E lo si vede in ogni cosa, in questo gerontocomio di paese; il bello è che, anni fa, ci si beava pure di additare al pubblico ludibrio la gerontocrazia sovietica. C'era, a Firenze, un famoso gerontologo, mi sembra si chiamasse Antonini, che compariva sovente in televisione per magnificare quant'era bella la terza età; per lui di sicuro, che ci aveva il villone in campagna coi cavalli e gli ulivi. 'Sti altoborghesi, da vecchi, diventano tutti contadini come il preside Primerano, quello che denuncia i suoi alunni al liceo Michelangelo. Diceva, l'Antonini gerontologo, che era ora di finirla: bisognava dare il potere ai vecchi. E giù applausi a scrosci dalla platea. Come se i vecchi non ce lo avessero il potere, in questo paese qui. È un potere fatto, da sempre, di casse da morto semoventi. E mentre l'Antonini parlava con il suo bel sorrisone e i denti bianchi, magnificando l'attività fisica, i viaggi e persino il sesso oversettanta, migliaia di suoi coetanei con la pensione al minimo (se ce l'hanno), senza ville e ulivi, si crepavano la vita fra paure, solitudini e stenti. Perché è una caratteristica dei paesi di vecchi, questa: se ne fregano anche dei vecchi stessi. I loro unici scopi sono la distruzione e l'autodistruzione. Sono poi gli stessi che cianciano di Italie, di orgogli, di salvaguardie e quant'altro, mentre firmano le leggi che costringono le forze vitali e generanti, ormai provenienti solo da lontano, all'emarginazione, alla privazione dei diritti, alla prigionia. Hanno paura di qualcosa che comunque avverrà, e non ci potranno fare niente perché saranno, finalmente, morti.
Lo si vede in ogni cosa, ogni giorno. E sono vecchi sempre più feroci, incancreniti, totalizzanti. Ora ci si stupisce e indigna perché il caporione è un vecchio porco che si fa le ragazzine; ma la cosa appartiene semplicemente alla più ferrea logica, nel paese dove i vecchi al bar non si peritano neanche un momento di giustificare gli stupri delle quindicenni perché sono vestite troppo poco. E, intanto, si giocherella all'indignazione appellandosi all'autorità di un ottantacinquenne malfermo, mentre un ottantatreenne ci si intrufola in camera e nella vita, pretendendo di dettare legge in base alle sue sacre panzane. Basta con questi babbioni. Basta coi padri. Una società dove i figli non sono capaci di far fuori i padri è condannata all'estinzione, e al ridicolo della senilità generalizzata.
E lo si vede anche nei giovani, invecchiati anzi tempo, senza più nessuno slancio, senza più nessun futuro. Al tempo stesso, tutti a riempirsi la bocca coi valori. La società che meno ne ha, di valori, è sempre quella che li biascica e li proclama a ogni pie' sospinto. I loro valori, del resto, sono sempre gli stessi: fascismi, moralismi ipocriti, porcate, repressione. Quei pochi che ancora davvero non si arrendono, sono distrutti con il precariato, con l'emarginazione, con la galera. Hanno steso su tutto un paese la loro paura della morte che si avvicina, soffocandolo; a questa morte hanno dato il nome di istituzioni. Grevi, volgari, gonfi di bava, puzzolenti. Hanno bloccato ogni cosa, tranne la putrefazione; compresi alcuni vecchi Revoluzzer che si nutrono di disprezzo verso tutti e verso tutto, ma rigorosamente immobili al calduccio, immersi nei loro mitici passati e confortati da un reddito fisso, da una bottiglia e magari anche da una ragazzotta. Divieti, disprezzi, disillusioni, degradi, decori; sembra tutto cominciare con la "d", come "decomposizione".
Ecco, ora si muove tutto il teatrino. C'è pure uno più giovane, in giacca e cravatta, che fa la videolettera. Qualcuno, sempre più flebilmente, cerca di urlare che se ne dovrebbero andare tutti; qualcun altro addirittura che dovrebbero essere spazzati via. Ma non è questione di una classe politica, sarebbe questione di qualcosa di ben più vasto. Domani, magari, se ne andrà via il vecchio caporione maiale, e tutti saranno contenti, tutti coi loro decori, tutti con le loro dignità, tutti coi loro governi tecnici, le loro alleanze, i loro meno peggio o più meglio; e avanti il prossimo. A chi non si rassegna a starci, si impone la legalità, vale a dire la decomposizione con la "d"; quando un paese intero si è trasformato in un cadavere, è il minimo da aspettarsi.
Se c'è ancora un barlume di vita da queste parti, lo si deve esclusivamente a coloro che, in realtà quasi sempre piccolissime e sottoposte costantemente ad ogni tipo di attacco repressivo, mediatico, poliziesco e giudiziario, si ostinano a portare avanti iniziative politiche e sociali che rifiutano di uniformarsi alla tomba a cielo aperto che è diventata questo paese. Chi decide di mettere piede in quelle realtà non ha età, o ha soltanto quella del no alla morte. Per questo mi occupo di loro, e cerco di agire assieme a loro. Per questo non mi appassiona affatto "Nichi Vendola" così come non mi interessa dalla fine ingloriosa dell'idolo Obama. E non mi interessano più nemmeno i presupposti duri e puri la cui durezza e purezza consiste esclusivamente nell'invecchiare alla meno peggio. Mi interessa, invece, che questo paese di vecchi sia ringiovanito, con le buone o con le cattive. Ringiovanire comporta dei rischi pesanti. I vegliardi sono delle carogne, e ci hanno presidenti, governi, parlamenti, istituzioni, giornali, televisioni, banche, scuole. Ci hanno spinti in dei ghetti, ma nei ghetti sta accadendo qualcosa; per questo vogliono la sicurezza. Non la avranno. L'unica sicurezza possibile, nei paesi di vecchi, è la morte. Contro i necrofili della sicurezza, accadranno mille Rosarno. E chi non ha voglia di crederci, o di crederci più, si accomodi pure tra i vecchi del suo bel paese e guardi soprattutto di crepare alla svelta.