mercoledì 4 agosto 2010

Se una stella esplode



- Tutti si credono immortali, Lew. Quando si è bambini, ci muore il pesciolino rosso oppure il cane e noi pensiamo: "Be', i pesci rossi non vivono a lungo, i cani non vivono a lungo" e così accantoniamo il nostro primo contatto con la morte. Questa esperienza non vale per noi. Il ragazzino della porta accanto cade dalla bici e si rompe la testa. "Be' ", diciamo noi, "sono incidenti che capitano ma non provano niente, ci sono persone meno prudenti di altre, invece io sto sempre attento." Ci muore la nonna. "Era vecchia, ammalata da molti anni", diciamo. "Era diventata un peso, era cresciuta in una generazione in cui la medicina preventiva si trovava allo stato embrionale, non sapeva avere cura del proprio corpo. A me non succederà", diciamo.
- I miei genitori sono morti. Mia sorella è morta. Avevo una tartaruga che è morta. La morte non è qualcosa di irreale, per me. No, io credo nella morte. So che morirò.
- No, non lo sa. Non ne è convinto sul serio.
- Come fa a dirlo?
- So com'è la gente. So com'ero io, prima di vedermi morire e cosa sono diventato dopo. Non sono stati in molti ad avere questa esperienza, a cambiare come sono cambiato io. Forse nessun altro. Ascolti, Lew. Nessuno crede, sinceramente e completamente, di dover morire, qualunque cosa ne pensi. Può accettare l'idea con la testa, con il ragionamento, ma non a livello cellulare, a livello del metabolismo e della mitosi. Il suo cuore non ha perso un colpo in trenta e passa anni e non lo perderà mai. Il suo corpo funziona allegramente come una fabbrica a turni tripli che produce corpuscoli, linfa, sperma, saliva ventiquattro ore su ventiquattro; e per quanto ne sa il corpo, continuerà sempre così. Il cervello si percepisce come il centro di un grandioso dramma il cui divo è Lew Nichols, l'intero universo non è che un'enorme collezione di comparse, tutto ciò che accade accade intorno a lei, in relazione a lei, con lei in funzione di cardine e fulcro. Se va al matrimonio di qualcuno, la didascalia non è "Dick e Judy si sposano"; no, è "Lew al matrimonio di Dick e Judy"; e se un uomo politico viene eletto, il titolo non è "Paul Quinn diventa presidente", ma "l'elezione di Paul Quinn vista da Lew". Se una stella esplode, l'intestazione non è "Betelgeuse salta in aria", ma "l'universo di Lew perde una stella" e così via. E questo è uguale per tutti: ciascuno è protagonista ed eroe del grande dramma della propria esistenza. Dick e Judy entrambi nei ruoli principali delle loro menti. Paul Quinn pure e forse anche Betelgeuse. Ognuno di noi sa che, se dovesse morire, l'intero universo si estinguerebbe come una luce spenta e questo, naturalmente, non è possibile: quindi non moriremo. Ognuno, inconsciamente, crede di essere l'unica eccezione che mantiene in piedi la baracca con la propria esistenza. Tutti gli altri, Lew, e lei lo sa, moriranno perché sono le parti senza importanza, le comparse di cui il copione prevede la sparizione lungo la strada, ma non lei, oh, no di certo! Non è così nel profondo della sua anima, nei livelli misteriosi che visita di tanto in tanto?
Sorrisi.
- Forse è proprio così, dopo tutto. Ma...
- È così. È lo stesso per tutti. Lo era anche per me. Bene, la gente muore, Lew. Alcuni muoiono a vent'anni, altri a centoventi, ma è sempre una sorpresa. Rimagono lì a osservare la grande oscurità che si apre davanti a loro e mentre sprofondano nel baratro, dicono: "Dio, allora mi sbagliavo, succede anche a me. Anche a me!" Che shock, che colpo tremendo per il proprio io scoprire di non essere l'unica eccezione. Ma è consolante, finché non arriva quel momento, abbarbicarsi all'idea che forse riuscirete a svignarvela, forse sarete la mosca bianca. Tutti hanno questo pezzetto di speranza con cui vivere.

Robert Silverberg
L'uomo stocastico, 1975.