martedì 29 dicembre 2009

Caro Mario


Caro Mario (Cardinali),

Mi perdonerai l'ardire di scriverti questa pìstola; e se poi non me lo perdoni, chi cazzo se ne frega. Tanto non ci si conosce, quindi l'inizio retorico era tutta una finta. Non c'è nulla da perdonare e neppure nulla da ardire.

Non ti dico nemmeno chi ti scrive; ammesso e non concesso che tu legga mai 'sta cosa, il nome è stampato bello chiaro sotto il titolo, con tanto di indirizzo e telefono. Ad ogni modo, alla fine lo ripeto.

Ti scrivo a proposito di una cosa precisa. Premetto che ho abitato per un po' a Livorno, (e una volta, a casa mia, è venuto nientepopodimeno che l'architetto Marchetti, alias Ettore Borzacchini: te ne ricordi?), che compravo il Vernacoliere quasi tutti i mesi, che anche in questo blog fo un bel po' di réclame a Don Zauker, e via discorrendo. Ora, però, il Vernacoliere ho smesso di comprarlo perché mi sono disgregato il creapòpoli di farti fare soldi abbastanza a palate.

La cosa ben precisa è la tua lettera di Gesù a don Santoro pubblicata nel penultimo numero del Vernacoliere, e che tanto & copioso successo ha ottenuto. E come poteva non ottenerlo, una cosa del genere? In un mese è diventata un cult, al pari di Ambrogio che tromba la Contessa e del pisano furbo nato dopo Chernobyl. Tutto, in questo paese, diventa cult. Siamo il paese del vaffancult.

Devo dirti però che hai toppato. E alla grande. Ti informo che, regolarmente, alla mezzanotte tra il 24 e il 25 dicembre Gesù Bambino è rinato. Senza sgarrare di un secondo. Altro che stavolta 'un rinasco. T'è andato in cuffia. Non solo. Dovunque fosse, ho il vago sospetto che pure don Santoro, alla mezzanotte, fosse alla messa; non so se a dirla o a ascoltarla, ma secondo me c'era anche lui a aspettare che il bimbetto palestinese rinascesse. E rinascerà ogni anno. Te lo dico io il perché.

Rinascerà perché è uno dei principali addetti al motore del mondo: la vendita. Vendere. Vendere e comprare. Finché esisterà questa cosa, esisterà Gesù Bambino. E, poveraccio, almeno un pochino gliene va dato atto. Arriva dicembre (ma che dico: i primi di novembre!) e gli tocca fare gli straordinari mentre è ancora in pancia a Maria. Ogni anno ci sarebbero gli estremi per una denuncia di sfruttamento del lavoro minorile (anzi, neonatale). E come ricompensa che ne ha? Letterine. Lettere. Chiunque si sente in dovere di scrivergliene, a lui e a quell'altro poeromo di Babbo Natale. Il vecchio e il bambino a lavorare, e gli altri a scrivere lettere. Compreso te, caro Mario. Anche se hai fatto finta di essere lui.

Fa comodo a tutti, un bel Gesù Bambino che rinasce ogni anno. Anche a te. Il fatto gli è che ha aiutato pure te, a vendere. Sai quanti bei Vernacolieri in più, con quella trovata geniale della lettera a don Santoro. Immaginiamo per un momento che avesse deciso davvero di non rinascere, come tu gli hai fatto scrivere: una tragedia. A chi l'avresti fatta scrivere, quella lettera? Dove lo trovi uno che rinasce ogni 25 dicembre e che si sobbarca, tra le centinaia di migliaia di altre cose, anche il successo del mensile satirico? Insomma, come direi, sei andato sul sicuro. Mica l'hai fatta scrivere a Horus, a Saturno o a Zoroastro, la lettera a don Santoro. Non sono venditori che funzionano. Gesù funziona sempre.

E non soltanto: oltre a farti vendere e stravendere, ché quella copia l'hanno comprata non dico tutti ma quasi, il Gesù Bambino ti ha reso un bel servizio anche in termini di immagine. La tua lettera la si trova riprodotta, ad esempio, in non so quanti blog. C'è gente che oramai vuole andare a vivere a Livorno (chissà cosa spera di trovarci). Per carità, non che non sia vero quel che c'è scritto nella lettera, e in particolare che le galere sono doventate mattatoi; il problema, però, è proprio il vendere. E anche qualcos'altro.

C'è gente, e tanta gente, caro Mario, che queste cose le dice ogni giorno. Senza vendere un cazzo. Senza locandine. Senza diventare nessun cult. Senza nulla. Gente che si mette alla tastiera scrivendo su un blogghino di merda che nessuno o quasi conosce. Le galere sono diventate mattatoi? Le galere, caro Mario, sono sempre state dei mattatoi. Non lo sono diventate né con Marcello Lonzi, né con Stefano Cucchi. E questo lo diciamo da anni, noi blogger, senza pigliare manco un soldo e non mettendo nulla in vendita. E, oltre a questo, diciamo tante di 'vell'artre 'ose che forse manco t'immagini. Rischiandoci, sovente, ben più di te. A gratis.

Ci abbiamo un'idea in testa, un'indignazione, una cosa da far sapere, una cretinata o una cosa seria: pigliamo quella maledetta tastiera e scriviamo, senza preoccuparci di nient'altro. E non per il "gusto di farlo", ma perché ci sentiamo obbligati a farlo. Per nessun altro motivo. Ed è per questo che noi siamo credibili, non tu. Il prezzo di copertina inficia ogni cosa. Gli abbonamenti, i numeri arretrati, il direttore responsabile, i collaboratori pagati e tutto il resto. Siamo noi a farle circolare, le idee, e anche a inventarle. Mi garberebbe vedere quanto ci spulci, sui blog, prima di scrivere l'editoriale di ogni numero. Gli stessi blog che poi, magari, ti osannano.

Non abbiamo nulla. Non siamo nemmeno blogger "cubani" o "iraniani", di quelli da Internazionale. Non siamo giornalisti. Siamo gente. La gente che ancora tiene a galla questo paese di merda, e lo tiene a galla gratuitamente. Siamo quelli che se c'è il bel film semisconosciuto, ne parla. Siamo quelli che vanno contro alle fanfare. Siamo quelli che fanno conoscere le valigie di fotografie spagnole. Quelli che, delle galere, non diciamo che sono doventati mattatoi, ma che le vorremmo vedere abbattute. Quelli che parlando di sé parlano del mondo, e che parlando del mondo parlano anche di sé.

Ma sono certo, caro Mario, che tutte queste cose tu le sai benissimo. Come io so benissimo che il tuo mestiere è pigliare per il culo. Castigas ridendo mores. E lo fai splendidamente, ad esempio con la letterina di Gesù Bambino a don Santoro. Talmente bene, che ci sono cascati tutti.

Ma, al prossimo Natale, prova a fare una cosa. Prova a regalarlo, il Vernacoliere. Scrivici una lettera di Satana al cardinale Tettamanzi, di Buddha a Roberto Baggio, di Khomeini a Vladimir Luxuria, o, perché no, anche del solito Gesù a chissa chi andrà di moda nel 2010. Fai un'edizione natalizia gratuita, in libera distribuzione. Mettila in scaricamento libero su Internet; ma non dopo un certo tempo, dico subito. Fai vedere che anche tu, caro Mario, scrivi per combattere e non per guadagnare vaìni divertendoti. E i collaboratori pagati insieme a te, ché tanto anche loro mica ce ne hanno tanto bisogno. L'altro giorno, qui a Firenze, son passato per caso sotto casa di Federico Maria Sardelli in Oltrarno; non mi è sembrata una casa popolare, e se tanto mi dà tanto nemmeno te abiti a Shangay o allo Stringi-Stringi.

Ché poi, caro Mario, non so se ti sei accorto di un'altra cosa.

Non fai più male a nessuno. Oramai sei istituzionalizzato. Una specie di Canard Enchaîné o di Charlie Hebdo, ma senza inchieste, senza approfondimento, senza midollo. Il Canard, perlomeno, con certe sue inchieste ha fatto tremare i palazzi e spedito a casa un président; tu cosa fai tremare? Nemmeno la Gelateria Popolare di piazza del Voltone. Fai ridere, raccogli applausi e raccogli quattrini. Non per niente vogliono chiuderci i blog, a noi; a te non ti vuole chiudere nessuno. Non lo hai notato? Nemmeno un numerino sequestrato, quando a noi ci minacciano ogni giorno. Servi a far vedere che in questo paese c'è ancora la "libertà", ma la libertà, quella vera, ce l'ha in mano chi, come noi, non ha bisogno di vendere per esprimerla.

Ché, tanto, arriviamo sempre prima di te. Zàc. Senza disegnini, è vero. Senza Luana la Babysitter, senza il Troio, senza nonno Quagliotti, senza la Tryppa. Senze carriere collaterali. Senza un cazzo. Eppure di noi hanno paura; di te no.

