martedì 8 gennaio 2013

Spose bambine, ieri e oggi.


Leggo oggi di un fatto che sarebbe accaduto nel regno d'Arabia Inaudita; una ragazza di quindici anni data in sposa dalla famiglia a un vecchio novantenne, e fuggita dal “tetto coniugale” la prima notte di nozze. Il vegliardo rivorrebbe indietro la “dote” di diciassettemila dollari (questo il prezzo per comprarsi la ragazzina), che la famiglia non può restituire; insorge però il “Web” sui “Social networks”, compreso nella stessa Arabia, e le “fondamenta del regno” sembrano “scosse”. Questa vicenda me ne ha riportata alla mente un'altra, del tutto analoga, accaduta qualche anno fa in Medio Oriente. 

Accadde, se mi ricordo bene, in Palestina; a differenza di altri casi del genere (che, immagino, devono purtroppo essere numerosi) si conoscono i nomi dei protagonisti. Le fonti giornalistiche sono abbastanza discordanti sull'età della fanciulla; le testate ufficiali della zona (dette “sinottiche” e redatte, curiosamente, in lingua greca), presumibilmente istruite al riguardo, non ne fanno in realtà menzione alcuna; ma alcune pubblicazioni non ufficiali, i cosiddetti “quotidiani apocrifi”, riportano un'età compresa tra i dodici e i quattordici anni, e tale sembrerebbe essere effettivamente l'età della ragazza. L'episodio ebbe a suo tempo una vasta eco a livello mondiale, anch'essa amplificata dai Social Networks “in embrione” dell'epoca (ICQ, Pow-Wow, la primissima versione di MSN Messenger e anche gli antidiluviani canali IRC nonché dimenticati forum e newsgroups Usenet vari), naturalmente affievolitasi dopo non molto tempo; c'è da chiedersi, però, che cosa sarebbe accaduto se, allora, fossero esistiti strumenti tecnologici più avanzati come gli attuali Facebook e Twitter. 

Del tutto certo che pochi, adesso, se ne ricordino, vorrei brevemente rinfrescare la memoria. All'epoca anch'io, curioso neofita della Rete, frequentavo tali “luoghi virtuali” ed avevo un numero identificativo bassissimo su ICQ (Aldingar 847611); la vicenda della ragazzina palestinese scoppiò come una bomba. Di lei si conosceva il nome, Maryām (o Miryām), e la cosa che più incuriosiva e faceva discutere è che era di religione ebraica. In pratica, le discussioni sui primitivi Social networks di allora si incentravano proprio su questo: la ragazza, pur essendo cittadina israeliana e di famiglia normale, era stata fatta oggetto di una vera e propria vendita matrimoniale che si riteneva uno sgradevole residuo di epoche remote e, come molti -specialmente in Italia- tenevano a dire, propria esclusivamente degli arabi. Che cos'era accaduto? Maryām era stata costretta dalla famiglia a sposare un vecchio artigiano della zona, tale Yōsef, proprietario di una fiorente azienda nel campo della carpenteria e falegnameria domestica e industriale, di età anch'essa imprecisata ma comunque compresa tra i sessantacinque e i settantacinque anni. Come si può vedere, la vicenda è del tutto simile in partenza a quella accaduta in questi giorni in Arabia Maudita, ed anche allora la Grande Rete non aveva mancato di far sentire la sua voce, seppure in modo del tutto inutile. 

Diversamente dalla ragazza araba, che è riuscita a fuggire dalle grinfie del novantenne, Maryām non poté tornare dalla famiglia che pure la aveva indisturbatamente data in isposa all'anziano carpentiere. A tale riguardo, il dibattito in Rete verteva anche sulle “leggi israeliane” in materia di diritto familiare e matrimoniale, le quali erano ovviamente ignorate; da alcune parti, però, si specificava che il fatto poteva essere accaduto in qualche colonia ebraica situata nei Territori, e che, alla luce di questo, poteva trovare qualche giustificazione nella numericamente esigua componente umana e nella necessità di far fronte in qualche modo alla strabordante natalità palestinese (è ben noto, ad esempio, che il più alto tasso di natalità a livello mondiale si ha nella Striscia di Gaza). La ragazza, alla fine, era rimasta addirittura incinta; e qui si erano innestate storie parecchio strane, che avevano contribuito a creare una sorta di leggenda metropolitana (opportunamente affrontata in un newsgroup Usenet allora molto attivo, it.cultura.leggende-metropolitane della cosiddetta “gerarchia it.”). Mi sia perdonato se parlo qui di un “mondo virtuale” oggigiorno quasi dimenticato e sconosciuto ai più; ma siamo in anni preistorici, circa nell'anno 15 a.F.T. (avanti Facebook e Twitter), e quindi potrete ben capire. 

In pratica, accanto alla comprensibile indignazione generalizzata che si ebbe allora limitatamente agli utenti Internet (non molti e tartassati non soltanto dai maledetti provider a pagamento, ma anche dalla TUT, la “Tariffa Urbana a Tempo”, il balzello che faceva pagare bollette telefoniche astronomiche), la risonanza che una vicenda del genere avrebbe senz'altro provocato oggi non fu percepita molto all'esterno, e non riuscì minimamente a cambiare il corso degli eventi; e non c'erano neppure cose tipo “Avaaz”. Gli stessi quotidiani maggiori muovevano allora i primi passi in Rete con rudimentali “edizioni online”, e quel che accadeva nella lontana e misteriosissima Internet non faceva ancora troppa notizia. Sulla gravidanza di Maryām venivano formulate le più svariate ipotesi: da una vera e propria turpe violenza esercitata dal marito vegliardo sulla fanciulla (e qui tutti erano d'accordo nel definirlo un pedofilo), a una precoce relazione extraconiugale di lei con un giovane dipendente del marito, di notevole bellezza tanto da essere chiamato un “arcangelo”. A tale riguardo, alcune notizie (naturalmente non verificabili con esattezza) parlavano di una tacita condiscendenza del marito, desideroso di avere un “erede” in tarda età ma assolutamente inadatto alla bisogna; veniva però specificato che, secondo altre fonti altrettanto incerte, la stessa Maryām sarebbe stata figlia di una donna, tale Anna, che la aveva avuta in età assai avanzata grazie a tecniche all'avanguardia nell'inseminazione artificiale. 

