giovedì 2 maggio 2013
Dolce ritorno alla normalità
È così bello tornare alla normalità, minchia.
Via i titoloni a centododici colonne dalla homepage di Repubblica. Via gli inviti a "non abbassare la guardia". Via i troncamenti della viulenza di Gasparri, zittito (ahahaha!) da un carabiniere. Via l'eroica fìgghia con tanto di mammamòrta®. Via tutto quanto: come prevedibile, è durato lo spazio di pochi giorni; il Preiti annuncia che voleva prima suicidarsi e, fra un po', chiederà l'immancabile perdono. Perché l'Italia è terra di perdoni; per un perdono si potrebbe persino arrivare, che so io, a ammazzare.
Un'iniezione di normalità, dopo tanto bailamme, ci voleva. Ed eccola, puntuale: finalmente siamo tornati al caro, vecchio, rassicurante
suicidio.
Come ci informa sempre Repubblica, sebbene in un articoletto relegato nei bassifondi, oggi la normalità è stata recuperata. Un altro dramma della disccupazione (sic, col consueto refuso dei dislessici che redigono l'edizione online del quotidianone). Il carpentiere N.C. -stavolta non si fa nemmeno il nome-, di anni 62, si è impiccato in casa sua, a Matinella di Albanella (Salerno), perché non trovava più lavoro. L'articolista di Repubblica riesce, comunque, a raggiungere comunque un apice: dopo essersi premurato di nominare il disoccupato suicida soltanto con le iniziali, verso la fine dell'articolo riporta il manifesto mortuario fatto preparare dalla famiglia, con tanto di cognome (Carrano). Favoloso.
Manifesto mortuario nel quale la famiglia Carrano accusa lo Stato per il suicidio del congiunto. Sono questi i gesti che piacciono a Repubblica: il più rigoroso suicidio per disperazione, e l'atto d'accusa della famiglia verso un non meglio precisato Stato. Solo che, allo Stato, del tuo suicidio non gliene frega assolutamente un cazzo. Nada de nada.
Quindi, ti puoi tranquillamente impiccare a Matinella di Albanella; oppure, meglio ancora, darti fuoco davanti a Montecitorio. Naturalmente ve ne siete già tutti dimenticati di Angelo di Carlo, il disoccupato di Forlì che l'11 agosto 2012 si è dato fuoco proprio nello stesso posto dove il Preiti ha sparato: davanti a Montecitorio, appunto. Quello andava bene. Quello suscitava commozione. L'agonia di otto giorni prima della morte. Insomma, la conclusione è questa: per essere ammesso nel rango dei buoni "accusatori dello Stato", non hai che da ammazzarti. Ammazzarti lo puoi fare senza problemi anche davanti a Montecitorio; non avrai le nove colonne sul giornale, ma non avrai nemmeno le accuse di "terrorismo". E avrai, soprattutto, tante, tante, tante làgrime.
Se però davanti a Montecitorio ci vai con una pistola e spari, hai voglia poi a dire che "prima volevi suicidarti", come sta dicendo ora -sembra- il Preiti. Eh no, ciccio, non funziona. Se volevi far parte dei bravi suicidi per disoccupazione, ci avevi a pensare prima, perdìo. Andavi a Montecitorio e ti davi fuoco. Oppure ti impiccavi in casa come il carpentiere salernitano, che s'è rimediato pure una bella accusa allo Stato post-mortem. Ora sei nei cattivi, e ci resti. Sei tra i terroristi. Il tuo disagio sociale lo hai espresso sparando, giustappunto, allo Stato. Ti sarai reso conto del casino che hai combinato, e della fifa blé che hai messo addosso a parecchia gente.
La quale parecchia gente farà di tutto perché siano promossi, incentivati e coccolati i suicidi. Sono come il cacio sui maccheroni: oltre a non provocare nessun danno e nessuna paura, sono ottimi per far credere che la rabbia monti, mentre non monta assolutamente una sega. Al massimo montano l'audience della Vita in diretta o le vendite dei rotocalchi. Il suicidio, specie se spettacolare, è una valvola di sfogo per il popolo dei bar la mattina dopo, quando si commenta "fra un po' ci s'ammazza tutti" davanti alla pastarella e al cappuccino (ottimi motivi, per altro, per rimandare il suicidio).
Facendo naturalmente attenzione che tutto resti nel dolce ritorno alla normalità; insomma, c'è suicidio e suicidio. Impìccati pure in casa, datti fuoco davanti al parlamento, ma sempre e rigorosamente da solo. I carabinieri devono arrivare a tentare di salvarti dall'insano gesto, non ad essere sparati dal folle. Devono essere eroi, non bersagli in quanto protettori armati dello Stato che poi, magari, i tuoi familiari accuseranno nei manifesti mortuari. A pensarci bene, suicidi sono stati anche quelli sugli aeroplani dell'undici settembre, no? O ve lo immaginate una squadriglia di disoccupati che dirottano un aeroplano e si buttano in picchiata su Montecitorio? Altro che lacrime. Altro che commozione!
Che tu lo voglia o no, quindi, caro Preiti, questo hai messo in moto in questo paese. Ed è per questo che al tuo gesto è stato dato tanto risalto, mentre a quello del carpentiere salernitano è riservato un articolino sega con tanto di refuso. Sei stato un cattivo disoccupato; magari hai persino ricordato a qualcuno, tirandoglielo fuori da qualche pertugio del cervello, che qualche disoccupato in più che spara potrebbe fare, che so io, la lotta di classe.