lunedì 25 marzo 2013
Gocce
Nel 1927, il professor Thomas Parnell (nato nel 1881), docente di fisica applicata presso l'Università del Queensland, in Australia, decise di mettere su un esperimento a beneficio dei propri studenti. L'assunto era dimostrare che delle sostanze in apparenza solide sono, in realtà, dei liquidi altamente viscosi; il professor Parnell, quindi, si prese tutto il tempo necessario.
Cominciò col prendere un campione di pece, lo fece riscaldare e lo mise in un imbuto sigillato, in modo che potesse sedimentare; ce lo lasciò per tre anni. Nel 1930 il fondo dell'imbuto venne finalmente aperto, e gli venne posto sotto un bicchiere; il tutto fu sistemato in una campana di vetro. L'intento era quello di studiare il gocciolamento della pece riscaldata, affinché potesse essere appunto dimostrato che tale sostanza non era affatto solida, bensì un fluido ad elevatissima viscosità. E la pece si mise, appunto, a gocciolare; ma con dei tempi tutti suoi.
La prima goccia cadde nel dicembre del 1938, vale a dire oltre otto anni dopo l'apertura dell'imbuto; il professor Parnell fece in tempo a vedersi depositare nel bicchiere la seconda goccia, che cadde nel febbraio del 1947. Il 1° settembre 1948 il professor Parnell morì mentre la terza goccia era appena accennata nel cannello dell'imbuto; non si sa bene se l'università del Queensland fosse incuriosita oppure se ne fosse semplicemente dimenticata; fatto sta che l'assistente del professor Parnell, John Mainstone (che gli succedette nella cattedra) decise di mandare avanti l'esperimento.
L'esordio di Mainstone avvenne nell'aprile del 1954, quando cadde la terza goccia di pece nel bicchiere. E qui si presentò un problema: mentre le prime due gocce erano cadute più o meno con una cadenza di otto anni, la terza era caduta soltanto sette anni e due mesi dopo. Il professor Mainstone si rese conto che l'esperimento non era tenuto in condizioni atmosferiche controllate, per cui la viscosità della pece variava nel corso dell'anno a seconda della fluttuazione della temperatura. Seguendo canoni rigorosamente scientifici, l'esperimento era quindi imperfetto; ciononostante, proseguì.
Per la quarta goccia si tornò ai consueti otto anni circa: cadde nel maggio del 1962. Così per la quinta, caduta nell'agosto del 1970 (otto anni e tre mesi dopo), e per la sesta, caduta nell'aprile del 1979 (otto anni e sette mesi dopo). Il luglio del 1988 è una data fondamentale: dato che il capriccio della fluttuazione termica aveva fatto stabilire il record di intervallo (ben nove anni e tre mesi), il professor Mainstone si decise a far installare nel locale dove veniva tenuto tutto l'armamentario un impianto di condizionamento, che permise finalmente di stabilizzare la temperatura.
Nel 1990, sessant'anni dopo l'apertura dell'imbuto (e sessantatré dopo l'inizio dell'esperimento), il professor Mainstone si fece ritrarre orgogliosamente assieme all'imbuto con la pece:
Una conseguenza immediata dell'installazione dell'impianto di condizionamento, fu quella di rallentare la caduta delle gocce: l'ottava, e finora ultima, è infatti caduta il 28 novembre 2000, dodici anni e tre mesi dopo la settima. Settantatré anni dopo l'inizio dell'esperimento, gli sperimentatori finalmente si espressero dichiarando ufficialmente la pece un fluido (notizia accolta coi crismi dell'ufficialità dalla comunità scientifica internazionale) e calcolando la sua viscosità in circa 230 miliardi di volte (2,3 x 1011) maggiore rispetto a quella dell'acqua.
Esperimento concluso? Neanche per sogno. C'era infatti ancora una piccola questione da risolvere: nessuno aveva mai visto cadere una goccia, vale a dire l'atto del suo distacco dalla massa. Nel 1998, in previsione della caduta dell'ottava goccia, si era finalmente ricorsi alle "nuove tecnologie" ed era stata installata una webcam; solo che, nel 2000, si era rotta. Un'autentica beffa che aveva impedito lo storico avvenimento. La webcam è stata in seguito sostituita con un modello più affidabile, che è ancora in funzione: la si può vedere alla pagina Pitch Drop Experiment del sito dell'Università del Queensland, dove compare la campana di vetro assieme ad un orologio.
