martedì 17 agosto 2010

I piatti della bilancia


A notizia calda, è stato il momento del nunc est bibendum. Ora, stante anche la lettura di un dato articolo, è il momento -almeno per me- di ragionare un po'.

L'articolo cui mi riferisco proviene da Insorgenze. È, in realtà, una lettera che Francesco Cossiga scrisse il 27 settembre 2002 a Paolo Persichetti. Consiglio di leggerla, assieme all'intervista allo stesso Persichetti , del 25 settembre 2002 e riportata sempre da Insorgenze, che diede lo spunto a Cossiga per la sua lettera. Una cosa, senz'altro da mettere sul piatto della bilancia per formarsi un giudizio un po' più preciso.

Paolo Persichetti è in galera, anche se scrive per Liberazione. A Francesco Cossiga è sempre piaciuto ostentare lucidità e comprensione verso una certa stagione, senza peraltro aver contribuito minimamente a chiuderla. La sua lettera a Persichetti gira da otto anni per la Rete, e non soltanto Persichetti è ancora in carcere, ma la vendetta continua è ancora in corso e non se ne vede la fine. La lucidità mostrata da Cossiga è sempre stata espressa in termini ben noti (anche riguardo a Cesare Battisti): secondo l'appena defunto Presidente Emerito, in Italia, i "crimini dei terroristi degli anni '70 non erano crimini comuni, ma politici", e "continuiamo a rifiutarci di discutere sulle vere cause del terrorismo per non arrivare a dire che i terroristi erano dei marxisti-leninisti che provenivano dal Pci..." Posizioni ben note, fin dai tempi in cui, ancora da Presidente in carica, Cossiga si era adoperato per la concessione della grazia a Renato Curcio. Naturalmente, sarà difficile che nell'unanime cordoglio di queste ore cose del genere risaltino fuori; ma Cossiga, a mio parere, non merita da parte di un Persichetti o di chiunque altro abbia preso parte diretta a quella stagione, alcuna speciale considerazione anche se è comprensibile che gliene sia stata data. Il suo parteggiare per un'amnistia che chiudesse quella stagione non lo fa diventare meno assassino di stato. Leggendo bene ciò che Cossiga ha sempre propugnato, lo fa apparire perfettamente organico al suo "teorema": quello che l'Italia doveva essere difesa con ogni mezzo, legale ed illegale, dal "pericolo rosso". Il fatto che Cossiga si sia mostrato "lucido" e magnanimo con gli ex brigatisti gli è servito sempre per ribadire e giustificare le sue azioni e la sua repressione. Una volta ottenuto ciò, per Cossiga -che non è stato affatto un "pazzo" come svariate volte ho sentito dire anche con i miei orecchi- è stato possibile anche giocherellare a fare il "lucido" e far credere di essere stato il solo o quasi a "dire la verità". La verità è invece che anche queste sue prese di posizioni sono state una parte del suo disegno politico. Spegnere la fiamma prima che divampi l'incendio, come si legge nella celebre intervista del 23 ottobre 2008. Un'intervista che è stata troppo frettolosamente liquidata, da parecchi, come "delirio senile" o roba del genere. Tutt'altro. In quell'intervista è contenuto tutto il seme del pensiero e dell'azione di Francesco Cossiga. Sarebbe opportuno tenerne conto invece di continuare a riferirsi all'ex Presidente come a un uomo libero che diceva la verità. Per Cossiga, il "terrorismo" era nato dal movimento studentesco e dal sindacato, e quindi ogni metodo era lecito per contrastare e reprimere.

Tutta la storia politica di Francesco Cossiga è improntata a questo. Da Gladio agli M113 mandati a uccidere gli studenti l'11 maggio 1977. Dai "Comitati di Crisi" da lui formati durante il rapimento di Moro, di cui faceva parte Licio Gelli in persona al suo "indulto personale", quando avvertì il collega di partito Donat Cattin che suo figlio Marco era indagato e prossimo all'arresto per reati di terrorismo, suggerendone l'espatrio. Accusa dalla quale Cossiga fu poi prosciolto grazie alle dichiarazioni di un tipino attendibile come Roberto Sandalo.

È necessario mettere anche tutto questo sul piatto della bilancia; e vedere dove essa penda.

Anche se volessi, non avrei proprio nessun rimprovero da rivolgere al blogger di Insorgenze, che sia o meno lo stesso Persichetti; questo non vuole essere un post di critica, ma di fatti. Sostengo però che la verità di Cossiga, sempre che ci sia stata, non ha avuto in realtà nessun altro scopo che quello di portare acqua al mulino -anche storico- della repressione poliziesca e dei poteri occulti. Cossiga è stato protagonista a pieno titolo di quel sistema e lo ha sempre rivendicato chiaramente; permettendosi persino lo scherno, verso i vinti, di apparire come una sorta di ancora di salvezza. Anche e soprattutto per questo, stasera si beve. Si deve bere perché è morto, purtroppo di morte naturale, un criminale della peggiore specie, e un criminale di stato. Perché è morto un pezzo di merda, e la morte dei pezzi di merda -comunque avvenga- significa che sulla Terra c'è un pezzo di merda in meno; con la speranza che, su qualche strada delle galassie, ci sia una ragazza che lo vede arrivare tronfio e con la feluca, e che gli faccia uno sgambetto da fargli prendere una musata in terra. E gli dica, poi: Vieni un po' qui, cicciobello, abbbbiammmo le arrrmmmi, ché ora si ragiona un po'.