giovedì 31 gennaio 2013

I meccanismi della fatalità


Ieri notte, in provincia di Terni, c'era una ragazza che tornava a casa, in macchina, al paese suo. Come puntualmente informano i giornali, aveva trascorso la serata col fidanzato. Questo, da un lato, può corrispondere alla verità, sebbene non abbia alcuna importanza ai fini di quel che è accaduto in seguito; dall'altro, serve senz'altro a creare pathos. Diverso, a tale scopo, sarebbe stato se avesse trascorso la serata a lavorare, o a fare qualsiasi altra cosa.

Ieri notte, sempre in provincia di Terni, due tizi entrano in casa di un altro tizio e lo rapinano di euro 50 (cinquanta) e di un'automobile Ford Fiesta. L'automobile serve loro per scappare dopo quel popo' di poderosa rapina, e il tizio derubato chiama le forze dell'ordine. In ordine d'importanza, è molto probabile che le chiami più per la macchina che per i cinquanta euro; sembra che la macchina sia dotata di satellitare, e quindi facilmente intercettabile coi moderni mezzi tecnologici. Ne ammazza più la tecnologia, si potrebbe dire.

Sto scrivendo queste cose, peraltro senza stabilire nessun inutile "link" alla notizia di cronaca (che ho letto su un giornale qualsiasi, stamani), perché m'interesserebbe poter stabilire, anche in un singolo caso, i meccanismi della cosiddetta "fatalità". La "fatalità" non va mai in pensione, sin dai tempi in cui il fato veniva considerato superiore anche agli dèi e questi dovevano inchinarvisi, come gli esseri umani. Con il passaggio dagli dèi al "monodìo" mediorientale, le cose sono cambiate soltanto in apparenza; il Fato è stato sovente sostituito dalla sua "volontà" (o "decisione"), ma non per questo è stato abbandonato. Tutt'altro. E quando si ha il concorso tra il Padreterno e il Fato, una semplice ragazza che torna a casa, una data notte, nel suo paese in provincia di Terni, nulla può.

Così si arriva al luogo prescelto, una curva su una strada. Grazie al satellitare, infatti, i due tizi che hanno rapinato l'altro tizio e gli hanno preso la macchina, sono stati intercettati dai Carabinieri. I quali si sono messi ad inseguirli a folle velocità. Gli inseguimenti, nei film o telefilm, piacciono a tutti; sono, come si dice, altamente spettacolari. Poi hanno un'altra caratteristica: generalmente, non muore mai nessuno. Si hanno degli scontri incredibili, voli, salti, capriole, e tutti restano illesi. Addirittura le macchine continuano a andare anche se mezze distrutte. Quando però dal film si passa alla realtà, ritrovarsi fatalmente nel mezzo di un inseguimento tra guardie e ladri, può costare la vita. Infatti la ragazza della provincia di Terni, che se tornava al suo paese, si è fermata alla curva. Presa in pieno dalla macchina dei ladri di euro cinquanta inseguita dai carabinieri da euro mille, milleduecento al mese. Senza nessuno scampo.

Nell'urto, frontale, muore anche uno dei rapinatori. In questi casi, il riportatore di notizie, per qualsiasi gazzetta scriva, ha due compiti precipui. Del primo abbiamo già parlato, vale a dire verificare immediatamente dove e con chi la vittima innocente abbia trascorso le sue ultime ore di vita, con la speranza malcelata che ci sia di mezzo una relazione sentimentale. Il colpo più ambito è senz'altro la scoperta che la vittima stesse per sposarsi. Avrebbe dovuto eccetera. Il secondo compito è scoprire la nazionalità, o etnia, dei malviventi che hanno provveduto al disastro: in questo particolare caso tutto sembra essere andato come previsto e, direi, anche sperato. Albanesi. Uno di loro, quello che non guidava, muore pure sul colpo; parecchi fruitori della notizia avranno quindi pensato al pareggio. Uno a uno. L'innocente ragazza e il maledetto albanese ladro. L'altro, quello che guidava, rimane ferito ed è piantonato in ospedale accusato di rapina a mano armata, furto e omicidio.

