetto dietro ce n'è rimasto ancora qualche cespo. Provi un po' là..."
"Grazie, proverò."
"Prego."
Piero Ciampi s'avviò di nuovo verso il teatro; nel vicolo dietro, senza nome, s'apriva, se ben si ricordava, un cancelletto che portava a un piccolo giardino. Non sapeva più nemmeno che ore erano; ma la luce cominciava a declinare, e visto ch'era novembre, dovevano essere qualcosa fra le quattro e mezzo e le cinque del pomeriggio. Il cancelletto c'era ancora; e c'era anche il giardino, che però era stato tutto potato per benino e rimesso in sesto, giusto per tornare a fare schifo due giorni dopo. Era aperto. Piero Ciampi entrò. Non c'era nessuno. Non fece che pochi passi, e trovò un cespuglio d'ortica rigogliosissima. Dalle foglie spuntava una corda rotta di chitarra.
(7/8 continua).