E allora comincia a far paura almeno un pochino.
Smettila di fare il paraculo a pagamento.
Pìgliati qualche rischio serio.
La letterina a don Santoro farebbe divertire anche Berlusconi.
Il Tafferuglio Interiore no, tanto così per restare a Livorno.

Saluti e buon anno.

Riccardo Venturi, via dell'Argingrosso 65/C
50142 Firenze
ex abitante di via Garibaldi 41
57122 Livorno
Interprete e traduttore in sospensione
Autista di ambulanze
Blogger asociale.




lunedì 28 dicembre 2009

La Libertà (è l'oro migliore)


Voglio fare un piccolo regalo di fine anno. Ognuno, poi, ne potrà fare quel che vuole. Qui dentro non esiste alcun copyright.

Quello che segue è un canto di libertà. Non proviene dall'oggi e neanche dall'altro ieri. Lo scrisse, nel 1439, un vescovo svedese, Thomas af Strängnäs, che morì pochi anni dopo (nel 1443); usò però la lingua danese, che allora era quella che godeva di maggior prestigio in Scandinavia.

In realtà fa parte di un componimento più lungo, intitolato Engelbrektsvise ("Canto di Engelberto"). Si trattava di un lungo poema dedicato a un piccolo nobile svedese decaduto, Engelbrecht Engelbrechtsson, che mobilitò e guidò i contadini della Dalecarlia ad una rivolta contro le tasse e i balzelli imposti dal re Erik agli svedesi e ai norvegesi per finanziare la sua guerra nello Schleswig-Holstein. Uno di quegli episodi di cui si sa poco, anche perché finì con il sovrano che dovette fare le valigie e rinunciare al trono. Nella Storia è sempre scomodo sapere che una rivolta di contadini abbatte un re, ovvero che qualcuno ha camminato sopra la sua testa ancor prima che Shakespeare mettesse il concetto in bella forma.

In seguito, le strofe che seguono furono "staccate" dal poema a formare questo canto, che si chiama Ffrihed er thet bedste Gwld, ovvero: "La libertà è l'oro migliore". Dovrei dire cose del tipo "è noto con questo titolo", se non fosse per il fatto che non è noto affatto. Mi sono imbattuto in esso cercando antiche canzoni in lingua danese (mica tutti possono avere come passatempo la pesca o il bungee-jumping...), e ho deciso di improvvisarne una traduzionaccia italiana. Il canto fu poi messo in musica nel 1920 dal compositore Carl Nielsen. Riporto prima il testo originale, e poi la traduzione. Spero che tutti noteranno la perfetta descrizione del mondo d'oggi, e particolarmente dell'Italia dove imperano la libertà e l'amore.

FFRIHED ER THET BEDSTE GWLD (1439)

Ffrihed er thet bedste Gwld
som Sol bestraaler offuer Muld,
lad then dit smycke wære !
Ja, ther som thu thig self har kiær,
da holdt then mer end Liffuet wærdt !
. thy Ffrihed fölgher ære.

Ffrihed er en Borghe muur,
hwor Modet stöder höit i lur
mod alle Fiender Gramme.
Sig thu them kækt wed Porten : stop !
kun Ffeyhed lwcker Porten opp
. och lister bort med Skamme.

Ffrihed er en Stadt saa skiönn,
hwor Eniigheden bor i Lönn,
och nabo smuckt sigh föier.
Hwor saa man skatter egen Arf,
at alle ser paa næstens Tarf,
. och ingen Retten böier.

Ffrihed er thet gyldne Skioldt
mod Afwind list och Ofwerwoldt,
hwor Retsind förer Swærthet.
Bagh then kan Ffredens Ranker groe,
men hwor then ei kan fæste boe,
. maa Ffreden flye for Ffærthet.

Ffrihed er som Fwgl i Haand
med Moders Röst och Faders Aand ;
holdt far om Ffwglens Vinge !
Kun Galgen fwgl thig bilder ind,
at naar den flöie ffor Vejr och Vind,
. kan han iigen then bringe.

Ffrihed er en Konge hog,
ther stack i Sky naar bort then flöie
ffor ghæffues thu then locker.
Thin Ffred och Glæde fölgher medt,
alt som then flyiuer laanght af Ledt
. mens Örnene sigh flocker.

Ffrihed er en deiligh Brudt,
som wiil digh fölghe ind och udt,
elsk Hende höit medt ære !
Naar Hende thu tiil Hwstru faar,
da ages heerlight læs i Gaard,
. thi alt hwn wiil digh wære.

Ffrihed er en sicker Haafn,
wendt al tiid kun modt then thin stafn,
da er thu frelsit af fare !
Ffor Kvnge skiib och mindste baadt
har then modt Storm och Bolge raadt,
. then alle wiil beware.

LA LIBERTA' E' L'ORO MIGLIORE (1439)

La libertà è l'oro migliore,
come sole splende sulla terra,
fa' che sia il tuo gioiello!
Sì, e poiché ami te stesso
allora abbila più cara della vita!
Ché la libertà è causa d'onore.

La libertà è un baluardo
ove il coraggio sta lassù di guardia
contro ogni nemico feroce.
Di' loro arditamente alla porta: ”Fermi!”
Solo la vigliaccheria apre la porta
E poi se ne va via nella vergogna.

La libertà è una città tanto bella
dove la concordia abita in segreto
e ci si accorda ottimamente col vicino,
e dove tanto si apprezza ciò che si ha
che tutti pensano al bene del prossimo
e nessuno piega il diritto al proprio interesse.

La libertà è lo scudo prezioso
contro il rancore, la malizia e la violenza,
dove il buonsenso prevale sulla spada.
Dietro di lei crescono le vigne della pace,
ma laddove essa non può aver fissa dimora
la pace se ne va via spaventata.

La libertà è come un passero che si tiene in mano:
se sente il canto della madre e il fiato del padre
prova un po' a trattenergli le ali!
E chi è in galera ti fa immaginare
che, quando sarà evaso all'aria e al vento
nessuno potrà riportarlo dentro.

La libertà è un falco reale
che vola nel cielo una volta libratosi via:
invano tenterai di fermarlo.
Ne seguiranno per te pace e gioia,
è tutto ciò che vola via da ogni parte
mentre le aquile si radunano.

La libertà è una sposa deliziosa
che ti seguirà in ogni luogo:
amala e onorala grandemente!
Quando la prenderai in isposa
avrai presso di te un patrimonio enorme
perché per sempre tu sarai lei, e lei te.

La libertà è un porto sicuro,
dirigi sempre verso di lei il tuo timone
perché sarai libero da ogni pericolo.
Ché lei ha un rimedio contro tempeste e marosi
sia per le navi del re che per le barche dei poveri,
e tutte quante le proteggerà.



(Buon anno.)

A giro per blog (4): Call of the West


Come tutte le persone che hanno con le lingue straniere un rapporto quotidiano, provo costantemente il sottile piacere di storpiarle. Specialmente l'inglese. Lungi dall'essere una derisione, è anzi un segno di profondo affetto; e così il blog Call of the West, tenuto dall'amico Harmonica, è diventato, sin dai primi giorni che lo seguo, il Callo dell'Ovest. Al mattino, quando non ho da andare a lavorare troppo presto, mi dico davanti alla tazza di caffè bollente: "...e ora una giratina sul Callo dell'Ovest!"; alla sera, quando ho voglia di un po' di musica bella soda -specie ora che mi hanno regalato du' belle bottiglie di rum cubano serio- la passata sul Callo dell'Ovest è piacevolmente obbligatoria. La storpiatura è anche, in sé, evocativa; o meglio, quel che evoca si affianca all'originale. Accanto al Richiamo dell'Ovest (o del West) ci sono i calli che, sicuramente, dovevano essere presenti in gran copia sui piedi e sulle mani dei pionieri, dei banditi, del giudice Roy Bean (Law west of Pecos), dei fratelli Dalton, dei ciarlatani che vendevano l'elisir di lunga vita, dei soldati. Non era un paese per scarpe comode. Il richiamo e il callo sono andati di pari passo, e ci vanno tuttora.

Il Callo dell'Ovest è un blog che parla, prevalentemente, di musica e di canzoni. Senza per questo avere alcun limite, com'è giusto che sia per ogni blog; e, da quando l'ho scoperto, mi ha colmato una lacuna. Ma mi spiegherò meglio.

