Ha scritto, oggi, sul suo blog, una cosa terribile come sanno essere terribili soltanto le cose vere. A proposito degli operai morti a Torino. Ha parlato di un palcoscenico giusto che un'altra dozzina di operai morti nel frattempo si sono persi, sculo loro. Nessuna sottoscrizione. Stamani mi ci sono persino svegliato, con la sottoscrizione. Ho acceso la tv, cosa che peraltro faccio di rado, e mi sono sentito della sottoscrizione del tg5 con tanto di bollettino di conto corrente postale.
Poi ho letto dei funerali degli operai di Torino, e del padre di uno di essi che ha urlato "Assassini". Che ha urlato "La pagherete". Dipende. Forse, pover'uomo, avrebbe fatto meglio, chissà, a urlare "Sottoscriverete". Tutti sottoscrivono. Da Prodi al tg5. "La Repubblica" fa l'appello on line, "Basta!" E, poi, tutti fanno silenzio. Minuti di silenzio. Il delegato della Fiom della Thyssen Krupp dice di fare silenzio per "sottolineare". Merita vedere che cosa costui intenda sottolineare.
Che "oggi non è la fine di una lotta, ma è l'inizio di una lunga battaglia per portare la sicurezza sui luoghi di lavoro". Sempre quel mio amico e compagno, qualche giorno fa, parlava di umorismo. Eccone un esempio perfetto. Questi riescono a fare umorismo persino ai funerali degli operai, degli operai che dovrebbero "rappresentare"; e il problema è che, forse, se ne rendono anche conto! Bevtinotti, pvesidente della cameva e fovse anche del bagno e della cucina. Lui dice che "Bisogna dare più potere ai rappresentanti sindacali". Per fare cosa? Per avere più minuti di silenzio? Più silenzio per tutti? Ma il culmine dell'umorismo, il Bevtinotti lo raggiunge più tardi, quando spiega perché bisognerebbe dare più potere ai rappresentanti sindacali: "Per la sicurezza e per l'ambiente".
Cazzo, ci eravamo scordati che l'incidente di Torino, così come decine di altri accadimenti del genere, non provocano soltanto morti, ma anche tanto fumo nero. Ci penseranno i rappresentanti sindacali con più potere, a soffiarlo via a base di minuti di silenzio e di lunghe battaglie per la sicurezza. Ci penserà Bevtinotti col suo ventilatore da camera. Lo stesso che, per concludere, ha tenuto a fare l'ennesimo peana del silenzio. "Bisogna rispettare il silenzio e non mi pare il caso di fare discussioni politiche". Certo che no. Ma quando mai? Qui non si parla di politica!
Poteva poi mancare a una sì ghiotta occasione il solito prete impegnato & mediatico? Poteva non fare la solita pappardella sull' "amore"? Sì, proprio come dice quel mio amico e compagno. Un palcoscenico. Nulla mancava alla recita.
La gente, che pur nell'insultare e nel fischiare i sindacalisti (ma perché lo fanno solo ai funerali?), dice loro "andate a lavorare". C'è qualcosa che non torna. Nulla torna. Nella "città che si stringe attorno alle vittime", nelle parate di gonfaloni, in tutto quanto. Arrivano persino bruttissimi pensieri quando si va a vedere che questi quattro operai morti erano tutti italiani, e magari si ripensa alle città che attorno a chi italiano non lo è si stringono in tutt'altro modo. Infine si torna al punto di partenza. Ma quale "sicurezza", ma quale "lunga battaglia". La battaglia è venuta meno quando tutti hanno cominciato a dare il culo al signor padrone, a "concertare" con lui invece di sabotargli gli impianti e di picchettargli la fabbrica fino a farlo cacare addosso.
L'insicurezza sul lavoro nasce da queste cose, non da un estintore scarico o da un macchinario malfunzionante. Soprattutto, l'insicurezza sul lavoro nasce dal lavoro stesso, e dalla sua ineluttabile accettazione. La Thyssen-Krupp non è mica più mostro degli altri. La Thyssen-Krupp è la normalità. La Thyssen-Krupp fa lavorare, e per questo, per questo semplicissimo motivo ha il diritto di uccidere, così come lo hanno il laboratorio di pelletteria, la cava di granito, il cantiere edile, il supermercato, l'ufficio. Anche l'ufficio. Di uccidere più o meno rapidamente. E' il lavoro che uccide.
E allora questa cosa ha un titolo ben preciso. Ripreso in maniera del tutto voluta da quel che ha scritto il mio amico e compagno sul suo blog nero. Saremo almeno in due a dire che di lavoro non si deve più vivere. Qualcuno, magari, si aggiungerà strada facendo.
2 commenti:
Approdo qui alla ricerca di quella frase di Bertinotti che all'improvviso è scomparsa dall'articolo di Repubblica su cui l'avevo letta. Mala tempora...
Altro che mala tempora, questi sono proprio tempi di merda. E così "Repubblica" ha tolto la frasetta di Bertinotti, eh. Ma guarda un po'. Forse si devono essere accorti del patatrac, il compagno presidente della camera nonché ex sindacalista che, ai funerali di operai morti in fabbrica dice che "non bisogna parlare di politica e fare silenzio". Chissà, forse a "Repubblica" sarà arrivata una smentita...sappiamo bene che l'italia è una Repubblica fondata sulle smentite, oltre che sul lavoro e sui relativi funerali. Saluti e buon approdo da queste parti, una capanna, un pesce arrostito e un gotto di vino c'è sempre.
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