Ma, ovviamente, la "Nazione" non si era lasciata sfuggire questo eccitantissimo vile attentato; un'occasione troppo ghiotta. E non solo per la "Nazione": in questo paese dove una semplicissima scritta su un muro basta per mettere in moto il can-can della "solidarietà istituzionale", si erano letteralmente scatenate le manifestazioni di sostegno alla Comunità Ebraica: l'allora sindaco Domenici, il presidente della Confcommercio, l'arcivescovo Betori, l'imam della comunità islamica fiorentina, Ezzedin Elzir, e tutti gli altri. Viene organizzato, il 25 gennaio, un presidio davanti al tempio israelitico, si parla del rigurgito di antisemitismo che attanaglia Firenze, il rabbino Joseph Levi dichiara, in barba al procuratore capo, che l'ordigno poteva provocare gravi danni e, va da sé, i giornali cominciano a parlare di "due ombre nella notte" che sarebbero state viste aggirarsi in via dei Pilastri, e dell'immancabile pista anarchica. Tutto, insomma, sembra perfetto per il caso dell'anno.
Senonché, non molti giorni dopo, i giornalisti Bozza e Brogioni, del Firenze, decidono "una tantum" di fare il mestiere per il quale sono pagati, e pubblicano un vero e proprio scoop: Ma quale "vile attentato antisemita". Scovano un autorevole esponente della comunità ebraica fiorentina (di cui però non fanno il nome), che, stavolta lui sì, butta una vera e propria bomba. Per farla breve, l' "attentato" sarebbe stato una sorta di faida interna alla comunità ebraica stessa, e più in particolare tra la maggioranza della comunità e i chassidim ultraortodossi che formano i Lubavitch. Sarebbe stato proprio l'esasperante proselitismo effettuato dai Lubavitch presso la sinagoga (rivolto in particolare ai turisti ebrei americani) a scatenare in qualcuno di dare un avvertimento ai propri "confratelli". Prova ne sarebbe stata che uno dei leader dei Lubavitch, Eli Borenstein, presente a Firenze in quei giorni, si sarebbe accorto dell'ordigno già dalla mattina, ma che avrebbe avvertito i Carabinieri soltanto a sera, concluso oramai lo shabbat. Ora, d'accordo che gli ebrei ortodossi come i Lubavitch, al sabato, si astengono persino dall'accendere la luce e dal prendere l'ascensore; ma non segnalare un pericolosissimo "ordigno" (così come era stato definito da rav Levi) reperito davanti alla porta sarebbe un po' troppo; e non mi risulta, dalla lettura della Bibbia ebraica, che YHWH abbia comandato, nel riposo sabbatico, anche di farsi saltare in aria.
All'improvviso, cessa tutto quanto. Più nessuna "ombra nella notte". Più nessuna "pista anarchica". I sindaci in carica e candidati, i confcommercianti, gli arcivescovi, i giornali, i consiglieri comunali e di quartiere, i "semplici cittadini" e, soprattutto, gli stessi componenti della comunità ebraica, passano ad osservare un silenzio in confronto al quale il riposo sabbatico fa la figura di una fatica di Ercole. Scompare magicamente il rigurgito antisemita a Firenze. La sinagoga continua ad essere frequentata, la saracinesca della Chabad House continua ad essere costantemente abbassata e la vita, come si suol dire, riprende il suo corso. Non se ne parla più, da nessuna parte. Come se quel vile e gravissimo attentato non fosse mai esistito. Anzi: non è mai esistito. Un attentato, ora come ora, è "vile e gravissimo" soltanto se viene perpetrato da qualcuno; se invece viene perpetrato da qualcun altro, non se ne deve nemmeno più parlare, specialmente se i perpetratori paiono avere agito, per così dire, "in famiglia". Il terribile ordigno ridiventa un'innocua bomboletta di gas, e cala il silenzio. Più nessuna notizia sulle indagini. Niente di niente. Silenzio totale. Nessun "attentato". S'era scherzato.
Siccome, però, a me questi silenzi non garbano punto, e siccom'ancora ho la memoria terribilmente lunga, dalle pagine di questo pur sgangherato e asociale blog, a distanza di dieci mesi, pongo una piccola domanda:
Mi sembra che questa vicenda presenti ben altre ombre, sia di notte che di giorno. Verrebbe quasi da dire, in modo del tutto biblico: Vedetta, a che punto è la notte?