martedì 24 agosto 2010

Στοχάζομαι τοῦτο δένδρον


Io non sto con Oriana tenta, oramai da anni, di portarmi con sé a fare i suoi giri estivi in paesi sicuramente bellissimi e interessanti, che di solito riassumo con appellativi tipo Assurdistan, Incognistan o Calafuria Settentrionale. Chissà, forse un giorno o l'altro ci riuscirà; per ora continuo a esplorare luoghi che mi sono assai più congeniali, come il parco dei Renai, le ultime propaggini di Ugnano o le superstiti e vecchie case coloniche di San Colombano a Settimo. Detto questo, il suddetto I.N.S.C.O. riporta dalle sue scorribande caucasiche centinaja di fotografie assai suggestive e degne di nota; ed alcune decisamente curiose. Quella che vedete è una di queste ultime.

Vi si vede un alberello secco. È stata scattata a Yerevan, la capitale dell'Armenia (o Hayastan), nel luogo chiamato Collina delle Rondini. Uno dei motivi per i quali preferisco andare a San Colombano a Settimo e farmi a piedi via del Porto (cercando di sapere per quali motivi in mezzo alla piana di Scandicci esistesse un porto), è che il nome originale di tale collina è Tsitsernakaberd. Ritrovarmi in un posto con un nome del genere, credo, mi farebbe venire la voglia immediata di prendere la prima diligenza per Follonica. Comunque sia, su tale collina esiste un monumento dedicato al genocidio degli Armeni, un avvenimento dalla portata sicuramente tragica ma cui non intendo qui accennare per un moto di estrema prudenza; non vorrei ritrovarmi poi il blogghino bombardato dall'aviazione turca, oppure fatto oggetto di attentati da parte di gruppi nazionalisti armeni, oppure ancora tutte e due le cose insieme.

M'informa ulteriormente I.N.S.C.O. che, presso il monumento sulla Collina delle Rondini esiste un'area, sorta di "Giardino della Rimembranza", dove visitatori istituzionali e istituzioni vere e proprie che decidono di appoggiare la causa del riconoscimento del genocidio armeno possono far piantare un albero, usualmente un abete. L'unico albero totalmente seccato di tutto il giardino risulta appunto quello qui raffigurato; come si può vedere cliccando sulla foto e ingrandendola, risulta essere stato offerto e piantato da S.E. Tarcisio Bertone, segretario di stato del Vaticano, o meglio di Benedict XVI Pope of Rome. Insomma, come dire: davvero una meravigliosa performance. Il segretario del pope di Roma arriva sulla Tsitsernakaberd, pianta un alberello per ricordare il genocidio e questo cosa fa? È l'unico a seccare.

Quand'ero piccolo, all'Elba, mia madre e mia zia solevano dirmi, se combinavo qualche malestro: hai le mani affulminate! Me le vedo tutte e due davanti al cardinal Bertone, specialmente mia zia che la chiamano La Fiorina per il suo indubbio "pollice verde": in mano sua, un rametto di aralia piantato più di vent'anni fa è diventato una specie di albero per davvero. Ma forse il Padretern'Iddìo è un po' più intelligente dei suoi presupposti servitori. Decide di far prosperare piante e alberi che ricordano esclusivamente ciò che chi crede in lui chiama creato, e non alberi e alberelli che ricordano soltanto la follia umana. Il cardinal Bertone ci deve avere avuto proprio le mani affulminate; mi spiace soltanto per l'abete. Prima di seccare, deve aver pensato che forse sarebbe stato meglio essere stato piantato dal presidente di una repubblica melanesiana piuttosto che da un rappresentante quasi diretto di Dio in terra. Il quale Dio, i casi son due: o se la ride sotto i cosmici baffi, oppure funziona pochino. Oppure ancora ha scelto dimolto male da chi farsi delegare. Bisognerebbe che qualcuno davvero prendesse la prima corriera della Dante & Virgilio Tour per andargli a dire: non delegare, non votare!