Questi sarebbero dunque i meccanismi della Fatalità. Restano fuori, naturalmente, i Carabinieri. I Carabinieri non conoscono altro verbo che dovere. Passano la vita a dovere, senza mai potere. Potevano, ad esempio, evitare di mettersi a inseguire due disgraziati che avevano rubato cinquanta euro e una macchina, senza -almeno sembra- torcere un capello al derubato. Potevano lasciarli andare senza mettere a repentaglio tutta una serie di vite umane, comprese le loro stesse, per degli stupidi oggetti. La macchina, oramai individuata, l'avrebbero lasciata da qualche parte e sarebbe stata ritrovata e restituita al proprietario. A piedi sarebbero stati probabilmente arrestati entro mezz'ora. Sarebbero finiti nella solita galera. Invece ci sono stati due morti, un ferito grave, e il proprietario si ritrova oltretutto con la macchina completamente distrutta.

Nella percezione collettiva non si parla quasi mai di meccanismi, ma di colpa. A differenza dei meccanismi, la colpa ha il vantaggio di poter essere quantificata, percentualizzata. Posto ovviamente che la povera ragazza che tornava a casa non ne ha e non può averne assolutamente nessuna, essa dovrebbe essere divisa tra i ladri e le guardie. Ma è una divisione che è ben lungi dal poter essere messa in atto. La colpa è, e deve essere, esclusivamente dei maledetti ladri; i Carabinieri, infatti, stavano effettuando il loro preciso dovere di inseguire a centomila chilometri all'ora i ladri su una buia strada provinciale della provincia di Terni, a mezzanotte meno un quarto. Nessun ragionamento elementare, del tipo: Ehi, ma se la smettessimo di fare questa cosa, rischiando di ammazzarci e di ammazzare qualcun altro? Scalata di marcia, freno motore, cinquanta all'ora e i ladri se ne vadano coi loro cinquanta euro e la Fiesta. Le assicurazioni, carissime, che esisteranno a fare?

Invece hanno proseguito, fino ad arrivare alla fatale curva dove il Fato stava facendo passare la ragazza in senso contrario. Fine di tutta la storia. I meccanismi della Fatalità hanno agito al meglio delle loro possibilità. I Carabinieri sono, naturalmente, del tutto esclusi dalla colpa; non si pone neppure il problema, né sui giornali e né nella coscienza delle persone (si noti che non uso, volutamente, la parola gente). I rapinatori, essendosi messi nell'illegalità, devono beccarsela tutta quanta, e pagare per questo. Con la vita e con la galera. Inseguiti com'erano, e a velocità folle, dalla legalità costituita, dovevano semplicemente arrendersi; accostare da una parte e lasciarsi ammanettare e portare via. Sono, come si vede, meccanismi del tutto perversi, quelli della presupposta Fatalità; perversi, e soprattutto costantemente evitabili. 

Resta, in fondo a tutto questo, una ragazza di venticinque anni che non è più. Però non intendo minimamente creare (o aggiungere) pathos. E' il famoso singolo caso di cui si parlava più avanti, anche se non è certamente l'unico del genere che è accaduto; anzi, è successo che diversi scontri mortali siano avvenuti non con i ladri, ma direttamente con le guardie. E' accaduto anche che le guardie non stessero affatto inseguendo i ladri, ma semplicemente scortando qualcuno d'importante, o recandosi da qualche parte per un intervento, oppure passando col rosso a un incrocio per portare una pericolosissima delinquente (una prostituta ucraina) in centrale per degli accertamenti. Beccando in pieno uno scooter con a bordo un'altra ragazza, ancora più giovane di quella di Terni, e ammazzandola sul colpo. Sullo scooter c'era anche il fidanzato della ragazza; e così, anche in quel singolo caso, il pathos fu salvo.

Termina qui questa cosa che si è occupata dei meccanismi della Fatalità. Del resto, tanto per restare vagamente in tema, dicevano gli Antichi che muor giovane colui che agli Dèi è caro. In alcuni casi, evidentemente, gli Dèi, o Dio, o chi per loro, si mettono in azione per cinquanta euro, un'utilitaria, per il Dovere, e per tutta una serie di cose per le quali bisognerebbe, a mio parere, andare più a fondo anche in altri meccanismi, parecchio più terreni e volgari.