Un blog non è soltanto quel che ci si scrive dentro, più o meno ogni giorno; è fatto anche dai link che propone. Anche i link sono l'esposizione dei propri interessi e di ciò che si ama. Fino alla scoperta del Callo, mancava tra i miei link un blog che mi soddisfacesse appieno per quanto riguarda la musica; e io sono di gusti piuttosto difficilini. Non è solamente la musica, ma anche e soprattutto come se ne parla. Ci può essere un blog musicale completissimo e competente per ciò che propone e fa conoscere, ma tenuto da qualcuno che non ne sa parlare, oppure ne parla con monotonia, sussiego o pedanteria. Tra parentesi, è il motivo per il quale io parlo poco o punto di musica (e di cinema): mi sono accorto generalmente di essere monotono, sussiegoso e pedante. Per il cinema, poi, sono anche discretamente incompetente. Conoscendo i miei limiti, lascio quindi la palla agli altri e cerco il Golden Link. Per il cinema l'ho trovato con il Colonnello Kurtz, e per la musica con l'Harmonica (per il quale, in certe serate particolarmente deliranti ho anche creato le "sorelle altereghe" Harpiera, Harjessica e Harvanessa, rispettivamente per i Calli dell'Est, del Nord e del Sud).

Cosa vuol dire, per me, "saper parlare" di qualcosa? Vuol dire, in primis, parlarne con semplicità, senza troppa vuota mitizzazione, e in modo da interessare e appassionare. Harmonica è un appassionato di musica americana; la chiamo così, genericamente, perché non do un eccessivo senso alle etichette. Conosco un autore su venti di quelli che nomina, e questa è una cosa importantissima. Non mi piacerebbe conoscere troppo. Quando si conosce troppo si perde il piacere e la bellezza di scoprire, e di imparare. Harmonica non fa mai voli pindarici, né propone troppe associazioni per la musica di cui parla. Ci sono dei parlatori di musica che indulgono un po' troppo alla cinematografia, bombardando le canzoni di immagini provenienti dal proprio immaginario -filmico o personale; Harmonica ha il dono della concisione discorsiva. Così facendo, crea curiosità; e si scoprono i tesori senza basarsi troppo sulle suggestioni di altri.

Un tesoro, ad esempio, è Matt the Electrician. Amore a prima vista. Ed è bene, cliccando sul link, che leggiate come Harmonica lo presenta assieme alla sua canzone Animal Boy. Due minuti e Matt diventa uno di noi, one of us. Ma il Callo dell'Ovest non è soltanto questo.

È anche fatti, tra le altre cose; ma lo stile è sempre quello. Semplice e diretto, senza tanti fronzoli. Con le sue vedute, che piacciano o non piacciano. Non sempre mi piacciono, lo dico senza problemi; vederlo ad esempio rilanciare l'appello che quel povero demente di Massimo Cacciari fa a Napolitano, il presidente più imbelle e insulso che questa disgraziata Repubblica abbia avuto, mi ha fatto un po' grattare la pera. Ma, del resto, anche il sottoscritto farà -com'è forza di cose- grattare la pera a diversa gente con certe sue posizioncine non propriamente concilianti; quindi, uno a uno e palla al centro. A proposito di palla al centro: l'Harmonica, come me, è un tifoso viola fino nel midollo delle ossa. E, in certe occasioni, siamo andati perfettamente all'unisono.

Last but not least, il Callo dell'Ovest è l'unico blog che linka "en bloc" tutto l'Asocial Network: non soltanto l'Ekbloggethi, ma anche il Treggia's Blog e la Gatta Pampalea. Di fronte a ciò, stante la mia soave e smisurata immodestia, riesco a sopportare anche un Napolitano di tanto in tanto :-)*

In conclusione, un blog da tenersi stretto. Anche se mi piacerebbe che Harmonica non cambiasse così spesso la "mascherina" (o layout): da quando lo conosco, l'avrà oramai modificata quattro o cinque volte. È esattamente per questo che ho voluto qui riprodurre la foto che più mi piaceva, quella con Clint Eastwood che suona l'armonica. Ho come un lievissimo presentimento che a tutti e due garbino smodatamente i film di Sergio Leone. Ora, per fortuna, ci ha messo un Transporter T1; se proprio dovesse ricambiare ogni cosa, azzardo una richiesta: quella di metterci Arlo Guthrie che guida il T1 rosso in Alice's Restaurant. Foto a grandezza smodata, please, com'era quella di Armonica!

* Pregasi notare la rarissima "faccina" in un mio post; un evento quasi eccezionale.

domenica 27 dicembre 2009

Scaletta dell'Odio per l'anno 2010


29 gennaio 2010. Uno squilibrato aggredisce il segretario della “Nuova DC”, nonché ministro per l'attuazione del programma, Gianfranco Rotondi, sorprendendolo all'uscita di un cinema a luci rosse dove si proietta una retrospettiva di Gabriel Pontello. Lo squilibrato gli tira addosso un fallo di bronzo gridando, assai in tema, ifix tchen tchen! Accade però l'impensabile: il fallo bronzeo aderisce perfettamente alla testa del ministro, come ne facesse parte inscindibile. L'importante politico resta illeso, ma i medici sentenziano che dovrà restare vita natural durante con il cazzo in testa in quanto la sua rimozione comporterebbe gli stessi pericoli della separazione di due gemelli siamesi.

15 febbraio 2010. Dopo due settimane in cui Silvio Berlusconi, il Pontefice, Napolitano, Bersani e Antonella Clerici predicano accoratamente l'amore che deve prevalere sull'odio, una psicolabile del Liechtenstein, in risposta al vile attentato a Rotondi, tira addosso al leader dell'Italia dei Valori, Antonio di Pietro, una ghigliottina. Non un modellino, ma una ghigliottina autentica, da lei personalmente fatta costruire da un valente artigiano di Lucerna. Colpito in pieno da quel singolare oggetto, Antonio di Pietro subisce una repentina trasformazione: comincia a parlare perfettamente azzeccando tutti i congiuntivi, si dichiara per l'abbattimento totale delle carceri e, la sera, si presenta al Leoncavallo con una cospicua provvista di erba, offrendola gratuitamente a tutti. Il giorno dopo compare in parlamento con una chitarra, e davanti agli esterrefatti onorevoli, chiesta la parola in aula al presidente Fini, canta per intero Alice's Restaurant Massacree di Arlo Guthrie.



18 marzo 2010. L'Italia non si è ancora ripresa dai recenti avvenimenti, quando un matto da legare, durante una visita del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, a Isernia, si fa largo tra la folla festante vestito di tutto punto e gli tira addosso un putipù, tipico strumento musicale partenopeo. Subito fermato dai carabinieri, l'attentatore (un noto studioso locale a nome Giambattista Faralli) dichiara: “È un gesto che rientra nella tradizione sannita, e ne ho voluto fare omaggio al Capo dello Stato”. Pur colpito di striscio dalla caccavella, il presidente Napolitano si dichiara disponibile al perdono e, anzi, invita Faralli ad un concertino assieme. Intervistato da Omero Ciai di Repubblica, Napolitano afferma: “In questi gravi momenti bisogna dar prova di unità e di attaccamento alle tradizioni: per questo suonerò il mandolino e preparerò la pizza.”


1° aprile 2010. Le agenzie di stampa battono la notizia di un grave attentato subìto dal leader di Sinistra e Libertà, Nichi Vendola. All'ingresso di un atelier grafico dove si era recato per studiare la 45a versione del simbolo del suo movimento, un folle gli tira addosso nientepopodimeno che una falce e un martello. Colpito in rapida sequenza dai due attrezzi, Vendola inizia immediatamente a scindersi: in due, quattro, otto, sedici, ventiquattro, quarantotto vendolini. Pare che la scissione stia continuando tuttora, con un Vendola oramai scisso in particelle subatomiche. Intervistato al riguardo, il celebre fisico e Premio Nobel Carlo Rubbia ha paventato l'esistenza del vendolone, o sinistro-libertone. “Non verrà definito sinistro libertino per non dar luogo a facili battute”, ha concluso Rubbia. NB. Le agenzie precisano che non si tratta di un pesce d'aprile.

14 giugno 2010. Dopo un mese e mezzo di calma, periodo durante il quale Berlusconi riesce a restaurare l'amore nel paese profittando anche di un lieve terremoto che fa sprofondare nelle viscere della terra l'operosa cittadina di Coccaglio (BS), accade un inquietante episodio: durante un concerto tenuto nel giorno del suo settantesimo compleanno, un pazzo furibondo, tale Stefano Ciofini, tira addosso al noto cantautore Francesco Guccini un fiasco di vino Chianti “Dievole”, millesimato e dal notevolissimo valore commerciale. Guccini non solo non lo schiva, ma prorompendo in un “Ooooh! Finalmente!”, si impadronisce del fiasco e se lo scola interamente in otto secondi netti, stile Superciuk. Dal palco, poi, urla: “Se me ne tirate altri, vi canto subito Canzone quasi d'Amore che vince sul quasi Odio!”. Applausi scroscianti; l'attentatore viene rinchiuso nella tenuta di Tignanello.

