- I miei genitori sono morti. Mia sorella è morta. Avevo una tartaruga che è morta. La morte non è qualcosa di irreale, per me. No, io credo nella morte. So che morirò.
- No, non lo sa. Non ne è convinto sul serio.
- Come fa a dirlo?
- So com'è la gente. So com'ero io, prima di vedermi morire e cosa sono diventato dopo. Non sono stati in molti ad avere questa esperienza, a cambiare come sono cambiato io. Forse nessun altro. Ascolti, Lew. Nessuno crede, sinceramente e completamente, di dover morire, qualunque cosa ne pensi. Può accettare l'idea con la testa, con il ragionamento, ma non a livello cellulare, a livello del metabolismo e della mitosi. Il suo cuore non ha perso un colpo in trenta e passa anni e non lo perderà mai. Il suo corpo funziona allegramente come una fabbrica a turni tripli che produce corpuscoli, linfa, sperma, saliva ventiquattro ore su ventiquattro; e per quanto ne sa il corpo, continuerà sempre così. Il cervello si percepisce come il centro di un grandioso dramma il cui divo è Lew Nichols, l'intero universo non è che un'enorme collezione di comparse, tutto ciò che accade accade intorno a lei, in relazione a lei, con lei in funzione di cardine e fulcro. Se va al matrimonio di qualcuno, la didascalia non è "Dick e Judy si sposano"; no, è "Lew al matrimonio di Dick e Judy"; e se un uomo politico viene eletto, il titolo non è "Paul Quinn diventa presidente", ma "l'elezione di Paul Quinn vista da Lew". Se una stella esplode, l'intestazione non è "Betelgeuse salta in aria", ma "l'universo di Lew perde una stella" e così via. E questo è uguale per tutti: ciascuno è protagonista ed eroe del grande dramma della propria esistenza. Dick e Judy entrambi nei ruoli principali delle loro menti. Paul Quinn pure e forse anche Betelgeuse. Ognuno di noi sa che, se dovesse morire, l'intero universo si estinguerebbe come una luce spenta e questo, naturalmente, non è possibile: quindi non moriremo. Ognuno, inconsciamente, crede di essere l'unica eccezione che mantiene in piedi la baracca con la propria esistenza. Tutti gli altri, Lew, e lei lo sa, moriranno perché sono le parti senza importanza, le comparse di cui il copione prevede la sparizione lungo la strada, ma non lei, oh, no di certo! Non è così nel profondo della sua anima, nei livelli misteriosi che visita di tanto in tanto?
Sorrisi.
- Forse è proprio così, dopo tutto. Ma...
- È così. È lo stesso per tutti. Lo era anche per me. Bene, la gente muore, Lew. Alcuni muoiono a vent'anni, altri a centoventi, ma è sempre una sorpresa. Rimagono lì a osservare la grande oscurità che si apre davanti a loro e mentre sprofondano nel baratro, dicono: "Dio, allora mi sbagliavo, succede anche a me. Anche a me!" Che shock, che colpo tremendo per il proprio io scoprire di non essere l'unica eccezione. Ma è consolante, finché non arriva quel momento, abbarbicarsi all'idea che forse riuscirete a svignarvela, forse sarete la mosca bianca. Tutti hanno questo pezzetto di speranza con cui vivere.
L'uomo stocastico, 1975.