La Rete Asociale di Riccardo Venturi. Il blog sotterraneo di uno che sta in un sottosuolo con un gatto. "Da cose a caso sparse la struttura bellissima del cosmo." (Eraclito)
domenica 9 giugno 2013
Quando si diventa canzoni
Per farti
scrivere una canzone addosso basta poco.
Basta, che
so io, che tu esca una sera per andare a un mercatino in una via centrale
di Parigi. Che tu incontri dei giovani identitari tradizionalisti
(i fascisti hanno sempre avuto una certa tendenza a tentare di
nascondere arzigogolatamente il loro puzzo di fogna e di morte), e
sei finito. Una spinta, una revolverata, una sprangata, qualsiasi
cosa, e fai la fine di Clément. Dimenticavo: devi, naturalmente,
essere antifascista. E militante. Di quelli sul serio e senza sconti.
E magari pure un anarchico che non passa il suo tempo a fare l'album delle figurine Panini su una guerra di settant'anni fa, forse perché ti sei accorto, già da ragazzo, che la guerra è oggi. Non uno di quegli “antifascisti” la cui attività preferita è
parare il culo coscienziosamente ai fascisti, sdoganarli, concedere
loro tutti gli spazi e la visibilità possibile e farsi loro perfetto
complice in nome della “democrazia” e della “libera
espressione”. Considero questa gente addirittura peggiore dei
fascisti, così come coloro che irridono l'antifascismo che cerca di
resistere attivamente ricordando con protervia i loro “anni
formidabili” e le loro “rivoluzioni” anche se si parla del
tempo che fa, per starsene però, oggi, rinchiusi in qualche
bugigattolo a tirarsi seghe su Facebook. Poi vanno ai funerali dei
compagni morti, senza accorgersi che il loro, di funerale, è stato
fatto già da tempo; e senza che ci sia andato un cazzo di nessuno.
E
così, su Clément Méric è già stata scritta una canzone.
L'odio, e poi il silenzio
Un colpo per una vendetta
Contro il rosso e il nero.
Hanno ucciso un fratello stasera
Contro la solidarietà e l'amore,
Cose che sempre odieranno.
Contro le tue idee così belle,
Ti hanno voluto spezzare le ali.
Stai tranquillo, perché le tue idee
Saranno urlate col pugno alzato,
Tu vivrai attraverso di esse
Nelle nostre lotte e nei nostri cuori
Là dove spunteranno i tuoi fiori.
I tuoi fiori ? Le tue idee così belle.
Hai visto, Clément? Sono bastati cinque giorni, fra poco non hai fatto nemmeno in tempo a morire a diciott'anni per mano di tre pezzi di merda con le teste rasate e di una delle loro donne. Pure lei, si vede, identitaria tradizionalista; e, in un certo senso, è un'espressione che corrisponde a verità. La loro identità e tradizione è infatti la morte, come quella che ti hanno dato perché passavi sulla loro strada. Su una strada di uno di questi nostri gran paesi europei, quelli che mai più avrebbero dovuto vedere il fascismo, quelli che nelle loro costituzioni tanto strombazzate infilano le norme sul "divieto di ricostituzione del disciolto partito fascista" per poi farne ricostituire a decine, e mandarli nei loro parlamenti.
Cinque giorni, Clément, e ci hai già la tua canzone. Forse un po' ingenua, ma bella. Stai pur sicuro che ne scriveranno altre, e pure di migliori. Come su Carlo Giuliani. Come su Alexis Grigoropoulos. Quando si diventa canzoni, bisogna per forza essere morti da un po' di tempo a questa parte. Non esistono più canzoni sui vivi che hanno preso questi stronzi e li hanno ricacciati nelle fogne da dove vengono; e come sarebbe possibile, del resto?
Firenze, 8 giugno 2013, ore 17 circa davanti all'unione sportiva Affrico.
Lo stato mette in atto il "No pasarán" agli antifascisti nella città "medaglia d'oro".
Sarebbe forse il caso di farla di cioccolata, questa "medaglia d'oro", almeno si mangia.
Quando si muovono, come ad esempio ieri a Firenze, sono protetti da cordoni di polizia e carabinieri da fare impressione. Ti dicono, agendo in combutta, di riunirsi da una certa parte, e invece sono dall'altra parte della città; e, nonostante tutto, chi ha voglia di fare antifascismo piglia macchine, motorini e biciclette e si sposta là, dove sono. Nella specie di parco giochi ritagliato loro dalle democratiche autorità di questa città "medaglia d'oro per la resistenza", un vialone deserto dove li fanno sfilare con le loro camicine bianche, il loro "grande capo", le bandiere al vento e i loro slogan gridati senza curarsi di prendere a pretesto, per la loro puzza di cadaveri, neppure un episodio di violenza sui minori. Chissà, forse gioverebbe ricordare a questi decomposti, mentre urlano sul Forteto e sui fatti che vi sono accaduti, che cosa fecero a loro tempo a due ragazze minorenni i loro camerati Angelo Izzo, Gianni Guido e Andrea Ghira.