10 luglio 2010. Scoppia lo “Scandalo B&B”: il presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, viene sorpreso in un bagno di Palazzo Chigi mentre annusa voluttuosamente un paio di mutadine da donna. Dopo una rapida indagine, viene appurato che l'indumento appartiene all'on. Maria Rosaria Bindi, detta Rosy, dallo stesso Berlusconi crudelmente sbeffeggiata lo scorso anno. Il Cavaliere dichiara candidamente: “Era tutta una finta per nascondere il nostro amore. Io e Rosy ci amiamo perché l'amore vince sempre sull'odio. Ci sposeremo non appena avrò ottenuto il divorzio da Veronica.” Si scatena la più qualificata stampa nazionale, da Chi a Novella 3000. Top Girl lancia tra le quindicenni il Rosy Look; le nozze si annunciano in S. Pietro a Roma, celebrate da Sua Santità Benedetto Decimosesto in persona. Invitati d'onore Massimo Tartaglia e Susanna Maiolo, che per l'occasione saranno addetti al lancio del riso addosso ai due sposini.

12 agosto 2010. A pochi giorni dal Ferragosto, in una Milano semideserta, il leader della Lega Nord, Umberto Bossi, mentre passeggia per via Montenapoleone viene fatto oggetto del lancio di comunissima merda di cane, da una finestra al terzo piano. La notizia irrompe nelle sonnacchiose cronache del periodo, dominate dalle vacanze dei VIP e dal tormentone musicale estivo, Love's Gonna Kill Hate dei redivivi Santo California. Bossi, ancora palesemente smerdato, parla immediatamente di “atto terroristico” e minaccia la scesa in campo dei suoi opliti armati della Val Brembana. Richiamato a Roma, il presidente Napoletano deplora il gravissimo episodio e, in segno di solidarietà, regala a Bossi il putipù tiratogli in marzo a Isernia. Bossi mostra di gradire il gesto ringraziando il Presidente della Repubblica del dono di quell'utile attrezzo per fare il burro casereccio. Napolitano, offeso nella sua napoletanità, precisa che si tratta di uno strumento musicale. Si sfiora il conflitto istituzionale. Intervengono Bersani e Fini: la “crisi della merda di Ferragosto” (Mid-August Dogshit Crisis, come la definisce il New York Times) tiene con il fiato sospeso tutto il paese per qualche giorno, per poi rientrare grazie al provvidenziale inizio del campionato di calcio.

24 ottobre 2010. Mentre il Paese vive un'ondata di gelo nell'ottobre più freddo da 276 anni, 4 mesi, 8 giorni, 19 ore, 23 minuti e 14 secondi a questa parte (come precisato per quindici giorni di fila nelle notizie di apertura del TG4), S.E. il cardinale Bagnasco, presidente della Conferenza Epistolare Italiana (così la chiama Luca Giurato), viene fatto segno, nella sede arcivescovile di Genova, del lancio di una fugassa assai unta da parte di una vecchia afflitta da turbe psichiche. La fugassa si stampa sul viso dell'alto prelato il quale, essendone assai ghiotto, se la sbafa in pochi secondi. L'anziana attentatrice, subito bloccata dalle forze dell'ordine, si dichiara soddisfatta: “Era una scommessa con una mia vicina di Via Prè” -afferma in genovese stretto-. “Diceva che quello lì, pur essendo un magnapane a ufo, non sarebbe stato capace di inghiottire una fugassa bisunta intera come la faccio io. Avete visto tutti. Ho vinto la scommessa, portatemi pure in galera.” Il cardinal Bagnasco, con gesto magnanimo, invoca sulla povera donna il perdono divino; dopo qualche ora, però, comincia a provare degli atroci dolori di pancia. Alla notizia, il presidente del consiglio Berlusconi e il presidente della Repubblica Napolitano (in compagnia dell'oramai inseparabile Faralli con il quale ha formato il duo “Fara & Napo”) accorrono a Genova ordinando a Bertolaso di provvedere all'invio di cinque quintali di purgante. La domenica successiva, all'Angelus, il Santo Padre invita a pregare per la salute di Bagnasco con una formula latina mutuata dalla più antica tradizione ecclesiastica: Domine, Iesu Christe et Spiritus Sancte, mittite ei abundantem Guttalacem pro salvatione sua!




13 dicembre 2010. In occasione del primo anniversario del mortale attentato da lui subito per mano dello squilibrato Massimo Tartaglia, il presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, si reca a Milano per una commemorazione durante la quale, annuncia il suo portavoce Bonaiuti, Egli solleverà il Duomo di Milano (quello vero) con la forza del pensiero e dell'amore. Accorre una folla oceanica. La cosa riesce in parte: concentrandosi sovrumanamente, Berlusconi riesce sì a far librare in aria lo storico edificio; ma distrattosi all'improvviso per il passaggio di una leggiadra diciassettenne in minigonna, fa cadere l'intero Duomo sulla piazza provocando circa trentaduemila morti. La sventurata ragazza viene subito arrestata come psicolabile e rinchiusa a Villa Certosa. Berlusconi si dichiara “addolorato per lo spiacevole inconveniente dovuto alla cultura dell'odio”, ma si dichiara soddisfatto per la parziale riuscita del sollevamento. Conclude affermando che “ad ogni modo, i sondaggi da me ordinati hanno accertato che la maggior parte delle vittime era formata da comunisti e interisti”. Tra le vittime anche l'oramai ex onorevole Antonio di Pietro, che sventolava una bandiera rossonera; appresa la notizia, Berlusconi dichiara: “Sono lieto che Di Pietro sia morto nella redenzione e con la fede milanista nel cuore. Anche in questo caso l'amore ha vinto sull'odio”. Ma era una bandiera anarchica.

venerdì 25 dicembre 2009

Ad Majolum !


Lo confesso.

Non appena ho saputo che SS (in tutti i sensi) Benedetto Decimosesto era stato aggredito e tirato giù pélle terre dalla Maiolo, ho pensato immediatamente a costei:


Tutto pareva combaciare: il vestito rosso, le turbe psichiche, il bisogno compulsivo di mettersi in mostra e far parlare di sé. In breve: l'onorevolessa Tiziana Maiolo nata e spiccicata. Una che, con la massima disinvoltura, passa da Rifondazione Comunista a Forzitàglia, può benissimo anche far battere un bel roncio al Papa.

Poi, invece, ho saputo che si trattava di tale Susanna Maiolo, svizzera ticinese; e mi è preso da ridere lo stesso. Però queste son cose mie. Certo, però, che da una svizzera mi sarei aspettato ben altro. Che so io, visto che il Tartaglia ha tirato a Berlusconi un duomino, lei poteva tirare addosso al papa un minaretino. Sai ganzo sarebbe stato!

E ora me ne torno a passare il mio bel Natalo, da solo, influenzato, con la febbre alta, dolori dappertutto, aspirine, tachipirine e minestrine.


giovedì 24 dicembre 2009

Nobodymas


Lo sciopero era cominciato in luglio, tra i minatori del rame del Michigan. La protesta era stata scatenata dall'introduzione dell'one-man drill, la perforatrice comandata da un solo uomo con l'aiuto di un supporto; fino ad allora si usava il cosiddetto buddy system ("sistema col compagno", o "con l'amico"), o two-man drill. La macchina veniva comandata in due, con uno che la reggeva, e se succedeva un incidente uno poteva aiutare l'altro a cavarsela. L'one-man drill condannava il minatore alla solitudine e all'isolamento, oltre che alla consueta fatica malpagata; oltretutto, ciò comportava il dimezzamento della forza lavoro con il conseguente rischio della perdita di migliaia di posti di lavoro.


I minatori passarono poi a chiedere la riduzione dell'orario di lavoro a otto ore (se otto ore vi sembran poche, la giornata lavorativa era di dieci), e un aumento del salario giornaliero a tre dollari e cinquanta; i quali, anche considerando il potere d'acquisto, erano una miseria anche allora. Le compagnie minerarie, ovviamente, rifiutarono tutto quanto; alla fine dello sciopero, nove mesi dopo, accordarono però la riduzione a otto ore e l'aumento salariale, mentre non cedettero sul ritorno al two-man drill. Nel frattempo avevano orchestrato tutta una campagna di disinformazione e delegittimazione; i lavoratori in sciopero erano diventati facinorosi (bullies) e comunistacci (commies). Alla campagna di delegittimazione e denigrazione era stata, naturalmente, affiancato l'intervento dell'autorità: la Michigan State Militia, a cavallo, si occupava della repressione più dura in occasione delle manifestazioni e dei raduni degli scioperanti; non molto prima aveva attaccato la folla durante un rally, provocando otto morti. Inoltre, bande di persone al soldo delle compagnie (detti thugs, "tagliagole") intimidivano i lavoratori con minacce e pestaggi "ad hoc", specialmente nelle ore notturne. E poi venne Natale.

