mercoledì 8 settembre 2010

Bongiorno e Bonanni


Giusto giusto un anno fa, l'8 settembre 2009, moriva Mike Bongiorno. Non ve ne ricordate? Ovviamente no, a parte qualche sparuto blogger e la ministra Gelmini. La quale, oggi, si è veramente superata; per lei, infatti, bisognerebbe ricordare Mike quando si studia la Costituzione. Non ci credete e/o non avete voglia di cliccare sul link? Beh, sarò asociale quanto vi pare, però non dite che non fornisco tutte le agevolazioni necessarie; riporto quindi in toto la dichiarazione che la ministra ha fatto ieri alla Fondazione Mike, a Milano:

"Bisognerebbe ricordare lui, quando si studiano i principi della carta costituzionale. Mike dovrebbe stare nell’ora di educazione alla cittadinanza perché è stato un buon cittadino. Alla vigilia delle celebrazioni del centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia la scuola deve ricordare Mike Bongiorno."

Il bello, nonostante i commenti generalmente tra l'indignato e il sarcastico che seguono l'articolo di "TV Blog" riportato, è che la Gelmini ha probabilmente ragione. Questo paese, nella sua essenza più profonda, è assai più vicino a Mike Bongiorno che ai lontani e fumosi "padri" della carta costituzionale (espressione nella quale, ora come ora, l'aggettivo costituzionale potrebbe tranquillamente essere sostituito con igienica senza che nessuno se ne accorga o abbia qualcosa da ridire). Ad esempio, la suddetta carta recita nel suo famoso incipit che l'Italia sarebbe una repubblica democratica fondata sul lavoro.


Ave, ave, ave, avevamo versato il sangue eccetera. Eccetera. Ma poi, siamo così sicuri che 'sto sangue lo avevamo versato davvero? Si fa a volte un uso improprio della prima persona plurale. Il sangue lo avevano, casomai, versato altri. Lontanissimi. E qui si scorda molto in fretta: dopo un solo anno nessuno più si ricorda neppure di Mike Bongiorno, figuriamoci di quegli ectoplasmi del lavoro. Così, oggi, abbiamo subito una naturale evoluzione temporale: da Bongiorno siamo passati a Bonanni. Chissà, fra un anno passeremo a Bonsècoli, e l'anno dopo a Bommillenni, e quello dopo ancora a Boneòni.

A proposito, oggi sembra che qualcuno abbia sentito l'improcrastinabile impellenza di andare a ricordare a questo Bonanni qui alcune cose, impedendogli di parlare a una non meglio precisata festa democratica, perché si sa che la democrazia è una festa. C'è anche qui a Piacenza dove sto in questi giorni, una festa democratica: si chiama, pensate un po', "Baciami ancora". Insomma, uno va alla festa democratica e viene baciato, da chi gli capita. Siamo baciati da una buona stella, in questo paese. Naturalmente, coloro che sono andati a contestare Bonanni sono stati immediatamente sommersi da un coro di squadristi, squadristi!. Antidemocratici, va da sé. Sono la gente che non bacia. E che non è baciata. Però non vorrei sciupare l'allegria, visto che questo è un post che parla anche di Mike Bongiorno. Rovinerei l'atmosfera. Già mi è toccato spendere qualche parola su una carta costituzionale, che non è proprio il massimo della gioia; anche se in certe sue parti ha una sua certa qual comicità (tipo dove parla dell'Italia che ripudia la guerra, oppure dove vieta la ricostituzione del disciolto Partito Fascista in ogni sua forma; ma anche dove dice che l'Italia promuove le scienze e le arti non è male, devo dire). Occorre quindi tornare urgentemente a qualcosa di divertente.

Ad esempio, mi dicono che 'sto Bonanni qua sarebbe il capo di un sindacato. No, via. Qui nemmeno Pippo Franco e il Bagaglino intero sarebbero potuti arrivare a tanto in uno dei loro irresistibili sciòvz. Nelle analisi del fatto, tra le quali vorrei segnalare questa, trovo che ci sia un errore di fondo: quella di considerare uno come Bonanni non dico come un sindacalista, ché poi mi appare Joseph Emmanuel Hägglund detto "Joe Hill" e mi tira le orecchie e forse anche un calcio nelle palle. Già faccio non poca fatica ad immaginare Bonanni come qualcosa; e pensare che è nato in un posto che si chiama "Bomba". Beh, ora spero d'aver ripristinato l'allegria propria di questo paese dell'Amore. Bonanni è nato a Bomba. È uno spettacolo. L'errore di fondo è giustappunto questo: quello di considerare un Bonanni come quel che non è. Sindacalista? Ma no, è un cabarettista; e il paragone di prima, quello col Bagaglino, non è casuale. Cabaret di bassa lega e ligio al potere. Cabaret di servi che vanno a esibirsi nei teatrini di periferia, alle feste -democratiche o meno-, alle sagre. E non è strano che in questo paese i contratti di lavoro vengano demandati a dei guitti, o meglio a dei burattini.

Non ci si stupisca, quindi, né tantomeno ci si indigni, se a volte il pubblico protesta e interrompe lo spettacolo. Una volta, perlomeno, ai teatrini e all'avanspettacolo tiravano pomodori e uova marce senza che nessuno avesse da ridire; probabilmente, da queste cose, ci saranno passati anche Totò, Tino Scotti o Vittorio Podrecca; figuriamoci un Bonanni. Dicono tanto di volere un paese normale, e poi se succedono cose normalissime come cacciare a pedate nel culo dal palco un attorucolo di serie Z che sa fare male persino il servo, partono le indignazioni e le solidarietà; anche se forse sono dettate dalla paura di fare, non a brevissimo ma nemmeno a lunghissimo termine, la stessa fine. Ma si torni infine, e giojosamente, a celebrare Mike Bongiorno come padre della Patria; ché la Patria, di per sé, è una cosa terribilmente comica e, inoltre, come il Rischiatutto, può far vincere tanti bei soldoni a chi la sa bene.