Che aprile sbocci
o che dicembre geli
son felici e contenti
Il piccione amerà
la femmina tre giorni
basta così : lo sa,
questo è il tempo che ha.
’Sto tacchino che va
ringraziando il destino,
poi quando toccherà
morire, guardate là
quest’ochetta che frigna :
« E’ qui che sono nata,
muoio qui, con mia madre,
è questo il mio dovere. »
L’ha fatto, il suo dovere :
cioè, non ha mai avuto
un sogno, un’utopia,
un desiderio, mai,
Mai voluta la luna
Mai voluta una giunca
lasciata alla corrente
d’un fiume sconosciuto.
E son tutti così :
viver la stessa vita
sempre, per questi qui
vergogna mai non è
E’ un sol becco che han,
non desideran mai
di non averne più
oppur d’averne due.
E non gli occorre mai
un bacio sulla bocca,
lungi dai vani sogni
e da tremende pene
Hanno al posto del cuore
delle sane budella,
un orologio svizzero,
dieci anni di garanzia.
Ma come son contenti !
Di colpo, nello spazio,
lassù sembra passare
un grande volo lento
di forma triangolare,
arriva, plana e passa.
dove vanno ? chi sono,
così alti nel cielo ?
E state lì a guardarli,
loro sono i selvaggi,
vanno via con il vento
più in su delle montagne,
sopra i boschi e sui mari,
liberi e mai schiavi.
Inghiottono tant’aria
che voi ne scoppiereste.
Guardateli ora : prima
di coronare il sogno
si spezzeran le ali
con gli occhi insanguinati,
tanti ne moriranno.
Hanno un padre e una madre
e certo sanno amarli
come e meglio di voi.
Per smoinare la moglie
o far cena alla mamma
potevan diventare
pollame come voi
Ma son prima di tutto
figli della chimera,
dei poeti, dei folli
assetati del blu.
Guardateli, gallinacci,
ochette edificanti :
mai potrete salire,
voi, tanto in alto, mai !
Quel che vi toccherà
è una cacata in testa.
Ai borghesi non va
veder passar le gru.
Guardateli, gallinacci,
ochette edificanti :
mai potrete salire,
voi, tanto in alto, mai !
Quel che vi toccherà
è una cacata in testa.
Ai borghesi non va
veder passar le gru.