Annie Clemenic.

Per il Natale di quell'anno 1913, anche per dare un po' di respiro e una giornata di serenità ai lavoratori in sciopero e alle loro famiglie, una donna, "Big" Annie Clemenic, moglie di un leader operaio (e, a sua volta, presidentessa della "Unione delle Ausiliarie"), aveva organizzato una festa. Una bella festa di Natale tutta per loro, con regali, musica, balli, alberi addobbati. Fatta soprattutto per i figli dei lavoratori, che avrebbero così potuto passare un Natale come si deve in mezzo alla tempesta. Aveva affittato, per la festa, una sala al secondo piano della Società Mutua Beneficenza Italiana (la grafia "Beneficenza" appare così nell'insegna) di Calumet, detta comunemente Italian Hall. Italiani erano, del resto, parecchi minatori in sciopero; ma il motivo principale della scelta era che la "Sala Italiana" era l'unica abbastanza grande per poter ospitare una festa del genere.



Come tutte le feste natalizie, era stata organizzata per il pomeriggio del 24 dicembre. Allegria, il rumore dei regali scartati, l'orchestra, la gente che balla. Ad un certo punto, qualcuno entra nella sala gridando qualcosa: Fire! Vale a dire: Al fuoco!; uno stupido scherzo o, forse, qualcos'altro. Qualcosa di ben peggiore. Gruppetti di noti thugs erano del resto stati notati all'esterno dell'edificio.

Intuendo il pericolo, "Big" Annie Clemenic si affretta a controllare, e si accorge che non c'è assolutamente nessun incendio; torna nella sala e lo urla a gran voce. Troppo tardi. Il panico si è già impadronito di tutti, che si precipitano per le scale, verso l'uscita; nel frattempo, però, casualmente, sempre qualcuno si è occupato di chiudere la porta d'ingresso. Si tratta di una doppia porta: quella esterna si apre verso l'esterno, ma quella interna si apre verso l'interno; altrettanto casualmente quella chiusa è proprio quella interna. La folla in fuga trova la porta sbarrata, e spingendosi rovina addosso a se stessa. È il massacro.



Settantatré persone vengono schiacciate a morte sulla scala d'uscita; oltre la metà di esse sono bambine e bambini tra i 6 e i 12 anni. Alcuni di loro, accatastati come oggetti, si vedono nella foto sotto il titolo. Non si è mai saputo, dal 1913, chi sia stato a entrare nella sala gridando al falso incendio; anche se è abbastanza facile intuire chi potesse avere lo stupido interesse a giocare un atroce tiro del genere. Alcune ipotesi vengono fatte in questa pagina, proveniente da un sito interamente dedicato alla strage di "Natale" di Calumet (e dal quale sono state tratte tutte le foto qui presenti).

Le vittime, sebbene la tragica festa si stesse svolgendo presso un'istituzione della comunità italiana, furono quasi tutte di origine scandinava, e particolarmente finlandese (questo spiega la dicitura in lingua finlandese sulla foto della rampa di scale); di origine italiana furono soltanto poche. Ma c'era mezzo mondo comunque: croati (come la stessa Annie Clemenic, ovvero Klemenić) , svedesi (come Joe Hill), lituani, tedeschi. Alcuni dei ragazzi più grandi morti su quella scala si preparavano, probabilmente, a scendere giù in miniera di lì a non molto tempo. Sul massacro di Calumet, poi, Woody Guthrie scrisse una famosa canzone. È qui sotto, con la sua chitarra ammazzafascisti.



E con questa storia lontana, lontanissima tutto intendo fuorché augurarvi "Buon Natale". Bisogna proprio che ve lo dica. Non è fatta per questo. Calumet, 24 dicembre 1913: uno delle centinaia di migliaia di luoghi, nel mondo e nella storia, dove il signor Yehoshua doveva essere in tutt'altre faccende affaccendato. Non nacque affatto; morirono invece decine di bambini dimenticati. Morirono gli Hakkinen, gli Aaltonen, gli Isola, i Lindström, i Kotsijärvi, i Mihailovic, i Millykangas. Tutti nomi troppo strani, buoni solo per essere trasformati in nessuno. Nobodymas.



martedì 22 dicembre 2009

La fontana di Chiessi


Non si può dire che fosse sempre buona, quell'acqua; fuori dall'estate lo era, perché veniva giù dal monte, fresca, senza scorie. D'estate, invece, era come se vi si concentrasse ogni capriccio di terra e di sale; e d'aria.

Ma era acqua, e non c'era da essere troppo schizzinosi. L'acqua di Chiessi, con la sua fontana e le sue sorelle pazze che la difendevano con le unghie e con i denti; e, alle volte, anche con le seggiole e coi sassi. Nella piazzetta sotto la strada provinciale c'erano sempre delle seggiole, e le due sorelle non esitavano a tirarle addosso ai foresti che arrivavano con le taniche e con le bottiglie; oppure si mettevano sulla provinciale e pigliavano a sassate chi si avvicinava alla cannella. Matte sì, e da legare, e me le ricordo già vecchie quand'ero bambino; ne è morta però una sola. L'altra è ancora viva e non più di quattro o cinque anni fa era ancora alla fontana a fare il diavolo a quattro.

Ché occorre immaginarsele bambine e ragazze, in quel paese tagliato fuori dal mondo ma davanti al mare senza fine. Una mulattiera, il somaro, i sacchi e le barche; e quell'unica acqua per bere e per lavarsi un po'. La mamma e la nonna che dicevano loro, se sorprendevano qualcuno alla fontana, di cacciarlo via. Era del paese, e nessuno doveva prenderla. Un bicchiere in meno di quell'acqua era un bicchiere in più di sete. Ci batte il sole. Ci batte il vento di ponente. Una ponentata a Chiessi non è affar di poco, può essere la morte a portata di mano.

Ci si buttano in mare, a volte, gli stranieri. Mi toccò, da ragazzo, fare un viaggio intero, di notte, da Chiessi fino al vecchio cimitero di San Mamiliano, a Campo, accanto a un morto. Un francese che s'era fissato di nuotare col ponente; a buio il mare lo risputò sulla spiaggia, gonfio, la sua barba d'uomo maturo ma con poca dimestichezza del mare calmo, e con nessuna del mare scatenato. Si partì con una vecchia Fiat 131 familiare guidata da un prete spretato che aveva fatto quattro o cinque figli, e teneva una locanda; e siccome la barella non aveva le cinghie per legarlo e tenerlo fermo, ché i morti si muovono sempre come vogliono loro e in ispecial modo su una strada dove il rettilineo più lungo misura due metri, mi toccò andar dietro a reggerlo. Mentre s'arrivava a Campo, quasi mi ci ero messo a conversare; a certe curve secche mi si rovesciava addosso, ché l'autista andava forte. Non fa piacere a nessuno viaggiare con un cadavere a bordo, e si tende a sbrigarsela rapidamente. Avevo, in quel 1981, diciott'anni; e non so quanti diciottenni si sian fatti un viaggetto con un francese morto, e nudo, accanto. Al cimitero c'era già la Mezzasoma a trattarlo; non mi ricordo come si chiamava, era la Mezzasoma e basta.

A Chiessi, a prender l'acqua dalla fontana a nostro rischio e pericolo, ci andavo sempre con zio Ulisse, e da filelleno ancor prima che sapessi che esisteva la Grecia considero un onore avere uno zio che si chiama Ulisse. Ora ha novant'anni sonati, sta a Piombino vicino a una figlia, ma ha già detto che d'estate se ne torna all'Elba. Le isole, come sanno tutti, non esistono; però zio Ulisse non si pone tale squisito problema filosofico e a maggio o giugno chiapperà il traghetto, la Marmorica o l'Oglasa, per ritornare alla sua casa e al suo orto. Nel magazzino, fermo, credo che abbia sempre il vecchio Ape Car, col cassonetto aperto, di colore ocra. Era quello con cui s'andava a Chiessi alla fontana.

Mi piaceva andare con mio padre, su al Perone con la 850, a prendere l'acqua al Castagnone; ma con lo zio Ulisse era un'altra cosa. A quattordici o quindici anni ero già talmente alto e grosso che non ci stavo, accanto a lui, nell'abitacolo dell'Ape; e allora mi mettevo nel cassonetto, a pigliarmi addosso le sei di mattina d'estate. S'andava a quell'ora perché,alle otto e mezzo o alle nove ci sarebbe stata già la fila; e, poi, magari, le due vecchie matte erano ancora a dormire. Macché. Quelle lì, forse, non dormivano nemmeno; oppure si stendevano accanto alla fontana. Erano sempre lì. Gridavano maledizioni di tremila anni fa in un linguaggio che, mi disse uno, non veniva capito più nemmeno dai cinquanta o sessantenni del paese; ma sono certo che con Omero si sarebbero capite alla perfezione.

