domenica 27 gennaio 2013

Treni di sera



Dell' "Intercity" in ritardo di mezz'ora, oramai, non tengo più neanche conto. Piglio treni superstiti, quei pochi rimasti, e bisogna accettarli con calma, così come sono, coi ritardi e con le spiegazioni quasi surreali della controllora, Eh sì, ci spiace, parla al plurale aziendale si vede, a Milano abbiamo dovuto aggiungere una carrozza di prima classe perché la prima era piena e sa com'è, il tempo per fare arrivare la carrozza, il tempo per agganciarla, ci vuol poco a fare mezz'ora, e allora bofonchio qualcosa, mi gratto il solito piede, tiro fuori il Vangelo di José Saramago e mi metto a finire di leggerlo, sono arrivato a Gesù che guarisce Lazzaro e mi chiedo come sarebbe se mi mettessi una volta o l'altra, sul blog o chissà dove, a scrivere come il portoghese, senza virgolette ché alle virgolette ci ha già pensato un pezzo di merda qualche tempo fa, senza separare i periodi, lasciando fluire, scorrere, accavallarsi tutto quanto come nelle rapide d'un torrente, penso sì che potrei farlo, del resto Saramago ha di certo il copyright sui suoi libri ma mica sul modo di scrivere, quello glielo posso cercare di prendere mezza volta così per fare, per gioco, sul serio, di soppiatto, Che ore saranno chiedo a un improvvisato compagno di viaggio che mi guarda con aria strana perché dev'essere russo, o comunque slavo, e ascolta musica con le cuffie incastrate negli orecchi, si sentono dei rimbombi, dev'essere qualche cantante pop o roba del genere, e così mi tocca tirare fuori il telefono perché l'orologio da polso l'ho sempre detestato, mai portato uno nemmeno per sbaglio, una volta che una tizia me ne regalò uno lo persi senza essermelo mai messo, Parma, Reggio Emilia, ecco, Reggio Emilia. Mezz'ora dopo è partito il treno, mezz'ora dopo arriverà, inutile anche sperare che riguadagni qualcosa, Eh no, nel frattempo è salita una coppia di mezz'età che dall'accento si capisce che scendono pure loro a Firenze, lui legge la Repubblica, lei non legge nulla e s'incuriosisce al titolo del libro, il Vangelo secondo Gesù Cristo, che titolo curioso, come se lo avesse scritto Cristo in persona, Signora, beh, un po' è così, mettiamola in questa maniera, No, non è qualcosa che consiglierei a tutti come lettura, putacaso uno arda di fede dopo un po' arderebbe anche il libro, la signora sorride, in treno si legge di tutto, si fanno le parole crociate, si osservano figure umane che è improbabile rivedere, ci si gioca, la Compagna di Viaggio, i suoi occhi il più bel paesaggio ma non ci sono compagne che ispirino a tali vette anche se ci vorrebbe poco affinché degli occhi fossero più belli del paesaggio dato che è buio pesto, non si vede una sega nulla e le poche luci sono a stazioni orrende, dico ma l'avete mai vista la stazione di Reggio Emilia, uguale a quella di Arezzo o di Benevento, lo stesso troiaio, le stesse macchinette delle merendine e delle bibite, i pannelli, le partenze, gli arrivi. Di nuovo silenzio, sembra che in questo treno tutti si siano accalcati in prima classe, la seconda è semivuota, ogni tanto passa il carrellista, anche Alfredo Bandelli ha fatto il carrellista sui treni, sapete quello che passa per i corridoi vendendo panini gommosi carissimi, caffè schifoso carissimo, biscotti multinazionali carissimi, bottigliette d'acqua minerale carissime, e intanto s'avvicina la catastrofe, Gesù Cristo arrovescia tutto il Tempio di Gerusalemme assieme a una banda di pescatori, poi scommetto che lo metteranno in croce, anche se col portoghese non si sa mai, quello è capace anche di farlo scappare all'ultimo rigo e in cuor mio, sì, ci spero, potrei quasi quasi scriverla io questa storiella ma ora come ora non mi azzardo, fra poco poi siamo a Bologna e Bologna è Fumopoli, Smokeville, Rauchstadt, il treno ferma sempre cinque minuti anche se è in ritardo e si può scendere a fumare di corsa, tenendo un piede sul predellino quasi con