giovedì 16 maggio 2013

Chaconne des Scaramouches



Mi hanno detto, abbastanza di recente ma, in realtà, da un remoto passato, che dovrei avere una vita normale. Il problema è che, da un lato, non so assolutamente che cosa sia, una "vita normale"; e, dall'altro, che ritengo la mia vita del tutto normale, pur nell'assoluta assenza di norme. Ho provato, e provo tuttora, a spingermi in certi recessi non sovente esplorati; però il tempo m'ha instillato una certa leggerezza nel farlo, ed ammaestrato a mie spese del pericolo che comporta il voler penetrarvi a tutti i costi. Ho, credo, una normalità abbastanza variegata; ed è questo, ahimé, che non riesce mai a capire chi, basandosi su non so quali criteri, cerca di richiamare all'ordine. La mia normalità, invece, non solo mi consente, ma addirittura mi impone, di passare con la massima tranquillità dal resoconto di un curioso episodio accaduto davanti a un trippajo di periferia alla Chaconne des Scaramouches.

Ciò che, probabilmente, state ascoltando e vedendo adesso, vale a dire la Chaconne des Scaramouches, è un brano musicale composto nel 1670 da Giovan Battista Lulli, o Jean Baptiste Lully che dir si voglia; qui a Firenze si preferisce dire Lulli, perché di nascita il musicista era fiorentino anche se poi si fece suddito francese. La chaconne, che in italiano si chiama "ciaccona", è sempre stata rinomata per le sue notevoli difficoltà di esecuzione; qui è interpretata dal gruppo Modo Antiquo, che per la cronaca proviene proprio da Firenze.

L'uomo, dall'aspetto longilineo e signorile che dirige i musicisti alla maniera antica (vale a dire battendo il tempo col bastone, così come faceva lo stesso Lulli e per cui passò a miglior vita dopo essersi con esso colpito accidentalmente un piede e morendo poi per l'infezione e la setticemia gangrenosa causata dal non volersi far curare) si chiama Federico Maria Sardelli. E' livornese di nascita (pur abitando a Firenze, in via dei Serragli), e potrei anche aggiungere che tra i musicisti del gruppo c'è pure la delycatissima sua consorte, Bettina Hoffmann, violinista e violoncellista di fama (è la signora biondissima che si vede nel video). 

Non ho, lo devo dire, nessun talento musicale attivo; come son solito dire, a malapena riesco a suonare il campanello di casa mia, e male pure quello. Ma, oltre a una certa predisposizione al canto, credo di avere un buon talento di ascoltatore di musica, nelle forme più svariate; una di esse è, da sempre, la musica antica. Da quella medievale a quella barocca, in senso lato; prima o poi, insomma, col Modo Antiquo (che peraltro non ho mai visto esibirsi dal vivo) ci dovevo prima o poi aver qualcosa a che fare. Federico Maria Sardelli, che oltre a musicista è anche musicologo, è reputato uno dei maggiori interpreti e intenditori di musica antica in Italia e non solo; solo che il cosiddetto "grande pubblico", che si potrebbe chiamare anche "persone normali", non lo conoscono per questo.

E', infatti, lo stesso Federico Maria Sardelli che, da tempo oramai immemore, inonda di zolfi vari le colonne del "Vernacoliere". L'autore di Clem Momigliano, del Baluganti, delle "Più belle cartolyne del mondo" e di altre cose come "Trippa" (vedete che un po' di trippa c'è sempre), nonché del "Libro Cuore (forse)", una delle rare cose che ha rischiato, a suo tempo, di farmi autenticamente schiattare dal ridere. 

Non solo; Federico Maria Sardelli, tutto quel che scrive, se lo disegna e illustra da solo; uomo d'ogni talento, verrebbe da dire, ed è vero. Solo che una parte non indifferente del suo talento l'ha rivolta verso il dileggio popolaresco nelle sue forme più grevi ed eleganti al tempo stesso; una cosa che a me stupisce assai poco, conoscendo anche fin troppo bene Livorno e chi ci è nato. E' a Livorno che ho imparato che la più elevata condizione dello spirito e arroìssi da' ponci vanno a braccetto, e che l'Arte è sorella de' Cazzotti e de' Moccoli.

Fate pure, se vi pare, andare ancora la Chaconne des Scaramouches e riflettete, sempre che vogliate, sulla "normalità" che magari state ricercando, oppure che vi ritrovate ad esaltare e rivendicare, ed anche a raccomandare a chi vi è oramai del tutto estraneo per storia e per esperienza. Strade differenti che non hanno più nessuna possibilità di incontrarsi. Appartenere, negli stessi precisi momenti, alla gagliofferia e all'infima classe dalla quale si proviene e nella quale si individuano ancora le proprie radici e la propria coscienza, e alla condizione più elevata: quella che ha messo a disposizione un'intera vita d'apprendimenti e di sapere ad uno sguardo costantemente diverso sul mondo, sulle sue figure e sui suoi fatti. Non rifiutandone nessuna forma e, anzi, cercando di farla propria.

Tutta una Ciaccona di Scaramucce fatta di continui ed infiniti passaggi tra i linguaggi, di scorrerie tra i sensi palesi e nascosti, di lotte ignote tra i variopinti noistèssi che ci popolano e si beffano di noi mentre bolliamo nel ridicolo del non dar libertà totale agli oceani che abbiamo dentro, suicidandoci per un lavoro perso o ammazzando per possessi inappagati. Abituati a quantificare la ricchezza secondo criteri che dovrebbero, invece, essere relegati, e con disprezzo, nella povertà. E allora, prima di chiudere gli occhi e di lasciarvi invadere da questa musica secolare, che vi riporterà non tanto alla corte del Re Sole quando alla corte di voi stessi e al Sole che avete ricoperto d'inutili nuvolaglie, guardate ancora una volta quel signore alto ed elegante capace di disegnare anche la "grosse Koalition", vale a dire il misto di aglio, cipolle, würstel e miasmi escrementizi che si sta formano nell'intestino del Baluganti chiamato dalla maestra alla cattedra, e che esplode in un'enorme scoreggia.  E' questa la Chaconne des Scaramouches, ed è questa l'intera vita: un'immensa, inestricabile ghirlanda d'elevazioni e merda.