Quei dodici chilometri da solo, sul cassonetto, erano come la mia gloria. Con le gambe incrociate, quella specie di ossute zampacce di ragno degli adolescenti, rivolto verso il mare. A un certo punto, con la testa, abbracciavo la Pianosa, che allora era ancora una galera; ma non facevo gesti. Non era teatro, era il vento in faccia. Con lo scirocco si sudava quanto più se ne pigliava addosso, e non si vedeva nulla per la foschia; ma non importava. Lì da solo, senza chiedermi nulla, davanti al mare che disegnava le sue correnti; e cercavo di seguirle finché non si perdevano lontane, e intanto mi perdevo anch'io senza rendermene conto.



Mio zio era, allora, un omone con due braccia come tronchi d'albero. Aveva fatto per tutta la vita la guardia carceraria, il secondino; e non cercava mai scuse o giustificazioni. Diceva anche, in modo oltremodo chiaro, che coi detenuti un secondino non fa mai amicizia; ci poteva essere, casomai, rispetto. Ma in modo altrettanto chiaro chiamava cazzate quelle cose del tipo "un secondino è in galera come un detenuto". "Ai detenuti non danno lo stipendio e i detenuti la sera, o la domenica, non tornano a casa dalle famiglie". E, arrivati alla fontana, ci si metteva a sedere. Si dovevano fronteggiare le due vecchie, e a volte ci scappavano i calci; una volta una seggiolata addosso me la sono presa anch'io, e un'altra volta ne ho presa una di peso e scaraventata per terra. Poi scappavano urlando cose che sapevano essere terribili, specie perché sapevano che noialtri s'era di Campo e loro odiavano i campesi.

Nel cassone dell'Ape, se ce n'entravano di taniche; anzi, di canistri, come si dice all'Elba. È una di quelle parole che, a volte, mi sale dall'infanzia e mi viene da dire; come m'è successo da un benzinaio, una volta. Ero rimasto senza benzina e mi scusavo chiedendogli di prestarmi un canistro; questo continuava a guardarmi in modo interrogativo, finché non mi venne di dirgli "una tanica". I canistroni da venti o cinquanta litri, che per riempirne uno ci voleva mezz'ora sempre che non s'arrovesciasse per il peso dell'acqua, in bilico su una pietra sotto il rocchio della fontana. Bisognava arreggerlo, e intanto lo zio Ulisse mi raccontava le sue storie di galera. Gli ergastolani; a Portolongone aveva conosciuto anche Graziano Mesina, e per i sardi aveva una predilezione. Aveva imparato, e piuttosto bene, il sardo; o un miscuglio delle varie parlate sarde. Ogni tanto se ne veniva fuori con parole incomprensibili, ridendo, e raccontando.

Di quello lì, un Atzori, o Atzeni, o qualcosa con una "tz" nel mezzo, che s'era beccato trent'anni per avere ammazzato la moglie. L'aveva sorpresa con l'amante, e l'aveva massacrata a bottigliate in testa. O di quell'altro che aveva sterminato una carrettata intera d'una famiglia con cui c'erano state delle discussioni di proprietà agricola. E così via. Quel che avevano fatto, avevano fatto. Succede, poi, che a volte, e convinto, canto di respirare la stessa aria di un secondino non mi va; eppure l'ho respirata, e ne ho respirato le storie.

Intanto la fontana buttava. D'estate, il getto non era mai regolare. Un momento sembrava un idrante schiavardato, e il momento dopo usciva un pisciolino da far ridere. Occorreva portare pazienza, e ascoltare; io, di storie, non ne avevo. O, se ce le avevo, ero troppo giovane perché le sapessi dire, e perché si lasciassero ascoltare. E buttava, buttava, acqua salmastra, polverosa, calda; e non era raro che si stesse zitti, ad ascoltarla. Dai monti, a una cert'ora, spuntava un sole incarognito, e compariva qualcun altro con i suoi canistri e le sue bottiglie.

Tanto, oramai, s'era riempito tutto. Si doveva andare via perché nella piazzetta non c'era nemmeno un albero smunto, e si rischiava l'insolazione. Al ritorno avrei voluto riabbracciare la Pianosa, e la Corsica e Montecristo quando si vedevano; ma, piuttosto, dovevo abbracciare i canistri per non farli viaggiare di qua e di là. L'acqua serviva, e ogni goccia era costata qualcosa. E aveva dato qualcosa. Mio zio guidava piano, e io tiravo fuori una sigaretta. Mi raccontavo, mentre la confusione mi saliva i suoi scalini addosso, di nuovo quelle storie; e tornavo a seguire le correnti facendo con due dita, vicino ad un occhio, il gesto di camminarci sopra.


Supernatural Voyage Inc. (5a puntata)


1a puntata - 2a puntata - 3a puntata - 4a puntata

Alzo, prima di entrare nell'ascensore, un momento la testa. Non so nemmeno che cosa io mi aspetti di vedere; la torre, fatta di un materiale di color biancastro sporco, si perde nel nulla verticale. Ma non c'è tempo; siamo tutti dentro l'ATE, come lo chiama, in un impeto nazionalistico, una giovane signora che fa parte del gruppo. Non dice, però, àte, come la dea della discordia conosciuta da tutti i solutori di cruciverba; dice a-ti-e, staccando le lettere. Mi fa l'effetto, quella sigla italianizzata, d'essere montato su un autobus di una qualche azienda municipalizzata; che so io, di Enna o di Empoli. Ma le porte si chiudono, e parte al contempo una musica tra il languido, il melenso, l'andino e Andreas Vollenweider. Li ricononosco: sono gli Inti Misti, i loro cd si trovano da più di un anno in vendita esclusivamente presso gli Autogrill. Nessuno ci dà il benvenuto a bordo, ma è normale; siamo saliti su un ascensore, non su un aeroplano o su una nave. Non c'è nessun comandante. I due assistenti si sono chiusi dentro una specie di gabbiotto, strettissimo, protetto da lastre di vetro che dev'essere anti-ognicosa; alle loro spalle una semplice bottoniera. Quattro soli pulsanti. Riesco fortuitamente a leggere le diciture: Up, Down, Stop, Em. Em deve stare per Emergency. Cerco di scacciare dalla testa il pensiero di che cosa possa essere un'emergenza a bordo di un Ascensore Transiente Extracorporeo. Se fossi stato un fan di Toto Cutugno, maledizione, tutto questo non mi sarebbe successo. Lunga vita a Toto Cutugno.

- La Supernatural Voyage Inc. dà il suo benvenuto a bordo dell'Ascensore Transiente Extracorporeo alle amiche e agli amici italiani, fan del grande Fabrizio de André, ed augura loro un'indimenticabile ed unica esperienza...

La voce, talmente neutra da non riuscire a capire se sia d'un uomo o di una donna, non proviene dagli assistenti, ma da un piccolo altoparlante sistemato sul tetto della cabina. Ero stato pessimista. Il benvenuto c'è, e pure a bordo.

- Prima di iniziare il vostro viaggio, alcune informazioni. L'Ascensore Transiente Extracorporeo, frutto della più avanzata tecnologia e costruito appositamente dalla SVI nei suoi avveniristici stabilimenti di Bhopal, Angkor Vat, Bamako e Bruay sur l'Escaut, vi permetterà di raggiungere la vostra destinazione in ciò che vi sembrerà meno di due minuti.

Ciò che ci sembrerà. Comincio ad avvertire un vago senso d'inquietudine, e credo di non essere il solo.

- Circa a metà dell'ascensione (dice proprio così: ascensione; e nessuno potrebbe obiettare alcunché, dato che si tratta di un ascensore) avverrà la vostra transizione extracorporea, necessaria per il soggiorno nell'Altro Mondo. Lo stato di transizione extracorporea, che comporta la vostra momentanea trasformazione in puro spirito, non verrà da voi minimamente avvertito e continuerete ad avere una normale percezione, anche tattile, di voi stessi.

Mi chiedo, in un millisecondo, quanti abbiano veramente compreso che cosa ci sta per accadere. Trasformati momentaneamente in puro spirito; in pratica, ci rendono esattamente come anime dell'Altro Mondo, e senza nemmeno essere salve (tanto per restare in tema con il nostro beniamino genovese). Si sente una voce, piuttosto querula, di un giovane che indossa una maglietta con scritto I love Dolcenera; alla vita, un marsupio con lo stemma dell'Ascoli Calcio.

- Tàttile? Che vuole dire tàtti...?