La cosa che più ebbe a colpirmi, e che già allora mi fece alquanto riflettere sulla natura della pur antidiluviana “comunicazione in Rete” che si andava sviluppando, è che ben presto la questione fondamentale, vale a dire il barbarico episodio della vendita della giovanissima vergine ad uno “sposo” che avrebbe potuto essere suo nonno, passò abbastanza presto in secondo piano. La “Questione (o Querelle) Maryām/Yōsef” (o, come la si cominciò a chiamare in Italia, “Questione di Maria e Giuseppe”) si spostò da un lato sul gossip più sfrenato (anticipando in questo una precisa tendenza della comunicazione avanzata in Rete attuale) e, dall'altro, sul mistico-soprannaturale con scivolamenti in un terreno che potremmo definire “pre-Giacobbo”; questo senza contare l'ovvia componente machista-porchereccia di parecchi utenti, equamente divisa tra “tifosi” del vecchio maiale e pseudo-moralisti sulle possibili corna fattegli dalla giovanissima moglie (“e mentre lui gliene dava di sega, lei si faceva il bell'arcangelo”, o roba del genere). Ad un certo punto, grazie soprattutto ad utenti statunitensi (come dubitarne?) la cosa prese una decisa piega religiosa: si cominciò a parlare di “mistero del concepimento”, grazie ad una presunta intervista concessa dalla ragazzina ad un non meglio precisato quotidiano del New Hampshire in cui ella avrebbe sostenuto di “essere ancora vergine”. Da qui alla nascita di una religione il passo fu brevissimo, specialmente dopo la nascita di un bel bambino in una notte di dicembre; a pensarci bene, negli Stati Uniti sono nate religioni per fatti ben più terra-terra di questo (si pensi solo alla “Chiesa di Scientology”, fondata da Ron Hubbard più o meno per non pagare le tasse...). Qui gli elementi erano senz'altro diversi: la triste e scandalosa vicenda della sposa-bambina, la presenza di un “arcangelo”, il vegliardo per alcuni pedofilo e per altri gerovitalizzato, la presupposta “gravidanza virginale”....insomma, addio tam-tam in Rete ed ecco le prime comunità di fedeli, i primi instant-books (di cui almeno quattro ebbero un successo clamoroso) e, alla fine, tutti felici e contenti. A dire il vero, il vecchio Yōsef (la cui azienda ebbe uno sviluppo enorme, tanto da consentirgli l'acquisto della squadra di calcio del Nazareth di cui era tifosissimo) si guardò bene dall'intervenire nella vicenda che gli stava apportando così tanti benefici. Accettò persino di ricevere la qualifica, abbastanza umiliante, di “padre putativo”; vale a dire, ok vecchio, c'è il caso che la sposina si sia fatta mettere incinta da un bel ragazzotto (così impari invece di guardarti i filmini smanettandoti come un ossesso), però il figlio lo hai riconosciuto, ci hai un “erede” ci hai, e da tutto quanto ne hai avuto una pubblicità favolosa. Fu così che la vicenda si acquietò, tutto è bene quel che finisce bene e, sotto sotto, qualche utente che aveva partecipato a tutti i “dibattiti” guardava con occhio parecchio interessato la quattordicenne della porta accanto (tra i quali si segnala tale Silvio B., di Milano, che in seguito ebbe a ricoprire cariche pubbliche di una certa importanza). 

Cose di ieri, certamente, riportate un po' alla luce dalla tristissima vicenda di oggi in Arabia Assordita. Sicuramente è notevole il fatto che, stavolta, la fanciulla sia riuscita a scappare e a tornare dalla sua meravigliosa famiglia, che magari presto la venderà ad uno finalmente più giovane (un bel settantottenne). Nel frattempo, la religione fondata a suo tempo dopo l'analoga vicenda di Māryam e Yōsef sembra prosperare, addirittura lo Stato Italiano già le concede l' “otto per mille” e può permettersi di dare il suo deciso appoggio a certi professori e finanzieri per il governo del paese. Il ragazzino nato da quella storia, di chiunque sia figlio, si sta facendo notare quasi come Justin Bieber; di qualche tempo fa la sua clamorosa iniziativa di cacciare a calci nel sedere certi commercianti che offrivano le loro cose nel Tempio, tra cui persino un McDonald's con annesso pupazzo del clown. E così sta diventando un eroe degli altermondialisti e degli oppositori delle multinazionali. Ma il bello, credo, dovrà ancora vedersi; a giudicare dai giganteschi gruppi Facebook che lo sostengono, con milioni di iscritti, il ragazzino ha un sicuro avvenire. Va da sé che il suo account Twitter, #gesunonancoracristo, è fra i più cliccati. Ma sarebbe ingeneroso comparare i mezzi di oggi a quelli di adesso. Al ragazzo auguro ovviamente lunga, lunghissima vita.