Una perfetta sintesi: il grande capo di Forza Nuova, Roberto Fiore, si intrattiene amabilmente con un carabiniere davanti alla piscina Costoli. Questa foto si potrebbe intitolare semplicemente : "Lo Stato". Da notare la camicina bianca del fascistone che fa da contraltare al nero d'ordinanza del carabiniere: certo che fare i bianconeri davanti allo stadio di Firenze non è una bella uscita. Il Fiorin Fiorello Fascistello ha messo su anche una bella buzza: poi se ne hanno a male se gli si dà di porci...
E noialtri, dietro. Da ogni parte. Per pochi che possiamo essere in un sabato di giugno, mentre la città sembra essere tutta presa da cose importantissime, come la festicciola delle "idee" di un giornale di merda e l'addio di un miliardario a una squadra di pallone. Dietro, e a farli sudare; loro e i loro instancabili protettori. Dietro, e non soltanto per dire che "ci siamo"; perché lo sanno bene, che ci siamo. Lo sanno bene che nessuno li vuole, anche se solo in cinquanta hanno la forza di andare a dirglielo sul muso per tutto il Campo di Marte. Gridando anche il nome di Clément Méric, di un ragazzo, di un compagno che degli assassini come loro hanno appena trasformato in canzone.
Certo che non siamo potuti passare. Bisognerebbe essere non in cinquanta, ma in cinquemila per poter passare. E cinquemila non siamo perché chi dovrebbe essere con noi, e esprime tanta "solidarietà" e "comunanza", lo fa generalmente per mezzo di una bella tastiera. Magari una bella fotografia di Clément con un'altrettanto bella parola di invettiva, e poi di nuovo a masturbarsi a base di Spagne, di Sirie, di Egitti, di galere, di lavori e di ogni cosa, mentre qui si continua a crepare in mille modi e fantasiosi. Unica consolazione, quella che su questi "solidali" nessuno scriverà mai non dico una canzone, ma nemmeno una filastrocca dello Zecchino d'Oro.
Nel mentre che i fascisti non rinunciavano neppure ad essere ridicoli, altra loro perfetta identità e tradizione. Iperprotetti, sfilano per un viale completamente vuoto, che così sbarrato non lo sarebbe neppure se la Fiorentina giocasse la finale di coppa dei campioni. Nonostante ciò, riescono a farsi infamare a dovere da un gruppo di rugbyisti che se ne stanno a fare un torneo nel loro campo sportivo. Dei rugbyisti si erano dimenticati, ops; evidentemente, nel mondo della palla ovale c'è più sensibilità verso certe cose che nell'antagonismo a centoquaranta caratteri.
Succede, ora come ora, quando si diventa canzoni. Ci andiamo a fare certe cose ben sapendo che, un giorno o l'altro, qualcuno potrebbe scriverla pure su di noi, una canzone. Del resto, non è un caso che proprio a uno che scrive canzoni, O' Zulu, siano andati a fare una visitina a Velletri, in venti contro due.
"Non ho potuto fare granché, a parte inculcargli qualche sano principio sulla pratica assidua dell'anarchia"." Armand Vandoosler "il Vecchio", per tramite di Fred Vargas.
"Quant'è vero che una discesa vista dal basso somiglia tanto a una salita." Dai "Pensieri di Pippo" .
"L'ottimista è colui che vede nella grandine una buona partenza per un mojito." Da un messaggio SMS del Pratile dell'anno CCXXIII.
"L'unica cosa più triste di un luna park vuoto sotto la pioggia è un luna park sotto la pioggia pieno di sbirri." Sandrone Dazieri.
"La vera pornografia è l'esercizio del potere."
Rocco Siffredi.
"Si resta affezionati alle proprie fantasticherie; diventano una parte di noi, sono nella memoria lunga. Ci son delle volte in cui, senza un motivo ed in un luogo qualsiasi, tornano alla mente. Ed allora si torna per un attimo ad aprire quella porta del faro di Palmaiola, chiusa da anni; si spolverano i mobili e le suppellettili, si verifica se le apparecchiature sono tutte in ordine, si aggiusta quella zampa di tavolino che cigolava e s'innaffiano i vasi di fiori che, chissà come, non appassiscono mai. Si dà un'ultima controllatina, si richiude la porta a tripla mandata e si torna alla legge di gravità. Ma tutto dev'essere pronto all'uso, sempre, in qualsiasi momento."
Risyart Vendtūr, enie syestā dănē săn gozăm mihkar, in tabāi mihkar ya săn brāmonāi mihkar; ya syestā dănē yasyi enhŭltig. Tāmā gozmăn, tāmā tabāin ya tāmā brāmonāin takveis mad, madne ya madsye udnŏmsyi pŏll. Ik rizkăv nyertenien va nyertăton.
Anvīssraz viyustāi mān perfīl pŏlen, kliki ap to perfīl in tŭlyan; emmeret nălebiez rhudăn in to, syestā gegrāb ik.
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