Gli altri membri del gruppo, tranne me, lo zittiscono bruscamente. La voce dell'altoparlante continua:

- Allo stesso punto della discesa, verrà ripristinato il vostro normale stato corporeo; anche in questo caso non avvertirete alcunché. Ciononostante, è nostro dovere avvertirvi che, alcune ore dopo la discesa, soggetti particolarmente sensibili potrebbero avvertire un lieve senso di sovreccitazione dovuto alla metallassi pneumosomatica indotta (Induced Pneumosomatic Allaxis). Consigliamo in tale caso di astenersi da qualsiasi iniziativa e di riposare immediatamente, in quanto tale disturbo cessa automaticamente in pochi minuti. Seguite scrupolosamente le istruzioni che vi verranno date dagli assistenti, in qualsiasi momento del vostro viaggio e del vostro soggiorno. La Supernatural Voyage Inc. augura ancora alle gentili signore e ai signori un meraviglioso contatto con il vostro artista preferito. Click.

- Sorrisi ebeti. Nessuno sa che cosa voglia dire metallassi. Quello che sembra il capogruppo cerca di stemperare la tensione con una battuta: Ma è il congiuntivo del verbo metallare! Nessuno ride. Le porte della cabina sono chiuse. Tutti in piedi per la breve ascensione, a metà della quale; la cabina è comunque assai spaziosa e nessuno vi risulta pigiato; strano, dall'esterno mi era sembrata molto più piccola.

Guardo verso il gabbiotto vetrato dove stanno i due assistenti; è ricominciata l'insopportabile musichetta rilassante degli Inti Misti. Prima che l'assistente alto e magro prema il bottone Up riesco ancora a dare un ultimo pensiero a quella persona che mi sedeva accanto in aereo, quasi convincendomi che dev'essere stata un'allucinazione dovuta al jet-lag (il jet-lag è comodissimo per spiegare tutto), o un sogno mentre mi ero addormentato; del resto, uno che riesce a addormentarsi in un palazzetto dello sport mentre Guccini canta a diecimila decibel*, può benissimo sognare di parlare con un passeggero inesistente.

Ma siamo partiti. Lo avverto da una leggerissima spinta verso l'alto, sotto i piedi, come in un normale ascensore. E siamo in un normale ascensore, persino con gli assistenti. Come ne' firmi ameriàni, quelli dei grattacieli, quelli con Gregory Peck in giacca e cravatta. Solo che quegli ascensori lì finiscono al centocinquantesimo piano, sì, ma finiscono. Quello dove sono io finisce un po' più in su.

Due minuti, ha detto la voce dell'altoparlante. La Transazione, no, Transizione Extracorporea (che comunque è anche una transazione, visto che l'ho pagata) è circa a metà della salita. Comincio istintivamente a contare fino a sessanta; nessuno parla, e le espressioni dei visi (compreso, sicuramente, anche il mio) si fanno se possibile ancora più ebeti. Cinquantotto, cinquantanove, sessanta. Ecco. Ora è possibile, è verosimile, è probabile che io non sia più Riccardo Venturi, ma il suo puro spirito. Smetto di contare, e mi viene a mente proprio una canzone di De André, quella vecchia assai dove invitava Dio del cielo a scendere sulla Terra e a venirlo a cercare. E se la Supernatural Voyage Inc. avesse invece fatto scendere le anime de' defunti sulla Terra, per venire a cercare tutti coloro che in vita li avevano amati, e che s'arrangiassero un po' loro? Belli comodi, invece. Loro lassù, e noialtri sopra un ascensore come bischeri.




(5 - continua)

*Siena, 30 marzo 2001.

venerdì 18 dicembre 2009

Il paese dell'Amore


Devo fare un importantissimo annuncio a tutta la bloggheria in lingua italiana.

Sì, a voi. Voi che oggi avete parlato di Berlusconi, di Twitter defacciato dagli iraniani, del furto della scritta Arbeit macht frei a Auschwitz, di Berlusconi, dell'assoluzione di Stasi (ma Ghepeù sarà stato condannato?), della violenza quotidiana sulle donne, del weekend più freddo dell'anno, di Berlusconi, di Facebook, di arresti di antifascisti, dei somali cacciati via approfittando di un incendio, di repressione, di film, di musica, di Berlusconi, dei vertici-stronzata sul “clima” e di Berlusconi.

Oggi, mi spiace dirvelo, ma avete toppato alla grande. Non sono queste le notizie del giorno. Non ci avete proprio capito nulla, lasciatevelo dire. La notizia del giorno, anzi la notiziona perlomeno del mese è un'altra. Io non capisco davvero come possa esservi sfuggita; eppure, sanguiddìo, siete certamente più attenti di me all'attualità. Insomma, tocca pensarci a me. Però stavolta, per la miseria, non la passate liscia. Come minimo voglio altri cinque o sei sostenitori, ché son fermo a 23 da una vita e non vorrei dirvi quale significato abbia il numero 23 nella Smorfia. Perlomeno il ventiquattresimo per levarmi da questa impasse lo desiderei ardentemente.

Insomma, per farla breve, eccola qua, la notizia bomba. Ebbene sì: Emanuele Filiberto di Savoja canterà al festival di Sanremo. In uno strano trio composto, oltre che da lui, dal tenore Luca Canonici (e con quel cognome lì, si ripropone senz'altro la santa alleanza trono-chiesa) e, udite udite, da Pupo. Ma su quest'ultimo, ho un piccolo sospetto che esprimerò però più tardi.

Sempre che vi siate ripresi dalla notizia che vi ho appena dato, non è possibile non essere autenticamente raggianti. Diciamocelo francamente: la cosiddetta canzone italiana sta vivendo un momento non facile. Un tempo, per Giove, a Sanremo si vedeva gente come Domenico Modugno, come Sergio Endrigo, come Patty Pravo, come Claudio Villa, persino come Gino Latilla; ora siamo vicini al coma profondo. Non ho nessuna remora nell'attribuire tutto ciò all'istituzione della Repubblica. Solo la Monarchia, per mano del suo fulgido erede maschio, potrà salvare la canzone italiana dal tracollo definitivo. Guardate un po': oramai, nel mondo, è più seguito ed apprezzato anche il festival della canzone moldava. La kermesse sanremese non sapeva più a che santo votarsi; ma, fortunatamente, il principe Emanuele Filiberto scende in campo, pronto a risollevarne le sorti e ad essere incoronato, almeno al teatro Ariston.

L'importantissimo brano cui l'Italia intera si affida affinché la sua immagine, e la sua fama di paese della musica e del belcanto, siano confortate e le sia finalmente restituita la considerazione internazionale, è per di più un'accorata dichiarazione d'amore; e, in questo preciso frangente dove, finalmente, l'amore sta prevalendo sull'odio, esso sancisce, per tramite dell'ugola benedetta di Sua Maestà e dei suoi Scudieri, un passaggio storico fondamentale. Il brano si intitola infatti "Italia, amore mio".

Come è possibile non leggere, già da ora, in questo grido d'amore, tutta la Storia di questo miracoloso paese? E come è possibile non essere grati a chi, come la Real Casa Savoja, della quale Emanuele Filiberto, con la sua intelligenza cristallina, con la sua bellezza interiore ed esteriore, con il suo inveterato rigore e con il suo amore per la cultura, è ultimo e degno rappresentante, agisce finalmente per ridare all'Italia il primato morale e civile che le spetta di diritto?

Anche perché questa edizione del festival di Sanremo, sebbene già vinta in anticipo, si preannuncia storica. A partire dalla conduttrice, Antonella Clerici, che sfoggerà per l'occasione un grembiule da cucina creato appositamente per lei dalla Maison Dior; si avranno inoltre decisive canzoni in dialetto (come quella di Nino D'Angelo, dal titolo -Jammo jà- che senz'altro si rifà alla filosofia crociana). Nessun tema scottante sarà tralasciato, dall'ambiente (con Arisa, quella di Sincerità, che canterà Ma l'amore no, brano che inviterà finalmente a non andare a trombare sui prati verdi sennò si sciupano) all'attualità scientifica e astronomica (con Irene Grandi, peraltro nota specialista in razzoni, che canterà La cometa di Halley); dall'eutanasia, con il profondissimo Povia che citerà persino Eluana Englaro nella sua canzone La verità (sempre che che il signor Beppe Englaro non gli esploda contro, seduta stante, due colpi di 44 Magnum) alla situazione dell'Alitalia, affidata al cadavere riesumato di Toto Cutugno con il brano Aeroplani. Vi saranno inoltre il già vincitore Simone Cristicchi con Meno male (che forse stavolta ti levi di 'ulo), i Nomadi (sempre che non diano prima loro fuoco con tutto il campo), la figlia di Zucchero (si chiama Saccarina, ndr) e, ancora, Fabrizio Moro con un brano dal titolo emblematico: Non è una canzone. No, dico, e allora che cazzo sarà?

Completeranno il quadro artisti di solidissimo spessore come il vincitore dell'ultimo X-Factor, dal significativo cognome di Mengoni, e tale Noemi. No, non abbiate timore. Non si tratta di quella Noemi. Il suo vero nome è Veronica Scopelliti, ma con un nome del genere al massimo si può aspirare a fare la preside acida del liceo "Giosuè Pascoli" di Casalecchio di Reno.