l'illusione di trattenere il treno se per caso riparte. A Bologna il treno si riempie, è l'ultimo che passa da Firenze e sono in una strana situazione, strana almeno per chi non è abituato a viaggiare sui trenacci italiani, insomma all'andata ho lasciato la macchina alla stazione di Rifredi, e questo treno invece a Rifredi non ferma e devo andare fino a Santa Maria Novella, bisogna che becchi subito un trenino regionale che se le fa tutte, le fermate, ferma a Firenze Rifredi Lastra a Signa Empoli San Miniato Pontedera Pisa Centrale Livorno Centrale, e se lo perdo mi tocca aspettare un'altra mezz'ora, ma pensa un po' che mi tocca fare, e insomma alla fine scendo, Arrivederci signora, Arrivederci al marito, ma quale arrivederci d'Egitto, ci si augura di rivedersi quando si sa che non accadrà mai o, se per caso succederà manco ci si riconoscerà eppure mi aveva chiesto del titolo curioso del libro, ma la curiosità svanisce presto, s'innestano pensieri assurdi, Chissà se un giorno lo compra, lo legge, le piace, non le piace, si entusiasma, si indigna, lo tiene al proprio capezzale, lo butta nella spazzatura, se ne dimentica, muore. Che fortuna, il regionale non è ancora partito, anzi mi rimane addirittura il tempo di fumarmi un altro mezzo sigaro, giusto giusto quello che m'è restato nella scatola, Ma no, meglio mettersi a sedere subito, intanto il Vangelo è terminato, anche stavolta è andata come doveva andare, Gesù Cristo è stato crocifisso, gli hanno spezzato le gambe, qualcuno gli ha porto la spugna imbevuta di posca, acqua e aceto non era affatto uno spregio come ci hanno voluto, che simpatico bisticcio, dare a bere, anzi era la bevanda più dissetante che potesse esistere, si chiamava sì Posca da un'antica radice latina che vuol dire bere, come poto, pot-sca da cui posca, però non vede il sangue che gli cola in una scodella, ma raccontare la storia della scodella sarebbe troppo lungo, leggetevi il libro e se come dicevo prima ardete di fede, vorrei dirvi qualcosa di più gentile ma non mi viene e vi dirò quindi che sono cazzi vostri. Il libro dopo, quello che comincio a leggere, è giapponese, strano perché a me il Giappone sta anche piuttosto sul culo, al diavolo quel nazista di Yukio Mishima, di Banana Yoshimoto non me n'è mai fregato un cavolo, poi vediamo chi c'è, boh, però mi hanno regalato quel libro e m'incuriosisce non poco, si chiama Io sono un gatto, lo ha scritto un gatto e dalle prime due o tre pagine sembra carino. Un posto a caso, del tutto a caso, il treno regionale non è né pieno e né vuoto, come si dice, normale, mezzo e mezzo, c'è gente, chi andrà a Empoli, chi a Pontedera, chi a Pisa, chi a Livorno, io vado a Rifredi, cinque minuti, un posto del tutto a caso accanto a un ragazzo con la barba che parla al telefono con qualcuno, Sì, il libro poi l'ho comprato, ho cominciato appena a leggerlo, se ne parla quando l'ho finito, clic, conversazione chiusa, telefono appoggiato, sbircio un secondo perché lo so che è una pessima abitudine, non si dovrebbe fare, però quando specialmente sul treno mi trovo accanto a qualcuno che legge mi piglia la curiosità di vedere, capire, magari chissà, e in due secondi lo sguardo mi casca su due parole scritte su una pagina, Galinàri de l'uspèsi, ah, capisco, mi verrebbe voglia di sorridere ma me lo tengo per me, fra tutti i viaggiatori del treno mi sono andato a casaccio a sedere accanto a uno che legge il Contadino nella Metropoli di Prospero Gallinari, glielo deve avere consigliato un amico, leggi, è morto pochi giorni fa, il funerale sotto la neve, è una storia dura, e gli occhi vorrebbero non staccarsi, vorrebbero dire qualcosa ma cosa dire in un treno di sera, quando si sta per scendere, quando si è quasi arrivati, quando bisognerà fare un sottopassaggio, una rampa di scale, la macchina, speriamo che non si sia scaricata la batteria, ci ho una fame che non ci vedo, Gesù Cristo, l'Internazionale di Fortini, la notte.