venerdì 20 luglio 2012

Carlos Julián


Dicono che abbia cambiato nome, ma solo leggermente. Dicono che ci sia stata una fuga. Dicono che lo cercano ancora per fargliela pagare. Dicono che è ovunque; dicono che l'ovunque è in lui. Dicono che riesce a nascondere tutti. Dicono che undici anni fa c'era già tutto. Dicono che a Madrid lo si è visto in mezzo alla rivolta. Dicono che è sceso nelle fosse asturiane, e che ne è risalito con il piccone e la dinamite. Dicono che ora non è più un ragazzo. Dicono che qualcuno, ogni tanto, lo riconosce, gli sorride e prosegue. Dicono che ogni venti di luglio se ne va, da solo, a bersi qualcosa alla salute di chi non si sa; ma per due minuti scarsi, senza tristezza, beffardo. Dicono che abbia dormito anche nella plaza de toros; dicono che sia stato lui a dire ai bomberos di togliersi le mutande. Dicono che, ogni tanto, lo si sente al telefono parlare con un tale Dax; dicono che sia arrivato al porto di Palos su un gommone nero, ma che non sia ripartito a scoprire continenti. Dicono che, là dov'è ora, sono gli stessi; gli stessi scudi, gli stessi ordini, gli stessi servi. Dicono: no los creáis. Serena dice che la rivoluzione non la fanno i morti, e lui non è morto. Non sono morti. Non possono essere morti. Non saprebbero, mai, essere morti.