Ovviamente, tutto questo è per la nuda cronaca; nonostante il loro indubbio valore, ed anche il loro estremo amore per l'Italia, tutti e tutte costoro altro non potranno che far da raggi al sole di Emanuele Filiberto di Savoja. Il paese dell'Amore è tornato. L'odio non prevarrà. Anche se.

Un piccolo sospetto, a dire il vero, ce l'ho. Sta tutto nella composizione del trio. Sarò stringato. Emanuele Filiberto di Savoja è, notoriamente, un tifoso sfegatato della Juventus; Pupo, altrettanto notoriamente, lo è della Fiorentina. Questa è un'alleanza del tutto innaturale. Come se un trio fosse composto anche da Umberto Eco e Pietro Taricone. O da Rocco Siffredi e Paola Binetti. Roba del genere, insomma. Non mi torna. A meno che, nel bel mezzo dell'esecuzione di Italia amore mio, Pupo non ne approfitti per cantare quel che veramente ha in mente:



giovedì 17 dicembre 2009

La normalità prospera. No, Prosperina.


Lo ammetto. In questi giorni, come tutti, mi sono lasciato prendere dalla mania del momento, ovverossia quella di dire la mia sulla “duomata” rifilata a Silvio Berlusconi. Non solo l'ho detta, ma mi sono anche divertito un mondo nel leggere un po' di reazioni in giro per la Rete, costellata di “paure”, di “pericoli di chiusura” (ma l'avete vista, però, la marciandrè' di Maroni?), di “ora ce lo teniamo per un milione di anni”, di serissime analisi travestite da puttanate, e di puttanate travestite da serissime analisi. Per chiudere la questione, mi limito a segnalare tre interventi che ritengo definitivi: quello di Guillermo Miguel Martínez Ball su Kelebek, quello di Paolo Persichetti (da Insorgenze) e il geniale fotomontaggio di Sassicaia Molotov sul Tafferuglio Interiore. Ma incombe la normalità. Incombe e prospera.

La normalità è rappresentata dal signore che vedete, sopra, pittorescamente raffigurato in uno dei suoi calendari. Si chiama Pier Gianni Prosperini, di professione Assessore al Turismo della Regione Lombardia, esponente del Popolo delle Libertà e soprattutto, secondo le definizioni che si è autoconiato: Generalissimo di NorDestra, Maglio schiaccia “Sinistrorsi”, Indomito difensore della Croce, Baluardo della Cristianità, Flagello dei Centri Sociali, Difensore della Fede, Eradicatore di “No Global”, Crociato del Nord, Paladino della Fede, Spiana Sinistri e, udite, udite, addirittura Milites Christi, pigliando clamorosamente un plurale latino (milites) per un singolare (la forma corretta sarebbe miles, a meno che il Prosperini non intendesse parlare al plurale nullitatis). E dire che il Prosperini, il quale è un medico (vi fareste curare da uno del genere?), ostenta anche una laurea in lingue, oltre a quella in medicina. Dal sito apprendiamo anche che è stato parà e addirittura campione mondiale di pugilato pesi supermassimi Master WBMA.

Che un tipino del genere sia stato nominato assessore al Turismo, è comprensibile: da solo, infatti, può rappresentare un'intera attrazione turistica. Qualora i visitatori intendessero avere un perfetto esempio museale dell'Homo (?!?) Lombardus Perstultus (anche se risulta essere stato caàto al mondo a Vicenza) a cavallo tra il XX e il XXI secolo, Piergianni Prosperini avrebbe serie possibilità di esserne il paradigma. Nell'immagine che ha voluto darsi, e che sicuramente ha avuto la sua "presa", c'è infatti l'intero campionario di idiozie, di "radici", di fedi-croci-cristi, di nordi e, why not, di violenze e odi quotidiani usati a piene mani per captare il favore del popolo. Sarebbe questo signore che è stato fatto assessore da Roberto Formigoni, quello di Comunione e Liberazione, quello che è ancora vergine e puro in ossequio alla Madonna, quello che comanda la maggiore regione italiana. Sarebbe questo signore che vuole garrotare gli omosessuali, contribuendo fattivamente all'amore che vince sull'odio. Lo si vede vestito regolarmente da crociato, da cavaliere medievale, mentre brandisce spadoni e scudi a cavallo; senonché ve lo presento nel suo vero aspetto, ora.

Ecco, come dire: le definizioni possibili sarebbero tante. Però, per sintetizzarle, si potrebbe dire che è un buzzone gonfio di merda con una faccia da pirla*. E questo è del tutto normale. Non è certamente il solo. In questo paese, numerosi posti-chiave, e dovunque, sono occupati da buzzoni gonfi di merda con facce da pirla; inoltre, anche senza calendari, il succo delle idee che propugnano è grosso modo lo stesso.

Leggi, Valori e Patria. La stessa ignobile paccottiglia da Prosperini ai suoi amici leghisti; ma non solo. Anche da quell'imbelle vegliardo di Napolitano al forcaiolo Di Pietro. Anche dall'ineffabile Bersani al Casini nudo sullo yacht. E ditemi un po' voi quale crociata potrebbe fare un tipo come il Prosperini. Quale armatura potrebbe contenere la sua panza ripiena di cassoeula. Quale scudo sarebbe capace di reggere con una mano. E quale cavallo potrebbe sopportarne il peso senza stramazzare immediatamente, povera bestia, al suolo. E quale paese civile sarebbe capace di nominare un coglione del genere Assessore al Turismo.

Ma oggi è successo un imprevisto. Un normalissimo imprevisto.

In breve (visto che la notizia è dovunque): il Prosperini è stato arrestato. L'indomito difensore della Fede, il Baluardo della Cristianità, il Flagello dei Centri Sociali, il garrotatore degli omosessuali, famoso per le sue invettive moralizzatrici, è finito a San Vittore per la cosina che evidentemente più gli interessava: altro che leggi, valori e patria. Ci è finito per una bella tangente di 230.000 euro. Appalti truccati, insomma. Come un qualsiasi terùn camorrista. Come un assessore del comune di Palermo ai tempi di Ciancimino. Motivo: la promozione in TV del turismo in Lombardia. Con lui è finito in galera anche Raimondo Lagostena Bassi, il proprietario di Odeon TV e Telereporter.

Non contento di tutto cio, il Crociato del Nord si è fatto arrestare persino in diretta TV: era, sembra, in collegamento telefonico con la trasmissione "Forte e Chiaro" di Antenna Tre quando le agenzie hanno cominciato a battere la notizia del suo arresto. Lo sapevano già da prima. Ha fatto in tempo a smentire in diretta, dicendo di essere "tranquillo e paciarotto", quando i finanzieri gli si sono presentati per associarlo. La voce è andata via e il conduttore della trasmissione ha tentato inutilmente di ricontattarlo. Immagino quasi la scena:

- Sono bello qui, tranquillo e paciarotto...

- Ecco, signor Prosperini, ora però attacchi il telefono ché la portiamo noi in un bel posticino dove starà per qualche tempo ancora più tranquillo e magari anche paciarotto, se s'accontenta del mangiare di casanza...

- Ma io...ma cosa fate...io sono il Paladino della Fede, il Crociato del Nord, l'Eradicatore di No Global...

- Benissimo! Guardi, allora la mettiamo in cella con un bel No Global di 2,04 per 115 kg, guardi un po' lei se le riesce eradicarlo visto è che è campione di pugilato, e ci faccia sapere...su, sor Prosperini, ora si muova ché la volante è giù che aspetta e non è mica un taxi...

Si scherza, eh. A me le galere non fanno mai piacere. Nemmeno per questo squallido personaggio, nemmeno per questo fascista di merda, nemmeno per questo delinquente. Nemmeno per Berlusconi: per questo preferisco di gran lunga che sia preso a duomate invece che fatto segno di furori forcaioli. Però immagino anche l'immigrato rinchiuso in quel del Filangieri al nummer düü, che stanotte dorme nello stesso edificio di quello che gli voleva insegnare le leggi, i valori e la patria. Immagino le bicchierate, e le risate, ai centri sociali che egli voleva flagellare. Immagino anche tutte le croci, i cristi e le fedi con le mani nei capelli. E soprattutto immagino la gente, la famosa gente, alla quale di tutto ciò non importa assolutamente niente. Perché è la normalità. Perché è così. Perché c'è il Martire che domani esce dall'ospedale.


* NB. Sebbene questo blog aderisca vivamente alla "Campagna per la demilanesizzazione della lingua italiana", in questo caso ho ritenuto di usare correttamente il termine lombardo. Lascio comunque facoltà a tutti di chiamarlo "faccia a bischero", "faccia a culo", "ghigna di 'ulo" o comunque preferiate.