La cosa non è di poco conto, perché la nona goccia, nonché la prima che -presumibilmente- verrà vista, potrebbe cadere letteralmente a momenti: il distacco è stato infatti calcolato per la prima metà del 2013, se non interverranno imprevisti fattori di disturbo.
Nel frattempo sono successe altre interessanti cose. La prima, ovviamente, è che l'esperimento della goccia di pece del professor Parnell ha stracciato ogni record per la durata continua di un esperimento scientifico: è, infatti, in corso da ottantasei anni di filata.
Nel 2005, il professor John Mainstone e la memoria del professor Thomas Parnell sono stati insigniti del Premio Ig Nobel per la fisica. Il premio Ig Nobel è una parodia del premio Nobel che viene assegnato ogni anno dalla rivista di satira scientifica americana Annals of Improbable Research (AIR). Personalmente trovo molto bello e, a modo suo, poetico, che esista una satira scientifica; anche perché "satira" non significa che le ricerche e gli esperimenti presi in esame dalla rivista non abbiano un serio fondamento. [*] Il premio Ig Nobel viene ovviamente assegnato alle ricerche che, ogni anno, si distinguono o per la più perfetta inutilità pratica, o per l'assoluta originalità (unita ad un tocco di comicità). Nel ricevere il premio Ig Nobel nel 2005, il professor John Mainstone così commentò, facendo mostra di un aplomb carico della massima dignità e di uno stile impeccabile:
"Sono certo che Thomas Parnell sarebbe stato lusingato di sapere che Mark Henderson [il direttore di "Annals of Improbable Research", ndt] lo ritiene degno di attribuirgli un premio Ig Nobel. Nella motivazione del conferimento al professor Parnell dovrebbe naturalmente essere menzionato con un applauso il nuovo primato che egli ha stabilito per la durata tra l'effettuazione di un esperimento scientifico seminariale e l'attribuzione di un simile importante riconoscimento, sia pur esso un premio Nobel o un premio Ig Nobel."
Al professor Thomas Parnell è stato intitolato il Dipartimento di Matematica e Fisica dell'Università del Queensland; peraltro, è proprio in un locale del relativo campus di Santa Lucia che viene tenuto l'esperimento. Non è esagerato affermare che l'università del Queensland deve una non trascurabile parte della sua notorietà proprio all'esperimento della goccia di pece.
E' stato calcolato che nell'imbuto (anche tenendo conto del prossimo distacco della nona goccia) c'è ancora una quantità di pece da gocciolare sufficiente a far proseguire l'esperimento approssimativamente per i prossimi centotrenta anni.
[*] Molti anni fa, quando da ragazzino ho frequentato per anni la scomparsa palestra "Pastorini" a Firenze (si trovava in via Faenza a poca distanza dall'altrettanto scomparso -e sordido- cinema "Columbia"), avevo come insegnante e istruttore il professor Bruno Tamburini. Era, costui, un uomo assolutamente gigantesco: era alto due metri e cinque centimetri e calzava scarpe numero 52 (con un'andatura strana, perché i piedi gli si erano congelati in Russia durante la guerra). Per un periodo era stato, se ben mi ricordo perché sono cose di circa quarant'anni fa, anche nello staff della Federazione Italiana di sport per disabili (andavo in palestra, allora, infatti, per un problema di scoliosi). Il professor Tamburini era anche laureato in fisica, e asseriva ogni tanto di aver prodotto, da studente, un serissimo e dettagliatissimo studio sull'effetto dello scodinzolamento dei pesci sul moto ondoso di una data porzione del mar Tirreno. Della "Pastorini", che ho frequentato fino al 1978, mi ricordo anche l'inserviente, tale Assuntina, una donnina di un metro e cinquanta scarso; vederla accanto al professor Tamburini era uno spettacolo. Ed anche che, per qualche mese, ha frequentato il mio stesso corso (alle 18,20), tale Piero Pelù (più grande di un anno di me). Fine dell'excursus.