Si può e si deve mandare affanculo settembre per tutto ciò che ha di falso, di costruito. In parecchie parti del mondo è il primo mese di primavera. Fra un giorno parto, e parto per la mia, di primavera; non è fatta né d'alberi in fiore né di natura che si risveglia, ma di un treno e di sessantacinque scalini belli ritti di fronte a un giardino dove c'è pure uno scoiattolo. Nel frattempo, nutro verso gli altri un atteggiamento di libertà totale: il ripensamento, che ha peraltro attraversato un settembre al pari di tutti gli altri mesi, mi ha portato a non avere più nulla da criticare e più nulla da augurare. Ognuno è com'è; ognuno è un settembre. Sarebbe, questa, una cosa semplicissima; eppure, per arrivarci, ci vuole una vita intera. Ognuno coi suoi volti e i suoi luoghi. Ognuno con i suoi tempi. Ognuno con le sue bellezze ed i suoi schifi. Ognuno con il proprio modo di mettere un piede nella morte e cavarlo con la vita appiccicata come un'alga. Ognuno con le proprie vertigini dall'alto e dal basso. Ognuno con le proprie dichiarazioni di lotta che è costantemente lotta per isolarsi dagli altri ognuni; ognuno con le proprie dichiarazioni di isolamento che è costantemente isolamento teso ad una riunione, un giorno, un minuto, un anno, un mese che magari potrebbe essere settembre. Si trova per poi perdere, e si perde per poi ritrovare.
Può cominciare, allora, il settembre vero. Quello liberato da ogni maschera che gli è stata messa addosso. Un settembre disobbligato. Fuori dalle palle Woody Allen e la villa nel Vermont: Giuseppa ama Evaristo, il quale però ama Clotilde che a sua volta è amata in silenzio da Romualdo. In ventiquattr'ore succede un bordello di rancori ed emerge il passato drammatico. Ecco quel che hanno combinato al povero settembre. Il mese dei ripensamenti, delle malinconie, dei rancori, degli attentati, dei colpi di stato, dei rientri, delle bollette che a settembre sono più bollette, delle solitudini che a settembre sono più sole. E basta. C'è pure Settembre Nero. C'è che, stasera, settembre è venuto da me e mi ha detto di passare alla riscossa. In realtà, questo post lo ha scritto lui; si è mandato persino affanculo da sé. Anche lui, come me, è nato in settembre. Ci abbiamo un sacco di cose in comune: beh, non tutte. Ad esempio, io non cado le foglie; lui invece non osa adoperare arditamente gli intransitivi come transitivi. Lui passa sempre per il Central Park e io per la Montagnola di via dell'Argingrosso. Qualche differenza c'è. Però tutti e due amiamo immensamente mandarci in culo da soli, ristrutturarci, scompigliare, sparigliare. Però siamo anche diventati un po' più grandi. Hanno smesso, finalmente, di rimandarci a settembre. E non cadiamo più le foglie, e non moriamo la vita.